Al Teatro dell’Opera di Roma dal 22 al 31 marzo andrà in scena la Turandot di Giacomo Puccini con la regia di Ai Weiwei. Artista, designer, architetto, attivista… Ai Weiwei è tutto questo, ma è anche molto di più. Incontrato l’8 marzo nella Galleria romana ZooZone in un momento di relax, l’artista si è raccontato senza filtri. L’intervista sarà pubblicata in versione integrale nel nuovo numero di Aprile di Villegiardini. Di seguito un estratto, relativo alla regia della Turandot.
Sabino Maria Frassà: La svolta nel personaggio della Turandot è l’amore. Il messaggio di Puccini evolve proprio con questo sentimento drammatico. Il suo nome è amore è forse l’emblema dell’opera. Eppure, lo stesso Puccini alla fine della sua vita forse per questa sfiducia nell’amore faticò a terminare e non concluse l’opera. Può l’amore essere la svolta? Come interpreti l’amore nel tuo lavoro?
Ai Weiwei: L’amore è il tema che permea tutta la Turandot. Il vero capolavoro dell’opera la Turandot è a mio avviso proprio l’analisi a tutto tondo senza sconti del significato dell’amore: se la Principessa concepisce l’amore correlato al potere, al disastro, alla vendetta, all’odio e al dolore, il Principe tenta di risolvere i misteri irrisolti ed è pronto a sacrificare la sua vita per puro amore. Posso immaginare che Puccini, grande pensatore, non fosse alla ricerca e soddisfatto di un finale popolare di fronte a un dilemma così complesso: l’amore è infatti senza fine.
Prove di Turandot di Ai Weiwei. Teatro dell’Opera di Roma, 2022 © ph Fabrizio Sansoni
Amare significa dare incondizionatamente senza aspettarsi di essere ripagato. La ricerca dell’amore può essere cieca, vuota o completamente sbagliata; il rifiuto nell’amore può portare all’odio e al rancore perpetuo. Se parliamo di amore, di cosa stiamo veramente parlando? Un concetto vasto tanto da comprendere quasi tutto, ma è anche allo stesso tempo vuoto pura fantasia, disillusione, utopia, ma anche rovina, esilio, lotta, disperazione senza limiti, innumerevoli notti insonni e un tipo frenetico di coraggio. Verso la fine dell’opera, Liù ha concluso la sua vita per dimostrare il suo amore e sacrificio per qualcuno che non la ricambia – una grande tragedia. Perciò l’amore non è la svolta, è il tutto. Nelle mie opere considero l’amore come un attributo sia degli esseri umani che degli animali. È un mistero che non può essere spiegato. Ogni animale e ogni essere umano tenta di spiegarlo a modo suo, ma alla fine queste spiegazioni sono solo un tentativo e rimarranno un tentativo perpetuo.
Il regista Ai Weiwei con Sabino Maria Frassà © Sabino Maria Frassà