Matisse e il nudo. Capire il Maestro dei Fauves significa avvicinarsi e imparare a conoscere il suo rapporto con la nudità. Dalla scultura giovanile “Nu couché” (1906-1907) all’“Odalisca con le magnolie” (1924) per arrivare al Nudo Rosa e ai famosi “Nudi Blu” la storia di Henri Matisse (Francia, 1869-1954) è una storia di nudo. La sensualità di tanti suoi capolavori però non sfociò mai in alcuna forma di voyeurismo o indulgenza erotica.

Matisse, il nudo e le modelle

Il nudo – per lo più femminile – fu per Matisse il fil rouge della sua narrazione, testimone stesso della sua evoluzione personale oltre che artistica: negli anni si vede il passaggio dal corpo reale alla sua idealizzazione. E’ facile comprendere allora il perché l’artista ebbe diverse modelle lungo la sua immensa carriera.  Se i primi soggetti riprendevano parenti o amici, Matisse si avvalse poi di vere e proprie modelle come ad esempio Henriette Darricarrère o Caroline Joblau dalla quale nel 1894 ebbe una figlia, Marguerite. Molto conosciuta fu poi Monique, che fu vicina all’artista nel momento della difficoltà dopo il cancro: da infermiera divenne poi modella con la quale ebbe un rapporto particolare. Ciò nonostante, fin dall’inizio, la sua arte non si tradusse mai in riproduzioni fedeli, ma attraverso la figura femminile stilizzata l’artista riusciva a dare dare forma alle sue emozioni e a un’ansia di armonia, che non lo abbandonò mai. Nel 1908 diceva riguardo al suo lavoro “”Quello che sogno è un’arte dell’equilibrio, di purezza e serenità… qualcosa come una buona poltrona che fornisce rilassamento da stanchezza fisica.”

Matisse nudo
Henri Matisse, 1907, Blue Nude (Souvenir de Biskra), Nu bleu: Souvenir de Biskra, oil on canvas, 92.1 x 140.3 cm (36 1/4 x 55 1/4 in.), Cone collection, Baltimore Museum of Art

Matisse e il nudo nel periodo Fauves

Paul Gauguin
Manao Tupapau, 1893. By Paul Gauguin – proprofs.com, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1170993

Se il nudo è il tema apparente delle due versioni de “Il lusso” (1907-1907), il colore è in realtà il vero protagonista di moltissimi dei capolavori di Matisse. In pieno fauvismo, l’artista era infatti alla ricerca dell’essenza delle cose attraverso il colore. Interpretò così i corpi con colori forti, tratti marcati, che risentivano di impressioni esotiche, di paesaggi lontani, reminiscenze di un viaggio in Algeria (1906) e in Maroco (1912-1913). Queste opere in un modo originalissimo attualizzavano e reinterpretavano la pittura di Paul Gauguin: come non rivederci i celebri dipinti tahitiani “Manao Tupapau” del 1893 e “Nevermore” del 1897. Del resto con Gauguin queste opere condividono il gusto del ricordo e dell’evasione. Matisse stesso descrivendole disse che erano frutto di “una felice nostalgia”. L’artista non si separò fino alla morte da queste opere, nonostante le superò e se ne distaccò a livello formale negli anni venti, alla ricerca dell’essenza della figura. Le lasciò come eredità all’amico fraterno Pablo Picasso, conosciuto a Parigi nel salotto parigino della collezionista e mecenate Gertrude Stein (1874-1946).

Si può quindi dire che il fauvismo cambiò completamente l’approccio di Matisse all’arte e alla rappresentazione della realtà. Il colore e la forma prevalsero sempre più su ogni intento mimetico. Anche la prospettiva via via venne sempre più abbandonata.

La danza, il capolavoro del periodo Fauves

Paul Signac aveva descritto “Gioia di vivere” (1905-1906) come nudità “dai colori ripugnanti”, ma la matrice fauvista giunge all’apice con delle opere successive, La danza. Si tratta di due dipinti non identici realizzati da Matisse tra il 1909 e il 1910. Le opere sono oggi conservate rispettivamente al MOMA di New York e all’Ermitage a San Pietroburgo. E’ ancora Matisse e il nudo la chiave per comprendere l’opera e il pensiero dell’artista: la nudità è solo un pretesto, il punto di partenza. In entrambi i lavori un anello di corpi nudi da forma a una danza armoniosa nonostante i colori (blu, rosso e verde) molto contrastati, tipici del fauvismo. I colori piatti evidenziano l’intento coloristico, lontano da ogni forma di mimetismo: i corpi sembrano fluttuare nell’aria, soprattutto nella seconda versione. L’opera finisce così per non raccontare una danza di corpi, ma l’idea di bellezza, il ritmo e la musica che sembra scaturire dal movimento del colore.

Matisse nudo
La danza 1910 (seconda versione). By Henri Matisse – State Hermitage Museum, Saint Petersburg, Russia, PD-US, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=3523871

Matisse e il nudo … in rosa

Il corpo diventa man mano sempre più irriconoscibile, sempre più pretesto per riflettere sul colore. Non a caso negli anni il nome dei colori entra a far parte del titolo stesso. Non si tratta di una semplice modalità di catalogazione, ma di una vera intenzione. Nel celebre “Nudo rosa” (1935), un dipinto a olio su tela l’artista ritrasse una donna più grande del normale che occupa gran parte della tela. La pelle rosa, delineata da contorni curvilinei, contrasta con il rigido reticolato del pavimento blu. La nudità e il colore mettono in evidenza tale monumentalità del corpo, ritratto sempre più spesso con poco sfondo, quasi a essere dei primi piani se non addirittura dei ritratti con obiettivi macro.
La modella scelta, sua collaboratrice assunta inizialmente come dama di compagnia della moglie, è del tutto irriconoscibile nei tratti con le sue misure esagerate e sproporzionate. La disumanizzazione dei protagonisti delle opere di Matisse porta l’artista a ricercare l’essenza della realtà: siamo in fondo tutti masse nello spazio, non troppo diversi dalle antiche statue greche e romane. Questo percorso si fa sempre più evidente alla fine degli anni trenta, quando la felicità dell’artista viene segnata sempre di più dagli eventi storici e dalla sua travagliata vita personale. Nudo rosa seduto (1935) mostra questo percorso di alienazione dall’essere umano.

Matisse nudo
Nudo Rosa, 1935 Courtesy of www.HenriMatisse.org

Nudi blu

I nudi rosa vennero suparati dai famosi nudi blu, sempre più astratti ed essenziali. Interessante notare come opere così iconiche giungano in un momento triste della vita di Matisse. Dopo la separazione dalla moglie nel 1939 e un intervento per un cancro all’intestino, un non più giovane Matisse fu costretto sulla sedia a rotelle. Non solo, durante la seconda guerra mondiale nel 1944 la figlia Marguerite viene arrestata e deportata per la sua partecipazione alla resistenza contro il nazifascismo (tornerà dopo anni molto provata da quanto aveva vissuto). Divenne per lui così difficile dipingere, da dover ricercare nuove tecniche meno impattanti a livello fisico.

A partire dal 1940 iniziò così con l’aiuto di vari assistenti a esprimersi attraverso il collage: usando forbici e carta dipinta l’artista creava i “gouaches découpés”. Da questa tecnica ripresa dai giochi di infanzia, applicata a grandi fogli di carta dipinta e poi ritagliata, Matisse realizza silhouette di donne blu stilizzate, incollate sopra fogli chiari. Questa tecnica gli consentì all’artista di superare il proprio declino fisico e di continuare ad esprimersi in opere spesso anche di grandi dimensioni.  “La pittura con le forbici”, così come lui stesso la definiva, ci restituisce l’immagine di un uomo forte, che resiste alla Storia e alla sua decadenza fisica. Il rapporto tra Matisse e il nudo in questa fase è espresso nella forma più ermetica e concettuale.

Il colore è in queste opere del tutto piatto, letteralmente una figurina. L’essere umano è un’ombra plastica… minima la differenza con dei manichini e con ciò che è inanimato. Eppure queste silhouette non raccontano l’ansia di una persona giunta alla fine della sua vita, quanto la storia di un equilibrio massimo raggiunto e preservato.

Il colore blu

Matisse blu
Les Capucines (Nasturtiums with The Dance II), 1910–12, Pushkin Museum, Moscow, Russia. Fonte: By Henri Matisse – wikipaintings and Pushkin Museum, PD-US, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=40686375

Matisse non abbandonò mai del tutto il colore blu. Sin dal periodo Fauve il blu è il colore dell’anima, ma anche la base per far risaltare il rosso e il verde. Anche nei Nudi Rosa è spesso presente il colore blu nello sfondo. Quando, alla fine della sua vita, realizza i collage dei nudi blu, questo colore assume una dimensione assoluta e totalizzante.

I collage: l’ultimo successo

In meno di dieci anni Matisse dette vita a centinaia di collage, passando dal piccolo formato dei primi esemplari (oggi al Pompidou) al monumentale La Piscine realizzato nel 1952 per il suo appartamento di Nizza. Già estremamente famoso e collezionato per il periodo fauvista, i collage donarono “nuova” gloria all’anziano pittore. Matisse fu protagonista una grande mostra a Londra nel 1945 al Victoria and Albert Museum e soprattutto con il Gran Premio della Biennale di Venezia nel 1954, poco prima di morire. Gli ultimi anni fu spesso accolto dalle suore del monastero domenicano di Vence dove Monique, la modella che l’aveva seguito nella sua lunga degenza in seguito all’intervento per il cancro, nel 1944 prese i voti con il nome di suor Jaques-Marie. Qui Matisse realizzò la Chapelle du Saint-Marie du Rosaire, una cappella prospicente il convento che decorò con pannelli decorativi e vetrate.

Sabino Maria Frassà

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