La Scarzuola di Tomaso Buzzi è un complesso architettonico in Umbria, situato nella frazione Montegiove nel comune di Montegabbione, provincia di Terni. Nato come convento francescano, venne fondato dallo stesso San Francesco d’Assisi nel 1218 e alla fine degli anni 50, trasformata dal famoso architetto in una città ideale nella quale esprimere attraverso l’architettura e i suoi archetipi sogni e fonti d’ispirazione.
Il convento francescano
La leggenda narra che San Francesco d’Assisi piantò un cespuglio di alloro e rose e fece sgorgare una sorgente d’acqua nel luogo dove poi venne edificata La Scarzuola. Il santo è anche protagonista dell’episodio che ha determinato l’attribuzione del luogo a La Scarzella. Il complesso infatti prende il nome da una pianta palustre, la Scarza, con cui San Francesco si costruì una capanna. Un luogo naturalmente carico, ancora oggi, delle sue origini francescane. Tra le molte, nell’abside della chiesa è conservato un affresco della prima metà del Settecento raffigurante San Francesco levitante.
La rinascita della Scarzuola
Dopo il graduale abbandono nel corso dell’800, nel 1956 il complesso conventuale fu acquistato e restaurato dall’architetto milanese Tomaso Buzzi (1900-1981). Un’idea che nacque lontano, in Messico. Nel 1956, durante un viaggio ad Acapulco, l’architetto Tomaso Buzzi visitò un piccolo convento e ne rimase fortemente colpito. Sul suo diario annotò che avrebbe voluto anche lui un “conventino così”. Così quando il marchese Paolo Misciattelli, allora proprietario del castello di Montegiove, gli segnalò la possibilità di acquistare, a pochi chilometri dal paese, un complesso del Duecento, fondato da San Francesco. Buzzi colse l’occasione e ne perfezionò l’acquisto nel 1957 e, tra il 1958 e il 1978 progettò ed eresse la sua Città Ideale. Nacque così La Scarzuola nella sua configurazione moderna.
La città teatrale
Di fianco alle architetture dell’antico convento francescano, Tomaso Buzzi creò una sua personale città teatrale, un giardino ermetico-iniziatico sul modello dell’Hypnerotomachia Poliphili, romanzo allegorico di Francesco Colonna pubblicato nel 1499 da Aldo Manuzio il Vecchio Altre ispirazioni della Scarzuola sono state la Sforzinda di Filarete e i complessi del Parco di Bomarzo e del Vittoriale di Gabrielle D’Annunzio.
La Scarzuola comprende così ben 7 teatri e culmina nell’Acropoli, un patrimonio di edifici costituito da una serie di archetipi, vuoti al loro interno e dotati di tanti volumi quanti se ne potrebbero trovare in un termitaio. Ogni teatro trae ispirazione da luoghi storici come come Villa Adriana a Tivoli, il Pantheon, il Partenone, l’Arco di Trionfo, il Colosseo, il Campanile, le Piramidi e il Tempio di Vesta. Il progetto di Tommaso Buzzi ha accostato il Sacro (il convento) al profano (i teatri). É stato così creato un rapporto esoterico tra il convento, la città santa, e i laboratori teatrali, la città laica, entrambi carichi di simboli e segreti, di rimandi e citazioni. Lo stile architettonico che meglio identifica La Scarzuola è il neomanierismo, evidente nell’uso delle scale in tutte le direzioni, nella voluta sproporzione di alcune parti, qualche doccione, l’accumulazione di edifici e monumenti, risultando in un insieme caratterizzato da una natura surreale, labirintica, evocativa, geometrica, astronomica e magica.
Un caleidoscopio di immagini architettoniche nelle quali si possono individuare molte citazioni di artisti del 900 tra i quali Salvador Dalì, Joan Miró e Maurits Cornelis Escher. Testimonanza della vena surrealista che connota queste architetture, le scale che portano al nulla e gli edifici grotteschi.
Alla scoperta della Scarzuola
1. Ingresso
Una cancellata oltre la quale si trova l’ampio sagrato della chiesetta costituisce l’ingresso alla Scarzuola. Il portico della chiesetta è tenuto a prato e cinto da un alto muro in sasso scandito dalle edicole per la Via Crucis in formelle in terracotta risalenti al 1760.
2. Chiesa
La chiesa, dedicata alla Vergine Annunziata è il risultato di diversi interventi. L’ assetto definitivo è quello di una chiesa a navata unica con cappelle, dotata di portico seicentesco scandito da quattro arcate con pilastri a sostegno della grande falda del tetto spiovente in direzione del prato.
3. Convento
Il corpo del convento de La Scarzuola comprende il chiostro con le celle dei frati e il giardino adiacente. L’ampia area antistante la chiesa fu recintata da mura come un’ariosa corte contrapposta al più ombroso chiostro stretto intorno al pozzo. Gli interventi di Buzzi hanno sostanzialmente rispettato le strutture antiche, anche se ampliò alcune aperture e modificò degli spazi. Alcuni ambienti del complesso monastico furono trasformati in sala da ballo con balconata per l’orchestra, mentre il refettorio ebbe una sistemazione a studio (ora archivio dei disegni). La ex stalla era pensata in parte come sala da musica, come provato dalla serie di libri e di spartiti accumulati sulle primitive mangiatoie, mentre un’altra zona fu mutata in sala da pranzo con il tavolo ottagonale collocato in una zona ribassata del pavimento. Particolarmente interessante è l’uso dell’arredo antico che Buzzi comprava indistintamente per epoca e genere, scomponeva e ricomponeva grazie ad abili artigiani locali da lui istruiti con l’aiuto di pochi schizzi.
4. Peschiera
Situata accanto a quello che un tempo era l’atelier di scultura di Buzzi e oggi adibito a camera per gli ospiti, l’antica peschiera dei frati venne trasformata dall’architetto Buzzi in piscina con volte in ferro che costituiscono il sostegno per le rose rampicanti.
5. Ninfeo degli antenati
Omaggio alle memorie familiari, il ninfeo all’ingresso del giardino de La Scarzuola è un piccolo specchio d’acqua collocato all’incrocio di due alti muri di pietra ricoperti di rampicanti. La fontana, con la vasca in pietra serena pentalobata, è priva di decorazioni: gli unici elementi ornamentali sono rappresentati dalle grandi sfere di pietra poste sul parapetto liscio. La vasca venne realizzata da Buzzi e modificata in seguito da Marco Solari. Al centro della fontana Buzzi, il leone di Venezia che sorregge sul dorso una clessidra ad acqua in vetro e metallo con stelle dorateche rappresentano un omaggio a Gian Lorenzo Bernini. Tra pergolato e ninfeo si trova una palissade vegetale con una nicchia di verde che ospita statua dalla testa di uccello.
6. Antro con la sacra fonte di san Francesco
A fianco del Ninfeo degli antenati si trova un piccolo antro scavato nella pietra, luogo nel quale la tradizione vuole che san Francesco d’Assisi abbia fatto scaturire una fonte sacra.
7. Tre porte
Accanto alla fonte e di fronte al Ninfeo, tre archi riproducono le porte a cui si trova davanti Polifilo, nell’Hypnerotomachia Poliphili. Simboleggiano rispettivamente la Gloria Dei, la Mater Amoris, e la Gloria Mundi. La prima conduce alla chiesa e al convento, quindi al divino, la seconda al vascello e la terza non porta a nulla. Un simbolismo che vuole sottolineare la vanità delle cose terrene.
8. Vascello di Polifilo
Il padiglione ottagonale che simula una nave, collocato nel bosco del giardino di Polifilo, è posto su uno specchio d’acqua. Si articola in piccoli ambienti che si compenetrano. Quella principale è illuminata da un impluvium. Nella copertura con tegole di cotto, sormontata da una lanterna, uno stucco in forma di cuore simboleggia i piaceri dell’amore, cui il vascello è dedicato ponendosi al servizio di Cupido rappresentato come timoniere.
9. Pegaso
La grande scultura di Pegaso realizzata con strisce di ferro e creta, sovrasta il teatro all’antica. Il cavallo alato era stato stata concepito per essere ricoperta di vegetazione e modellata secondo le forme dell’arte topiaria.
10. Teatro all’antica
Un grande teatro all’aperto a forma di emiciclo che si appoggia sul naturale pendio del colle sul quale è adagiata La Scarzuola. L’ampia scena rialzata è circondata dall’acropoli e dal teatro dell’arnia.
11. Terzo occhio
Al centro della composizione del giardino, un occhio che vigila, sugli astanti. Rappresenta lo sguardo di Buzzi-Atteone che spia dall’interno gli affanni umani. Inizialmente doveva essere adibito a studiolo dell’architetto.
12. Teatro dell’arnia
Il teatro con struttura in cemento armato e laterizi, con tamponamenti in tufo. Dal palcoscenico, due rampe di scale salgono fino a riunirsi al di sotto della grande serliana chiusa da vetrate, che caratterizza la facciata e che al tramonto rispecchia le architetture dell’acropoli de La Scarzuola.
13. Portale Ianua Coeli
Portale proveniente dal palazzo di Diocleziano a Spalato dal quale si accede all’Acropoli, il punto più alto del complesso de La Scarzuola.
14. Acropoli
Le vertiginose architetture dell’acropoli che sovrastano La Scarzuola sono la summa degli archetipi dell’architettura e formano una scenografia particolarmente suggestiva che accosta senza apparente nesso logico le seguenti architetture:
- Partenone
- Pantheon
- Tempio di Vesta
- Torre Campanaria
- Torre dei Venti
- Piramide
- Arco di Trionfo
- Colosseo
- Piramide di cristallo
15 Torre del tempo e dell’angelo custode
La costruzione in tufo e in metallo, completata nei tamponamenti esterni e nella copertura da Solari, a pianta quadrata, si situa a sud del giardino fra due alti muri. I fronti dell’edificio sono scanditi da portali sovrastati da decorazioni a forma di spirale e sono arricchiti da varie decorazioni: il monogramma di Buzzi, ali, orologi e clessidre alate, i simboli del Terzo occhio. Il paramento murario è caratterizzato da un bugnato a punta di diamante, con paraste angolari che reggono quattro obelischi sulla copertura piana del tetto. Una lanterna in tufo regge un segnavento metallico dorato a forma di angelo fiammeggiante.
16. Torre di Babele e scala musicale delle sette ottave
La scala musicale delle sette ottave collega il tempio di Apollo e l’acropoli; leggera ed esile nelle forme, è inglobata da una piramide di vetro sormontata da una grande stella in metallo.
17. Teatro del corpo umano
Il Teatro del corpo umano de La Scarzuola si colloca fra l’acropoli e il tempio di Eros. Fanno da spalliera agli spazi di scena delle piccole stanze che rappresentano l’anima, l’amore e i sensi, una serie di spazi che si compenetrano a forma di mano, di cuore, di sesso, di occhio e di orecchio, simboli dell’amore sacro e dell’amore profano.
18. Tempio di Eros
Terminato da poco da Solari secondo il progetto dell’architetto Buzzi, mostra sul fronte un gigantesco busto femminile soprannominato ‘Gigantessa’ o ‘Donnone’. Seguono altri edifici simbolici: la casa cubo, la casa-capitello in stile corinzio, il rocco di colonna alla Désert de Retz e la casa-stemma, architettura pentagonale.
19. Tempio di Apollo
Il tempio in tufo è accessibile dalla scala musicale, dopo un breve tratto porticato, oppure dal teatro acquatico.
20. Bocca della balena di Giona
La grande bocca, di cui Buzzi ha realizzato l’antro e Solari ha completa l’esterno, evoca il mito di Giona. Grandi fauci spalancate, circondate da flutti pietrosi che simulano l’acqua. Il loro attraversamento è metafora di morte e rinascita.
21. Torre della meditazione e della solitudine
Attraverso un viale scavato nel terreno, a nordest nel punto più basso del giardino, tra muri scanditi da panche in tufo, si giunge alla torre della meditazione e della solitudine. Il cilindro cavo è realizzato interamente in tufo, ritmato da una serie di aperture rettangolari, che salgono a chiocciola verso la vetta con lo stesso andamento spiraliforme del celebre pozzo di san Patrizio a Orvieto.
22. Grande teatro verde
Sotto il teatro acquatico de La Scarzuola e compreso fra la bocca della balena e la porta dell’Amor Vincit Omnia, si adagia, sul pendio della collina, la grande cavea verde. L’impostazione che Buzzi aveva previsto per questo teatro all’aperto dodici gradinate incise nel prato. La cavea nei suoi scritti appare come parte di un compasso aperto a 90 gradi che ha la sua cerniera nella suddetta torre.
23. Porta Amor Vincit Omnia
Una volta oltrepassata la torre della meditazione e risalito il pendio si giunge alla porta dell’Amore, faticoso traguardo. La scritta in metallo dorato sottolinea il significato salvifico attribuito al sentimento nel verso Amor Vincit Omnia (e completato dall’emistichio et nos cedamus amori che compare nel X canto delle Bucoliche di Virgilio), che riassume il concetto sotteso al viaggio di Polifilo: l’amore è principio assoluto e forza motrice del cosmo.
24. Tempio di Flora e Pomona
Tempio a pianta ottagonale in tufo, la cui copertura è stata fatta da Solari, sale dal manto erboso poggiando su di un basamento di tre gradini. Ciascun lato si apre con monofore o bifore affiancate da paraste tra le quali si inseriscono elementi decorativi, come le sottili colonne, prive di base e capitello, scolpite con motivi fitomorfici. Un tamburo sorregge la cupola a padiglione sulla quale è posta una composizione di gigli in metallo dorato.
25. Teatro acquatico e organo arboreo
Il teatro acquatico de La Scarzuola riflette la soprastante acropoli e il teatro dell’arnia, in una molteplicità di immagini e di scorci. La grande e bassa vasca per naumachie abbraccia il piccolo Ninfeo di Diana e Atteone e assume una caratteristica forma ‘a farfalla’. A fianco della vasca si trova l’organo arboreo, così definito perché le canne sono rappresentate da cipressi.
26. Ninfeo di Eco
Diretta citazione dell’Hypnerotomachia Poliphili, il Ninfeo di Eco è caratterizzato dal motivo della piramide sormontata da un alto cipresso.
27. Ninfeo di Diana e Atteone (o Ninfeo delle Ore)
Il Ninfeo di Diana e Atteone si trova al centro del giardino. Lo spazio ellittico è coperto da una semicalotta ed è circondato da ventiquattro pilastri con funzione portante, che simboleggiano le Ore imprigionate; ciascuno di essi è dotato di piccole mensole per accogliere le membra delle Ninfe, destinate a vegliare sulla virtù della dea.
Tommaso Buzzi
L’architetto Tomaso Buzzi (1900-1981), padre de La Scarzuola fu uomo di cultura e letteratura, che attraversò il Novecento come architetto di giardini, inventore, restauratore, oltre che curatore dell’arredamento di importanti edifici storici. È stato docente di Design dell’Arredamento al Politecnico di Milano, insieme al mito Gio Ponti. Era strettamente legato al gruppo del Novecento milanese, tra cui grandi come Muzio, Cabiati e De Finetti, e aveva una lunga e proficua collaborazione con lo stesso Ponti. Il rapporto abbraccia architettura, urbanistica, design e scrive articoli per “Domus” di Ponti, prestigiosa pubblicazione fondata nel 1928 da Ponti.
Buzzi era una star del periodo
Tra i fondatori del Club degli Urbanisti, ha partecipato con la sua Forma urbis Mediolani al rinomato concorso per il ridisegno del paesaggio urbano milanese, e ha organizzato mostre nazionali e internazionali di Arti Applicate presso la Triennale di Milano, i padiglioni Enapi, l’Esposizione Internazionale di Amsterdam, il Mostra Nazionale dello Sport, solo per citarne alcuni. Come uno dei fondatori di Labirinto, è stato anche direttore creativo della Venini di Venezia, lavorando attivamente con Paolo Venini, Pietro Chiesa, Giulio Rossi e altri protagonisti della soffiatura del vetro. L’uso delle arti applicate di Buzzi si è rivelato la base migliore per la sua fertile immaginazione creativa, poiché ha progettato mobili, ceramiche, pizzi, lampade, orologi e qualsiasi altro accessorio si possa immaginare. Fu un instancabile disegnatore ed esperto d’arte, accompagnato da un’acuta sensibilità per il mondo che lo circondava.
Nel 1956 decise di stabilirsi nel convento de La Scarzuola
Un luogo incantevole fuori dallo spazio e dal tempo che lo spoglia della sua maschera professionale, trasformandolo nello specchio della sua anima e della sua creatività. Un sogno che rappresenta l’interiorità dell’architetto, dell’altro suo ‘io’, libero da ogni imposizione di quegli ambienti ufficiali nei quali, ad un certo punto della sua vita, non si riconosceva più. Un complesso architettonico che ha rappresentato un’opportunità per raccogliere memorie a dargli forma attraverso un processo di ‘pietrificazione’.
Morì nel 1981, lasciando il suo lavoro a La Scarzuola incompiuto. “Vorrei lasciare il fascino di qualcosa di incompiuto, adiacente alle rovine. Insieme creano la quarta dimensione, quella del tempo. Mi piace dare la stessa sensazione al giardino; tempo e movimento che definiscono le statue stesse”. Tommaso Buzzi non riuscì e forse non volle completare il suo sogno e lasciò un teatro incompiuto al momento della sua morte nel 1981. Suo nipote, Marco Solari, anche lui architetto, ereditò la proprietà e portò a in parte compimento la Città Ideale, lasciando comunque il carattere di incompiuto che era insita nelle intenzioni dell’architetto Buzzi.
Informazioni per visitare La Scarzuola di Buzzi
La Scarzuola è aperta al pubblico, ma la visita deve essere prenotata. Ancora oggi Marco Solari, l’attuale proprietario, fa da guida ai proprietari durante la visita a La Scarzuola, che dura circa due ore. Il costo dell’ingresso è di 10 euro a persona.
La visita a La Scarzuola può essere prenotata a questo link: lascarzuola.it/prenotazione (in alternativa, scrivere a info@lascarzuola.com oppure telefonare al 0763/837463)
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