L’attività architettonica di Giovanni Muzio ha inciso profondamente nel tessuto urbano milanese, presentandosi, nel panorama italiano di inizio Novecento, come una corrente di rinnovamento. La Ca’ Brütta, edificio iconico di Milano, oltre ad essere la sua prima opera, è considerata il manifesto di una visione architettonica che concilia edificio e città. 

Giovanni Muzio e il dialogo tra casa e città

Dalla sede dell’Università Cattolica in Largo Gemelli al Palazzo della Triennale, sono oltre 50 le opere realizzate da Giovanni Muzio nella sola città di Milano. La Ca’ Brütta, realizzata tra il 1919 e il 1922, resta il suo progetto più significativo, perché cruciale nella definizione di tutta l’attività progettuale successiva. Al centro del dibattito pubblico, tanto da guadagnare l’appellativo di Ca’ Brütta, l’opera di Muzio aprì un nuovo capitolo nell’architettura italiana, segnando la nascita del movimento Novecentista. Fondamentale nella formazione di Muzio il periodo bellico, durante il quale mise da parte l’attività culturale per combattere nel corpo di artiglieria alpina. Al termine del conflitto, Muzio prese parte alla Conferenza per la Pace a Parigi, un’esperienza che consentì all’architetto di visitare numerose capitali europee.

Il periodo bellico e il ritorno a Milano

Di ritorno a Milano nel 1919, Giovanni Muzio portò con sé un bagaglio di novità e una visione fresca e internazionale. A ciò contribuì anche il periodo trascorso in Veneto, dove si appassionò allo studio delle opere di Palladio. Nel primo dopoguerra, dunque, Muzio riprese l’attività professionale, entrando come collaboratore nello studio dell’Ingegnere Pier Fausto Barelli e dell’Architetto Vittorino Colonnese. In quel periodo lo studio era impegnato in un nuovo progetto, già approvato dalla Commissione Edilizia, relativo alla realizzazione di un corpo abitativo nei pressi della vecchia Stazione Centrale. Le cose, tuttavia, andarono diversamente e la soluzione originaria, proposta dallo studio, non fu mai realizzata perché sostituita dall’intuizione di Muzio che incontrò i favori della proprietà.

Una visione urbana innovativa

Giovanni Muzio Ca brutta
Dettaglio della facciata divisa in fasce orizzontali con forte richiamo al classicismo © Jacqueline Poggi (CC BY-NC-ND 2.0) via Flickr

Diversamente all’originaria struttura a quattro cortili, l’architetto milanese propose una soluzione lontana dalla tradizione, presentando una visione urbana innovativa. L’idea di Muzio fu quella di dividere l’isolato in due parti autonome, attraversate da una strada privata, con affacci sulla strada e non solo su cortili interni. La proposta rappresenta al meglio lo stretto legame tra architettura e urbanistica e sintetizza il concetto, caro a Muzio, di “piccola città” e “grande casa”. Il cambiamento non fu privo di controversie, portando l’opera al centro del dibattito ancora prima dell’inizio dei lavori. Nonostante il favore della proprietà, “Quartiere Moscova”, la Commissione Edilizia si dimostrò contraria alle modifiche, rilasciando il nulla osta solo nel giugno del 1920.

L’opera di Muzio al centro del dibattito

Anche dopo l’inizio dei lavori le controversie non si placarono. Nel 1922, riprese il confronto tra la proprietà e la Commissione Edilizia che, scontenta dell’opera, richiese diverse modifiche alla facciata.  Fu proprio in questo clima di netta divisione dell’opinione pubblica che la visionaria opera di Muzio si guadagnò l’appellativo di Ca’ Brütta. Il dibattito si estese anche alle pagine di riviste come Architettura e arti decorative che videro emergere pareri contrastanti. Da un lato Paolo Mezzanotte definì l’edificio “stravagante’’, mentre l’architetto e urbanista Marcello Piacentini vide nell’opera la genesi di “un risveglio architettonico’’.

Ca’ Brütta: icona del Novecento a Milano

Giovanni Muzio Ca Brutta
Ca’ Brütta, l’opera di Giovanni Muzio prima del restauro © Arbalete, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

Situata tra via Turati, via Moscova, via Appiani e via Cavalieri, Ca’ Brütta si presenta divisa in due parti e attraversata da una strada privata, così da instaurare un dialogo tra edificio e città. La facciata è composta da fasce orizzontali: la prima dal basso è di travertino, la seconda è caratterizzata da intonaco grigio steso alla francese, la terza è in marmo bianco, rosa e nero. Contrariamente allo stile Liberty in voga in quegli anni, l’architetto inserisce numerosi riferimenti architettonici propri del classicismo, spezzati da elementi asimmetrici. Nel 2013 l’edificio è stato sottoposto a restauro conservativo a cura dello Studio Feiffer e Raimondi. Il restauro, in seguito ad interventi complessi, ha riportato alla luce le qualità dell’edificio corrotte dal tempo e dallo stratificarsi degli eventi, restituendo a Ca’ Brütta lo splendore originario.

Maria Teresa Morano

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