Il lavoro iconico di Haegue Yang per la prima volta in un volume
Ha il sorriso lieve e lo sguardo penetrante di chi possiede un animo eccezionale, Haegue Yang, la prima volta che si presenta al pubblico milanese in occasione dell’Art Week. L’occasione era la presentazione di Anthology 2006-2018. Tightrope Walking and Its Wordless Shadow, un oggetto editoriale tanto peculiare quanto solidamente compatto.
Un’operazione di superamento del catalogo museale
Pubblicato da Skira editore e presentato dalla Fondazione Furla, il libro non è stato concepito come un semplice catalogo, ma custodisce al suo interno 4 conversazioni e 11 saggi sul lavoro dell’artista coreana, scritti tra il 2006 e il 2018. È dunque un’antologia, riccamente dettagliata e sapientemente illustrata, che raccoglie per la prima volta in un unico volume in lingua inglese – con appendice in italiano – la genesi della produzione della Yang e della mostra omonima ospitata alla Triennale di Milano fino al novembre scorso nell’ambito del programma Furla Series.
La ricerca di Haegue Yang si riflette nella sperimentazione editoriale di Furla
Il progetto espositivo dello scorso anno attraversava tutto il percorso formativo dell’artista coreana, pur non in modo filologico, e selezionava le opere più rappresentative; specularmente, il libro dona nuova luce alle fasi produttive, ne ricostruisce i nuclei fondanti e diventa la testimonianza più importante della Yang. Così, l’antologia è introdotta da una sezione iconografica dedicata alla mostra, ma è soprattutto corredata di un’importante documentazione fotografica, che ripercorre le tappe più significative a partire dal 2000.
I contributi sono invece scritti da curatori, critici e storici dell’arte internazionali, come Lars Bang Larsen, Ute Meta Bauer, Patricia Falguières o Bruna Roccasalva – direttrice artistica della Fondazione Furla – e si addentrano nei filosofici, letterari, politici e storico-artistici dell’artista.
Prende vita in questo modo, in una continua commistione di sorgenti di significato, l’intrecciarsi tra indagine sociale e vissuto personale, a onore di una memoria collettiva più strutturata: si spiegano e si dispiegano agli occhi del lettore, così, i significati delle sculture performative e delle grandi installazioni dell’artista sperimentale che ha stregato l’Europa e l’ha sfidata a camminare sulla fune e sulle ombre senza pronunciare una parola.