La capriata è un elemento architettonico, tradizionalmente in legno, utilizzato fin dall’antichità. Contraddistinta da una forma a triangolo isoscele, la capriata in legno è usata come struttura portante di coperture di grandi dimensioni. Molto diffusa, soprattutto in chiese e palazzi nobiliari, la copertura lignea è diventata parte del patrimonio culturale italiano.

Etimologia e descrizione

Il termine capriata deriva da capra, ossia una struttura a forma di piramide, utilizzata già nell’antica Roma per sollevare pesi. La capriata è costituita da una travatura reticolare piana posta in verticale e da una forma triangolare, caratteristica che consente di annullare le spinte orizzontali. Usata come base di una copertura a falde spioventi, la capriata appoggia sui muri perimetrali senza trasmettere spinte agli appoggi. Sono diversi gli elementi costruttivi che compongono questa copertura, declinata in varie tipologie. Nel discorso sulle capriate, inoltre, è importante porre l’accento sulla manutenzione e sulla prevenzione, vista la fragilità intrinseca del materiale utilizzato e l’antichità della costruzione.

Storia ed evoluzione nell’uso della capriata

Capriata in legno

Illustrazione delle diverse tipologie di capriata, presenti nel trattato di architettura di Sebastiano Serlio © Deutsche Fotothek, Public domain, via Wikimedia Commons

La capriata, come elemento architettonico, è diffusa sin dall’antichità, probabilmente sviluppata dai Greci e poi impiegata anche dai Romani. Tale copertura lignea fu utilizzata nella costruzione delle prime basiliche in epoca paleocristiana, di cui non restano esempi originali. Nel corso dei secoli si assiste ad un’evoluzione dell’uso della capriata con l’introduzione di diverse tipologie. Già nel periodo romanico, le chiese iniziarono a presentare coperture miste con l’introduzione della copertura a volta. La capriata in legno, tuttavia, continuò ad essere utilizzata anche nelle epoche successive, suscitando l’interesse di architetti, ingegneri e artisti come Leonardo da Vinci, che ne studiarono la struttura e il funzionamento. Una storia antichissima che porta questa copertura fino all’edilizia industriale del Novecento, periodo in cui il legno viene affiancato da altri materiali come ferro e cemento armato.

Elementi costitutivi

La capriata è composta da due travi inclinate, i puntoni, che poggiano su un elemento orizzontale dettocatena. La catena è la base del triangolo che supporta gli sforzi di trazione, può essere composta da un unico pezzo o da due elementi connessi da un particolare incastro, il dardo di Giove. Un altro elemento centrale è il monaco, disposto in verticale al fine di dare stabilità alla struttura. Il monaco può essere staccato o attaccato alla catena, determinando due diverse tipologie di capriata. Seguono poi le saette, elementi che presentano un’inclinazione opposta a quella dei puntoni. A seconda delle esigenze e della tipologia di capriata, possono essere presenti una controcatena, che limita la lunghezza di libera inflessione dei puntoni, e una sottocatena o sottopuntone, con finalità di rinforzo. 

Tipologie di capriata

In base al numero e alla disposizione degli elementi costitutivi è possibile identificare diverse tipologie di capriata. La più semplice è costituita dalla catena, dai puntoni e, solo in alcuni casi, dal monaco ed è tipica di edifici rurali. La capriata classica, detta anche palladiana, è costituita dai puntoni, dalla catena, dal monaco e dalle saette. Questa seconda tipologia, adatta per luci tra i sette e i dodici metri, è usata per chiese e palazzi. Nel caso di luci di grandi dimensioni, quindi oltre i 12 metri, la capriata è presente in forma rafforzata con due catene sovrapposte e tre monaci. La struttura della capriata diventa, dunque, sempre più complessa e articolata in presenza di luci maggiori.

Esempi significativi

capriate in legno
L’interno della Basilica di Santa Croce a Firenze con soffitto a capriate © Miguel Hermoso Cuesta, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

La capriata è stata ampiamente utilizzata come struttura portante delle coperture di basiliche, chiese e palazzi, soprattutto nel nord Italia. Tra i primi esempi vi è la Basilica di Santa Maria Maggiore a Lomello, risalente al periodo romanico lombardo che presenta un sistema misto, con copertura a volte per le navate laterali e a capriate per la navata centrale. Altri celebri esempi di capriate in legno si ritrovano nella copertura della Basilica di Santa Croce a Firenze e in quella della Sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale, a Venezia. In quest’ultimo caso, la sala monumentale è priva di colonne di sostegno, proprio grazie alla presenza di travature e complesse capriate.

Maria Teresa Morano

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