Le sue serie illustrate sono uniche, contraddistinte da uno stile che le rende immediatamente riconoscibili. Niente affatto banali, colpiscono occhi, mente e cuore di chi guarda, anche se costui ha solo rivolto uno sguardo distratto. L’abile mano e l’estro creativo in grado di crearle sono quelli di Federico Babina, architetto e graphic designer, nato a Bologna ma adottato da Barcellona. Pochissimo si conosce di questo artista, per lui parlano le sue opere. Ma per VilleGiardini ha raccontato sogni nel cassetto, nuovi progetti e cos’è per lui il processo creativo e – anche – la sua giornata tipo in quel della Catalogna.

Perché un architetto deve essere un buon illustratore

Federico Babina, classe 1969, bolognese, ma adottato da Barcellona. Ci racconti qualcosa di più su di te? I tuoi studi e perché hai scelto questa città della Catalogna come tua seconda casa?

Sono Federico Babina (dal 1969), architetto e graphic designer (dal 1994), vivo e lavoro a Barcellona (dal 2007), ma soprattutto sono una persona curiosa (da sempre).

Alcune volte sono un architetto con la passione per l’illustrazione e altre sono un illustratore con la passione per l’architettura. Da piccolo volevo studiare architettura e diventare architetto, ma adesso che sono “grande”, mi piacerebbe tornare bambino – a volte.

Un architetto deve essere un buon illustratore. Il disegno è la prima maniera di dare forma a un’idea. Le idee si scolpiscono, si modellano e si trasformano attraverso l’illustrazione. Sono nato con le illustrazioni delle favole, sono cresciuto con i tratti dei fumetti e sono maturato con il disegno d’architettura. Ecco perché l’illustrazione fa parte del mio mondo immaginato e immaginario.

Mi sono innamorato di una donna catalana e a Barcellona mi sono fermato. L’ambiente che ci circonda e ci accompagna è una componente importante nella formazione e nella costruzione della nostra sensibilità, ma io credo nelle persone e non nei loro paesi d’origine. Ci sono persone curiose e brillanti che intraprendono percorsi affascinanti a prescindere dal luogo e dal tempo; non credo nel viaggio ‘fisico’ come esperienza formativa. Alle volte è sufficiente osservare ciò che teniamo accanto a casa nostra per scoprire i tesori più sorprendenti e inaspettati. L’importante è il contenuto e non il contenitore.

Un designer multitasking

Ti definisci designer multitasking: spiegaci meglio.

Mi piace lavorare a più cose contemporaneamente: mi permette di guardare le mie immagini con una certa distanza e questo è sicuramente un approccio più dinamico. Se mi chiudessi in un solo progetto perderei la prospettiva delle cose. Cambiare immaginario e immagini, invece, è un poco come non vedere una persona tutti i giorni: quando ci si ritrova (nuovamente con il progetto) si hanno più cose da raccontare.

Aggiungo che un riposo meditativo mi aiuta a mantenere vivo e fresco il rapporto con i miei lavori. L’importante è mantenere fantasia, creatività e immaginazione in continuo movimiento.

Serie illustrate: scrittori, cantanti, film e tanto altro, tutti a dialogare con l’architettura

Federico Babina è celebre per le sue serie illustrate: immagini in cui i mondi più disparati dialogano con l’architettura per dar vita a illustrazioni non convenzionali e uniche. Ci sono scrittori del passato, cantanti, ma anche ritratti di architetti con le loro stesse opere.

Le tue serie illustrate sono famosissime, oltre che bellissime. Come nascono e cos’è per te il processo creativo?

Non credo molto nell’ispirazione. Le idee sono lì che ci aspettano, basta saperle vedere. Più che altro, cercare l’ispirazione e le giuste idee è un lavoro quotidiano e costante. È come camminare verso un luogo senza sapere come arrivarci: alcune volte la strada si trova facilmente altre volte ci si perde durante il percorso. L’importante è voler arrivare.

Non ho neanche dei riferimenti estetici precisi. Le mie fonti spaziano dalla natura al mondo della grafica, dall’arte al mondo dell’architettura, passando per i fumetti la pubblicità e la musica. Tutto può dare spunti e stimoli interessanti.

Quello che faccio sempre invece, è cercare un elemento generatore, un punto di partenza per poter dare forma e scolpire l’idea. Delle volte l’immagine ruota come sospinta da una forza centrifuga attorno a questo elemento centrale, e altre volte prende direzioni differenti e sorprendenti.

Non esiste proprio una norma nel mio procedimento creativo: puó essere un processo lento e laborioso o immediato e intuitivo.

Vi è un comune denominatore dei miei lavori: ‘io’. Il mio approccio e la mia maniera di lavorare non cambia in base al lavoro. Trovo analogie, similitudini, affinità, e infinite relazioni tra le diverse forme espressive. Sia nel caso di un’illustrazione, di un oggetto di design o di un edificio, il mio processo creativo è similare e segue regole e traiettorie comuni.

Io cambio continuamente, evolvo, vado avanti e – a volte – faccio passi indietro, i miei progetti seguono i miei cambi e le mie fluttuazioni.

Alla ricerca dell’architettura nascosta

Osservando le serie illustrate sembra che con l’architettura e l’arte dell’illustrazione tu riesca a creare un dialogo unico con l’arte, la musica, il cinema, scrittori, personaggi noti, il mondo animale e tanto altro. Molto significativa e d’impatto è la serie Archiatric, dedicata alle malattie mentali. Architettura e illustrazione sono una chiave di lettura anche nella vita di tutti i giorni? E com’è una tua giornata tipo?

Mi piace trovare l’architettura nascosta in universi paralleli e, in questo senso, l’illustrazione mi aiuta a esplorare linguaggi alternativi. Cerco nuove forme d’illustrare l’architettura per farle parlare una lingua differente e per comunicare con un pubblico che può essere ‘straniero’ a quest’affascinante materia.

L’architettura è spesso la protagonista. Mi piace cercare (im)possibili relazioni tra architettura e altri mondi, scovarla in ‘luoghi sensibili’. I fili che uniscono e intrecciano le relazioni possono essere sottili e trasparenti o robusti e corposi. Una trama eterogenea e fantasiosa che collega l’architettura con mondi apparentemente differenti in un unicum illustrato. Mi sforzo affinché nei miei lavori ci sia il rigore dell’architettura, la libertà della pittura, il ritmo e la pausa della musica e il magico mistero del cinema. Provare a mescolare linguaggi apparentemente eterogenei ma comunicanti fra loro.

La mia giornata tipo inizia sempre con una passeggiata in spiaggia coi miei cani: Barcellona è una città che aiuta a vivere bene. Mi aiuta a pensare e mi rilassa molto. Per il resto la routine è quella di un qualsiasi altro lavoro. Sono metodico e costante e quando m’innamoro di un’idea il concetto di tempo e fatica spariscono dalla mia mente.

Progetti nel cassetto?

Tanti, i miei cassetti sono sempre pieni di cose. Mi piacerebbe costruire alcune delle case che vivono nelle mie illustrazioni. Mi piacerebbe fare una serie di cortometraggi  animati sull’architettura. Mi piacerebbe pubblicare un libro.

Vediamo se riesco a togliere dal cassetto uno di questi progetti.

Io non mi vedo nel futuro e soprattutto non mi voglio vedere. È abbastanza difficile riconoscermi nel presente e ricordarmi nel passato che preferisco lasciare che il futuro mi sorprenda.

Federico Babina e il design

Completa la frase: design è…

Design è dare una forma e una funzione alla fantasia.

Consigli per giovani designer?

Non ascoltare troppi consigli… e comunque, non perdere mai la capacità di sognare e di giocare con i propri sogni.

 

Che saggio consiglio. Un altro però, è quello di scorpire tutti i lavori di Federico Babina sul suo sito web ufficiale e seguirlo quotidianamente sul suo canale Instagram.