Lucio Fontana e lo spazialismo hanno cambiato irreversibilmente la storia dell’arte contemporanea non solo italiana: con i suoi tagli e i suoi buchi l’artista ha permesso di scardinare convenzioni e fatto avanzare l’arte in una nuova dimensione.

Fontana fondò il Movimento spaziale, anche detto Spazialismo, nel 1946 quando era ancora in Argentina. L’artista infatti nacque a Rosario in Argentina nel 1899 da una famiglia agiata. Fino al 1947 continuò a fare la spola tra l’Italia e il Paese natio. Fu così che Lucio Fontana decise di vivere in Argentina tutto il periodo del secondo conflitto mondiale, dal 1940 al 1947.

Concetto Spaziale di Lucio Fontana
Lucio Fontana. Sfere (concetto spaziale sferico). Terracotta con vetrina e terracotta con ossido, 1957. (Fonte: Par Museo internazionale delle ceramiche in Faenza — Museo internazionale delle ceramiche in Faenza, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7770066)

Fontana prima dello Spazialismo

La ricerca di Fontana risulta coerente per tutta la sua esistenza. L’artista lavorò sempre al superamento della distinzione accademica tra pittura e scultura. Fin da quando era studente di Wildt a Brera negli anni Trenta cercò di ribellarsi dalla rappresentazione dello spazio secondo le regole convenzionali della prospettiva. La tela diventò sempre più il ponte per conoscere, interpretare e modificare lo spazio. Lo spazialismo formalizzò in qualche modo tale pulsioni.

L’unica vera discontinuità segnata dallo Spazialismo fu la risoluzione del controverso rapporto tra l’artista e la figurazione: dopo il 1937, la visita all’Esposizione Universale di Parigi e l’incontro con il cubismo di Picasso, il lavoro di Fontana si fece progressivamente e definitivamente più concettuale e astratto. L’avvio dello spazialismo sancì l’avvenuta trasformazione.

I due manifesti: Manifesto Blanco e Manifesto dello Spazialismo

La matrice sudamericana dello spazialismo è evidente anche nel nome stesso del primo manifesto – Manifesto Blanco – redatto nel 1946 anche da Lucio Fontana a Buenos Aires. Tale documento può essere considerato giustamente antesignano dello stesso Movimento Spaziale dal momento che delineava l’inedita esigenza di introdurre nell’arte il concetto di tempo e spazio. Fontana, rientrato in Italia nel 1947, fondò nello stesso anno lo Spazialismo insieme a Beniamino Joppolo, Giorgio Kaisserlian, Milena Milani. Fondamentale fu il sostegno della Galleria del Cavallino di Venezia e della Galleria Apollinaire di Milano. Nel Manifesto dello Spazialismo si leggeva che: “È impossibile che l’uomo dalla tela, dal bronzo, dal gesso, dalla plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa, come fu impossibile che dalla grafite non passasse alla tela, al bronzo, al gesso, alla plastilina, senza per nulla negare la validità eterna delle immagini create attraverso grafite, bronzo, tela, gesso, plastilina”.

La rivoluzione dello Spazialismo: la tecnologia nell’arte

Concetto Spaziale, Attesa (1960) – Lucio Fontana (1899-1968) – Centro Cultural de Belem, Berardo Collection, Belem, Lisbon, Portugal
By Flikr: Pedro Ribeiro Simões (https://www.flickr.com/photos/pedrosimoes7/48916294017)

Evidente nello spazialismo è l’influenza del futurismo e soprattutto Boccioni, che il giovane Fontana conobbe di persona mentre era in Italia per studiare al liceo tra il 1910 e il 1917. A ciò si aggiunge il fatto che non bisogna dimenticare che il Movimento nasce dopo la conclusione di una devastante guerra mondiale. L’umanità stava in quegli anni cercando di razionalizzare ciò che era accaduto e reinventarsi in un mondo che non era più quello di prima e in cui, nel bene e nel male, la scienza e l’innovazione tecnologica avanzavano prepotentemente. La bomba atomica di Hiroshima aveva dimostrato la prevalenza netta della tecnologia su tutto, un evoluzione in qualche misura anticipata dallo stesso futurismo.

Fontana immaginò così un’arte in cui colore attraverso la luce potesse diventare lo strumento di questo nuovo dinamismo scientifico e tecnologico. Del resto, a partire dagli anni Trenta Fontana aveva manifestato un progressivo disinteresse verso la scultura comunemente intesa, a favore invece della sperimentazione – materica e non – sulla tela. Per Fontana tutto è spazio e perciò non ha alcun senso differenziare le categorie dell’arte: anche una banale tela, quella che poi taglierà, diventa nelle mani e pensiero dell’artista un attore, in quanto è materia nello spazio. Tale trasformazione lo aveva portato anche ad allontanarsi dall’Accademia italiana e dal Wildt che lo voleva addirittura come suo “erede” a Brera.

La luce, il buio e lo Spazialismo

Senza luce non c’è spazio. La ricerca di Fontana assorbe tale precetto e così lungo tutta la sua carriera artistica assistiamo ad un crescendo del ruolo della luce, intesa come scienza fisica: le particelle della luce portano sulla tele una manifestazione concreta e sincronica della dimensione spazio-tempo. Questa rivoluzionaria fusione globale dell’arte nell’arte prende forma evidente in “Ambiente spaziale a luce nera” del febbraio 1949. Non solo negli anni seguenti arriva il noto ciclo dei “Buchi” che l’artista sviluppa lungamente dal 1958 al 1968, perforando la tela con un punteruolo.

Concetto Spaziale di Lucio Fontana
Concetto Spaziale di Lucio Fontana (fonte: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=92352822 4,0)

Il gesto di Lucio Fontana: dai buchi ai tagli.

A portare luce nello spazio nell’arte di Fontana fu sempre più spesso il gesto, violento e drammatico, dell’artista: già negli anni Trenta l’opera Uomo nero (oggi perduta) era stata generata dall’artista che aveva gettato nel catrame una propria scultura in gesso. A partire dallo Spazialismo l’artista si muove nello spazio e registrato solo in parte il proprio movimento nella conclusiva “flagellazione” della tela. Grazie a questo gesto l’artista si estrania dalla propria soggettività, diventando parte dello spazio egli stesso. Dopo la Seconda guerra mondiale, lo Spazialismo diventa per Lucio Fontana una forma di gesto-mantra dal profondo senso filosofico, se non anche trascendente.

A differenza dell’astrattismo americano – ad esempio di Pollock – il gesto di Fontana non è però mai istintivo, quanto piuttosto frutto di uno studio ponderato e razionale dell’artista. “Conta l’idea. Basta un taglio” diceva Fontana, facendo capire come non agisse di impulso, ma studiasse l’azione e il gesto, al fine di raccontare al meglio con la luce passante e la conseguente ricerca di infinito. Non a caso i famosi tagli, che seguirono i buchi, erano spesso sottili, chirurgici, paralleli tra di loro… in poche parole pensati e organizzati nello spazio sulla tela.

Lo Spazialismo e la televisione

Questi manifesti portanti saranno seguiti da approfondimenti teorici dovuti alle recenti evoluzioni tecnologiche: Manifesto tecnico dello Spazialismo nel 1951 e il rivoluzionario Manifesto del movimento spaziale per la televisione del 1952 (ricordiamoci che la RAI nacque il 3 gennaio del 1954!). In questo manifesto si sosteneva che “Noi spaziali trasmettiamo, per la prima volta nel mondo, attraverso la televisione, le nostre nuove forme d’arte, basate sui concetti dello spazio, visto sotto un duplice aspetto: il primo quello degli spazi, una volta considerati misteriosi ed ormai noti e sondati, e quindi da noi usati come materia plastica; il secondo quello degli spazi ancora ignoti del cosmo, che vogliamo affrontare come dati di intuizione e di mistero, dati tipici dell’arte come divinazione. La televisione è per noi un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti.”

Gli eredi dello Spazialismo di Lucio Fontana

Lo spazialismo di Lucio Fontata ha segnato irreversibilmente l’arte contemporanea. Tra i maggiori “eredi” che da tale movimento hanno mosso le proprie riflessioni, pur con esiti lontanissimi, non possiamo che citare Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani. Entrambi questi artisti videro nella tela un qualcosa da sfondare e piegare, influenzati dalle nuove visioni della fisica sulla realtà oltre la “terza” dimensione. Lo spazio infinito fu alla base del lavoro di Hsiao Chin, ma anche di Giuseppe Amadio e Pino Manos. Più recentemente riflessioni sulla tela nello spazio è state portate avanti da Franco Mazzucchelli (anni 2000) – con le sue BD Bieca decorazione in aria e PVC – e da Fulvio Morella che al Maestro Fontana dedicò il ciclo Deep Oval (2019).

Sabino Maria Frassà

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