Filippo Juvarra, architetto e scenografo conosciuto in tutta Europa, completò la trasformazione di Torino da capitale ducale a capitale di regno, costruendo e ristrutturando sedici palazzi e otto chiese in un armonioso barocco internazionale.
Dopo un periodo di formazione artigiana in Sicilia, nel 1703 si reca a Roma dove studiò architettura con Carlo Fontana, il quale lo incaricò di disegnare le scene per il teatro del cardinale Ottoboni nel Palazzo della Cancelleria. Realizzò le scenografie per la regina di Polonia, Maria Casimira, nel suo teatro nel Palazzo Zuccari a Roma, e per l’imperatore del Sacro Romano Impero Giuseppe I per l’opera Giunio Bruto.
Le sue opere, realizzate in tarda età sono alcuni dei migliori esempi del primo stile rococò in Italia.

Filippo Juvarra giunse a Torino successivamente all’incoronazione di Vittorio Amedeo II come re di Sicilia. Diventò il primo architetto di corte nel 1713 e il primo lavoro l’ampliamento del Palazzo Reale di Messina. L’architetto a Torino, grazie al contatto con la viva tradizione architettonica locale, ha avuto modo di sviluppare il suo straordinario talento, espresso soprattutto nella capacità di fornire soluzioni ricche e varie ai grandi temi della tradizione europea, inserendoli nel vivo del dibattito tra classicismo e barocco.

Filippo Juvarra a Torino, la Basilica di Superga

Filippo Juvarra Torino
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Filippo Juvarra a Torino realizzò nel 1717 il suo capolavoro, la basilica di Superga. In questa costruzione è evidente l’eredità classica italiana nella pianta centrale, nella grande cupola e nel profondo pronao.

L’edificio rappresentava la chiesa-mausoleo reale per casa Savoia e monastero in una splendida posizione su un’alta collina fuori Torino, vicino al luogo dove si svolse la battaglia in cui Vittorio Amedeo II e il principe Eugenio riconquistarono il ducato occupato dai francesi. La chiesa è una splendida interpretazione barocca del Pantheon, con un enorme pronao corinzio a pianta quadrata antistante l’alto cilindro coperto a cupola della navata. Lateralmente sporgono due campanili, come in S.Agnese di Borromini, che è rievocato anche dalle finestre curve che si aprono intorno al tamburo. La sommità dei campanili è di stile austriaco. Juvarra si ispirò alla chiesa votiva di Vienna, la Karlskirche, eretta dall’alleato imperiale di Vittorio Amedeo, soprattutto nella combinazione di pronao con frontone, cupola e campanili.

La Galleria Grande della Reggia di Venaria Reale

Filippo Juvarra Torino
Foto di Guilhem Vellut via flickr.com

Uno dei progetti più notevoli dell’architetto Filippo Juvarra a Torino fu la costruzione dell’ala meridionale, concepita da Michelangelo Garove, della Reggia di Venaria. La galleria Grande rappresenta uno degli spazi più particolari e spettacolari di tutto il complesso. Le sue magnifiche decorazioni sono opera di Pietro Filippo Somasso, Giuseppe Bolina, Antonio Papa e Giovambattista Sanbartolomeo. Anche le dimensioni della Galleria sono notevoli: 15 metri di altezza al centro della volta, 80 metri di lunghezza e 12 di larghezza. Sotto l’occupazione francese il pavimento originale fu spostato nella Galleria Beaumont a Torino. Il pavimento attuale risale al 1995 e replica il progetto di Juvarra. Una delle particolarità della Galleria Grande sta negli splendidi effetti di luce creati da 44 alte finestre e 22 “occhielli” (aperture ovali all’interno, ma rettangolari all’esterno) sul soffitto. Le luci e le ombre che ne derivano esaltano ulteriormente le ricche decorazioni e le due elaborate esedre alle estremità, non mancando mai di suscitare stupore in tutti i visitatori.

Filippo Juvarra a Torino, la palazzina di Caccia di Stupinigi

Foto di Xavier via flickr.com

La cura dei particolari e l’eclettismo di Filippo Juvarra si mostrarono nel progetto della palazzina di caccia a Stupinigi, costruita tra il 1729 e il 1733 a qualche chilometro da Torino. La residenza di caccia di Stupinigi è un complesso aperto con bracci disposti diagonalmente che si dipartono dal nucleo centrale dell’ampio salone. L’edificio si inserisce nella natura circostante e la organizza secondo un rapporto intimo e complesso.

Presenta una pianta a X, con ali oblique che si irradiano a croce di sant’Andrea dal nucleo ellittico centrale. L’architetto Juvarra unì al progetto precedentemente pensato da Fontana nel 1689, le ali che si estendono di fronte al palazzo in modo da formare una vasta corte d’ingresso esagonale. L’attenzione alla visione scenografica degli edifici di Juvarra culminò nel salone centrale, adibito a sala da ballo, che presenta una cupola di un altezza che accoglie le gallerie a balconata per i musicisti e gli spettatori. L’interno è ricco di affreschi e stucchi e vuole ricordare un palcoscenico. L’ambiente centrale è circondato da quattro pilastri isolati con all’esterno quattro alte absidi.

Palazzo Madama e il suo scalone

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Dal 1718 al 1728, Filippo Juvarra fu impegnato nella ricostruzione di palazzo Madama per la regina madre Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, creando per lei uno dei più sontuosi scaloni d’Italia. Le opportunità di libera organizzazione spaziale offerte dagli scaloni li rese particolarmente diffusi tra gli architetti barocchi. L’imponente scalone realizzato dall’architetto, fu molto gradito dalla committenza reale e principesca, in quanto un aspetto importante del rituale sociale dell’epoca era la distanza che un padrone di casa doveva scendere per andare incontro al suo ospite.

La Scala delle Forbici, a Palazzo Reale

Filippo Juvarra Torino
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Filippo Juvarra a Torino realizzò anche la scala del palazzo reale, soprannominata la Scala delle Forbici. Pensata e costruita in occasione del matrimonio di Carlo Emanuele III con Anna Cristina di Baviera, l’architetto la progettò con lo scopo di nobilitare l’accesso all’appartamento nuziale posto al secondo piano.

La struttura ha un impianto a tenaglia impreziosita da stucchi, fiori e conchiglie bianche che amplificano la spettacolarità della scalinata.

Il nome ‘delle Forbici’ deriva da un particolare posto dall’architetto nell’imposta della volta sospesa: sono rappresentate un paio di forbici che si incrociano con due trecce poste ai lati e creano una lingua biforcuta.

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