eliL’arte rilegge la storia: dall’archivio alla contemporaneità. L’incontro tra dimensione archivistica e contemporaneità è un punto caldo, in grado di generare contenuti performanti e formativi, ad oggi molto ricercato. La fascinazione per il tema dell’archivio raggiunge il suo apice nell’arte contemporanea, attraverso opere ispirate alla rielaborazione di una memoria storica, personale o collettiva. L’ultimo esempio di reinterpretazione critica ed esame di un ingombrante passato ha preso luogo a Firenze, dove Shifting Vision e il Medici Archive Project, si sono impegnati in un progetto di natura artistica nella rilettura del concetto di “ghetto”.
L’idea, nata alla luce degli ultimi documenti scoperti nell’Archivio Mediceo, prevede un programma multidisciplinare, che indaga, mediante l’opera di artisti contemporanei di fama internazionale come Ron Arad, Sir Isaac Julien, Vincent Namatjira, Lihi Turjeman ed Erwin Wurm, il fenomeno della ghettizzazione. Attingendo all’ampio bagaglio storico si instaura un dialogo orizzontale e interattivo tra artista, opera e pubblico, che vuole offrire una lucida riflessione su narrazioni cruciali dal passato al presente.
L’inaugurazione dell’attesissimo evento, denominato Ghetto Redux, si è tenuta presso il palazzo fiorentino del collezionista d’arte Christian Levett, che ha aperto la serata con una visita alla sua collezione privata. Tra i molti ospiti, galleristi, collezionisti e intellettuali, era presente anche Jemma Elliott-Israelson, curatrice del progetto, oggi in conversazione con noi.
Come nasce l’idea?
Il progetto nasce da una collaborazione tra Shifting Vision e il Medici Archive Project ed è stato concepito per esplorare i temi legati alla storia e al concetto del termine “ghetto”, utilizzando come punto di partenza i documenti del ghetto ebraico di Firenze, rinvenuti nello storico Archivio Mediceo.
Può parlarci dell’importanza della dimensione archivistica nella contemporaneità e del ruolo giocato dall’arte in questioni così delicate?
La dimensione archivistica riveste un’importanza significativa nella contemporaneità in quanto provvede a fornire un legame tangibile con le narrazioni storiche, in questo caso il ghetto ebraico di Firenze. L’Archivio Mediceo offre un lucido viaggio nel passato, che consente agli artisti di approfondire il ricco contesto culturale ma, soprattutto, le storie specifiche che emergono.
Un caso emblematico è quello dell’artista Jona Ostiglio, che in quanto ebreo, gli fu proibito di frequentare le stanze adibite alla pittura di soggetti animati, per cui si dedicò alla produzione di nature morte, con approccio caravaggesco. Sorprendentemente riscosse successo e alcune delle sue opere furono collezionate dai granduchi medicei.
Altre storie di relazioni interreligiose, di ebrei che condussero scambi commerciali o che viaggiarono fino in Persia, sono esempi di narrazioni riattivate dal lavoro degli artisti selezionati. L’arte svolge un ruolo cruciale nell’affrontare temi così delicati, quale medium di interpretazione, espressione e riflessione. Il processo creativo, a confronto con la documentazione storica, favorisce la comunicazione, contribuendo a una comprensione più profonda delle complesse questioni in gioco tra i Medici, Firenze e gli ebrei.
Quali sono stati i diversi approcci degli artisti selezionati?
Ciascun artista attivo nel progetto apporta un approccio unico. Ron Arad, designer e architetto, infonde una curiosità giocosa nelle registrazioni sonore e musicali dell’archivio. Sir Isaac Julien si interfaccia con grazia alle complesse narrazioni storiche mediante installazioni multischermo e fotografie. Vincent Namatjira ricorre a una ritrattistica sottilmente sovversiva per esaminare le strutture di potere sotto il dominio dei Medici.
Lihi Turjeman indaga questioni politiche attraverso tele dinamiche, concentrandosi sulla nozione di confine. Erwin Wurm sfida i concetti convenzionali di scultura, offrendo prospettive stravaganti e stimolanti sulla vita quotidiana. L’evidente diversità, concettuale e materica, è motivo di interesse intellettuale e causa di sfumature multiple nell’esplorazione del passato e delle sue reinterpretazioni.
Data la natura multidisciplinare del progetto, quale sarà la sua evoluzione?
La natura multidisciplinare del progetto prevede un’evoluzione dinamica. Oltre alla mostra iniziale, che presenta le opere d’arte commissionate e alcuni documenti dell’Archivio Mediceo, l’idea vuole crescere attraverso esplorazioni e collaborazioni continue. Shifting Vision è impegnato in più programmi a lungo termine in partecipazione con l’Archivio Mediceo, inerenti a vari temi, quali la filosofia neoplatonica, la via della seta, la materialità, la globalizzazione e il legame tra i Medici e il Brasile. Questo testimonia la profonda determinazione che ci anima nel dar vita a nuovi legami intersezionali tra archivi storici e pratiche artistiche contemporanee.
Al di là dell’interessante fatto storico, qual è il messaggio trasmesso?
Ghetto Redux va oltre la mera esplorazione storica e comunica un messaggio più ampio riguardo l’esperienza e il concetto universale del termine “ghetto”. Il progetto cerca di affrontare argomenti complessi attraverso l’arte contemporanea, promuovendo un dialogo significativo tra artisti, collezionisti, galleristi e curatori. Il messaggio non risiede solo nelle opere finali, ma anche nel processo di creazione, evidenziando l’importanza di incontri interattivi e coinvolgenti tra gli artisti e il loro pubblico. In definitiva, cerchiamo di offrire nuovi spunti di riflessione sulle narrazioni storiche e sul significato della ghettizzazione in un contesto globale. gherardoulivi.com
di Gherardo Ulivi.
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