Gli architetti Roberto Gabetti e Aimaro Isola sono stati protagonisti di un sodalizio professionale durato cinquant’anni, una collaborazione ricca di progetti di grande risonanza. Lo Studio Gabetti e Isola, con sede a Torino, ha firmato progetti di rilievo, tali da suscitare interesse e alimentare il dibattito in campo architettonico.

Lo Studio Gabetti e Isola

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Un dettaglio dell’ex Borsa Valori di Torino, tra i primi progetti degli architetti Roberto Gabetti e Aimaro Isola © diegofornero (destino2003) (CC BY-NC-ND 2.0) via Flickr

Entrambi studenti e poi docenti al Politecnico di Torino, Roberto Gabetti e Aimaro Isola iniziarono da subito un’intensa attività progettuale nello studio comune, aperto nel 1950. I loro progetti si rivelarono in controtendenza rispetto allo stile dominante, presentando una particolare sensibilità per il contesto storico e il paesaggio. Tra i primi lavori la Borsa Valori di Torino, realizzata nell’ambito della ricostruzione del secondo dopoguerra. Gli architetti Gabetti e Isola, insieme a Giorgio Raineri e Giuseppe Raineri risultarono i vincitori del concorso, indetto dalla Camera di Commercio di Torino, con il progetto “Stellage’’.  Costruito tra il 1953 e il 1956, il nuovo palazzo della Borsa Valori era un ampio edificio realizzato con soluzioni all’avanguardia. Dopo la chiusura nel 1992, la struttura è rimasta in disuso fino a quando lo Studio Isolarchitetti ne ha proposto la riqualificazione, trasformandola in un centro polifunzionale.

Il neoliberty e la Bottega d’Erasmo

Tra il 1953 e il 1957, gli architetti lavorarono alla Bottega d’Erasmo, progetto pubblicato sul periodico Casabella e oggetto di dibattitto per lo stile neoliberty. L’edificio, in pietra e laterizio, si discostava, infatti, dai canoni del modernismo, presentando caratteristiche tipiche dell’architettura di inizio Novecento. Situata nel centro storico di Torino, la Bottega d’Erasmo fu realizzata da Gabetti e Isola su commissione del libraio Angelo Barrera. L’edificio di cinque piani, più uno interrato, include una libreria antiquaria e una residenza, ai piani superiori. La facciata è caratterizzata, invece, da fasce verticali, in laterizio a vista, che inglobano le finestre. Enorme la risonanza del progetto che divise l’opinione pubblica, suscitando interesse anche a livello internazionale.

L’architettura che scompare

Numerosi i progetti e gli interventi realizzati, in tutto il Piemonte, dagli architetti Gabetti e Isola che si confrontarono spesso con il tema delle costruzioni ipogee. La più importante del genere fu, senza dubbio, l’Unità residenziale Ovest realizzata per la Olivetti negli anni Sessanta. Progettato per ospitare i dipendenti dell’azienda residenti ad Ivrea, l’edificio presenta una pianta semicircolare lunga 300 metri e completamente interrata. Concetto sviluppato in altre opere, come il Palazzo di Giustizia ad Alba e il Complesso residenziale Sant’Anna del Volterraio. Una tendenza che dimostra chiaramente la sensibilità verso l’ambiente, espressa attraverso soluzioni che integrano architettura e paesaggio, a tal punto da far scomparire la prima. Sensibilità che si rintraccia anche nel Monastero di Quart, incastonato tra le montagne valdostane, caratterizzato dalla tipica copertura di “lose” e da muri con pietre a vista.

Il Quinto Palazzo degli Uffici ENI

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Il Quinto palazzo degli Uffici ENI a San Donato, edificio in vetro caratterizzato da un tetto giardino © Marcuscalabresus, CC BY-SA 3.0 , attraverso Wikimedia Commons

Verso la fine degli anni Ottanta, lo Studio Gabetti e Isola si occupò di un altro progetto di rilievo, questa volta nell’area ovest di Milano. Per il Quinto Palazzo degli Uffici ENI a San Donato, gli architetti idearono un edificio che rispondeva ad una serie di riflessioni architettoniche, offrendo soluzioni innovative. Realizzato in vetro, il palazzo presenta una struttura ad anfiteatro composta da due corpi di altezze diverse, articolati attorno ad un lago artificiale. Anche in questo caso non manca l’attenzione alla natura, introdotta grazie alla soluzione del tetto giardino che crea una continuità con il parco circostante. Il tema del verde è, inoltre, richiamato dal colore dell’edificio, le cui facciate sono composte da un doppio involucro. Il fruttuoso sodalizio tra i due architetti torinesi si interruppe solo nel 2000, a causa della scomparsa di Roberto Gabetti. L’eredità architettonica del duo è portata avanti da Aimaro Isola nello studio Isolarchitetti.

Maria Teresa Morano

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