Si chiama “L’invenzione della felicità” è il nuovo progetto espositivo della Fondazione Ferrero di Alba  dedicato al grande fotografo Jacques Henri Lartigue (1894 – 1986), in programma da venerdì 17 febbraio a giovedì 30 marzo 2023.
La mostra, curata da Denis Curti, Marion Perceval e Charles-Antoine Revol della Donation Jacques Henri Lartigue è realizzata in collaborazione con la Casa dei Tre Oci di Venezia e con la Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi.

La più grande retrospettiva mai dedicata in Italia all’opera del geniale fotografo della Belle Époque, approda ad Alba dopo il grande successo veneziano alla Casa dei Tre Oci e al successivo tour  presso alcune tra le più prestigiose sedi espositive italiane, quali il Museo Diocesano di Milano e il WeGil di Roma. Per l’occasione è stato pensato uno speciale display apposito per gli spazi della Fondazione Ferrero: un nucleo fotografico inedito dedicato alle frequentazioni piemontesi del fotografo e di sua moglie Florette Ormea, che la Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi ha concesso in esclusiva per la mostra ad Alba.

L’opera di Jacques Henri Lartigue si caratterizza per l’approccio umanista, incentrato sul racconto della dimensione privata, sulla registrazione di quegli attimi di felicità che costituiscono la vita quotidiana. “L’invenzione della felicità” è esattamente questo: è la capacità di trattenere la felicità, cristallizzarla e guardarla ogni volta che si desidera.

Il percorso espositivo presenta 120 immagini, tra album di famiglia e scatti iconici che Jacques Henri Lartigue ha collezionato nel corso della sua esistenza, e abbraccia un arco temporale che va dagli inizi amatoriali, fino alla consacrazione artistica avvenuta nel 1963, quando il MOMA di New York gli dedicò un’importante personale, curata da John
Szarkowski.

« Federico Fellini lors du tournage de “La Città delle Donne”, Cinecittà, Rome, 1979 » Photograph by Jacques Henri Lartigue © Ministère de la Culture (France), MAP-AAJHL

La selezione include la riproduzione del film documentario “Bonjour, Monsieur Lartigue!”, realizzato dalla fotografa Elisabetta Catalano in occasione dell’omonima mostra al Grand Palais di Parigi del 1982.
Il progetto espositivo è nato con il preciso intento di raccontare per la prima volta il legame tra l’autore francese e il territorio piemontese e offrire un punto di vista più intimo e familiare sulla sua produzione. Proprio alla famiglia e all’amore per la terza moglie e musa Florette Ormea Lartigue (1921 – 2000), di origini italiane ma francese d’adozione, si deve la costruzione di questa relazione profonda con le Langhe e la nascita di un insieme di scatti ambientati a Piozzo che vengono presentati finalmente al pubblico in questo contesto.
Lartigue e Florette risiedevano tra la Costa Azzurra e l’Italia e hanno trascorso diverse estati a Piozzo, un piccolo borgo situato nella valle del fiume Tanaro, città natale della stessa Florette. Negli interminabili soggiorni vacanzieri presso la Casa del Suffragio di Piozzo, Lartigue, ormai fotografo affermato, scrive, respira la realtà di paese, si dedica alla pittura
e all’ampliamento del suo corpus lavorativo con fotogrammi cittadini e amorevoli immagini del figlio Dany.

« André Haguet, un cousin de Lartigue, Forêt de Rambouillet, 1938 »
Photograph by Jacques Henri Lartigue © Ministère de la Culture (France), MAP-AAJHL

“In seguito a interminabili ricerche sulla umanità di questo pilastro della storia fotografica
internazionale ed enfant prodige dell’obiettivo”, spiega Denis Curti, il curatore della mostra, “mi sono tornate alla mente le parole usate dal neo-direttore del dipartimento di fotografia del MOMA di New York per descrivere la potenza comunicativa intrinseca all’approccio
innovativo di Jacques Henri Lartigue. Secondo Szarkowski è molto più semplice per un fotografo anziano essere più interessante di un fotografo alle prime armi, poiché per raccontare il presente è necessario mostrare un punto di vista ogni volta più acuto,
concettualmente sostanzioso e originale, in modo da colpire realmente il nostro sguardo ormai troppo anestetizzato dalla quotidianità. È la consapevolezza di quanto il tempo sia il vero critico di una fotografia a costituire l’elemento imprescindibile nel processo di testimonianza della propria epoca. Partendo quindi dal presupposto che l’unico modo
efficace per sopperire al perpetuo scorrere del tempo risiede nella memoria e nella sua relativa conoscenza mi sono reso conto di una necessità comune a tutti gli amanti degli scatti targati Jacques Henri Lartigue: la curiosità di riuscire a oltrepassare il limite fisico imposto dallo strumento fotografico per conquistare una panoramica voyeuristica sulla
personalità dell’autore e, di conseguenza, tramandare il proprio pezzo di storia. Si tratta di un processo analogo a quello che ha portato Richard Avedon a innamorarsi perdutamente degli scatti dell’autore francese. Per il fotografo statunitense quei fotogrammi riuscivano a trasmettere l’incondizionata dedizione di un padre affettuoso e presente, evidentemente più interessato a prendersi cura della propria famiglia invece di lasciarsi schiacciare dalla pesantezza morale di una società americana schiava dello status symbol economico (i ritratti della Famiglia Avedon venivano organizzati per raccontare scene di vita inesistenti; l’idea era quella di aspettare che i vicini benestanti partissero per le vacanze così da noleggiare un fotografo per farsi immortalare, vestiti di tutto punto e accompagnati da eleganti cani di
razza, davanti a sontuose case coloniali, oppure a bordo di costosissime auto sportive). Agli occhi di Avedon gli scatti di Jacques Henri Lartigue intessevano una connessione diretta con il suo vissuto di figlio, tristemente derubato di una sincera rappresentazione iconografica familiare”.

“L’invenzione della felicità” abbraccerà il visitatore sotto un manto accogliente, quasi a creare una comfort zone interamente dedicata alla felicità che, partendo dall’universalità vernacolare di un album di famiglia, si estenda alla collettività.

Jacques Henri Lartigue

Jacques Henri Lartigue nacque il 13 giugno del 1894 a Courbevoie (nella regione dell’Île de France) da una famiglia facoltosa e il padre Henri era un uomo d’affari appassionato di fotografia. Nel 1899 la famiglia si trasferì a Parigi e nel 1902 all’età di sette anni, il padre gli regalò una macchina fotografica. La sua attività di fotografo iniziò in quel momento: iniziò a scattare e sviluppare le sue foto prima con l’aiuto del genitore e quindi da solo. Ritraeva il mondo che attorno a lui: parenti, amici e, più in generale, la quotidianità della borghesia. A partire dal 1904 iniziò a fare esperimenti fotografici, sovrimpressioni per creare foto di pseudo fantasmi. Erano in genere automobili e aeroplani, e tutto ciò che rappresentava il movimento, che sarebbero divenuti tra i soggetti preferiti da Jacques Henri Lartigue. Fu in questi anni che iniziò a delinearsi  la filosofia che poi caratterizzò tutta la sua vita: il culto della felicità, la ricerca di un idillio che non potesse essere turbato da traumi profondi, un ideale che si rispecchiava a pieno con il periodo della Belle Époque. Le sue fotografie ritraevano  serate mondane e dame eleganti a passeggio al Bois de Boulogne. Parallelamente, in piena prima guerra mondiale, Jacques Henri Lartigue decise di dedicarsi alla pittura, lavorando anche come scenografo, illustratore e fotografo di scena e iniziando a frequentare personalità di spicco del mondo dell’arte e cinema.

Nel 1954 Albert Plecy, influente personalità del mondo della fotografia in Francia, fondò l’associazione Gens d’Images, di cui Jacques Henri Lartigue divenne vicepresidente. L’anno sucessivo Lartigue espoese per la prima volta le sue fotografie alla Galerie d’Orsay, accanto ai lavori di Brassaï, Doisneau e Man Ray. Il suo nome iniziò a circolare. Si deve aspettare il 1963, quando il MoMA di New York gli dedicò la personale The
Photographs of Jacques Henri Lartigue per vedere l’affermazione di Jacques Henri Lartigue   come autore fotografico. Il portfolio della mostra fu pubblicato sul vendutissimo numero di Life dedicato all’assassinio del presidente Kennedy, e il nome e l’opera del fotografo divennero resi noti a un pubblico vastissimo. La sua fama si rafforzò quando vennero pubblicati libri sulle sue opere, i più importanti dei quali furono The Family Album, edito da Ami Guichard nel 1966, e Diary of a Century, da un’idea di Richard Avedon. Nel 1974 Jacques Henri Lartigue era all’apice della sua fama e divenne il fotografo ufficiale del presidente francese. Da allora, pur continuando a fotografare per se stesso, dedicò molto del suo tempo alle commissioni di riviste di moda e arti decorative. Morì il 12 settembre del 1986 a Nizza, all’età di novantadue anni, restando nell’immaginario della gente come il testimone privilegiato di un’età d’oro. Qualche anno prima della sua morte, nel 1979, aveva donato allo stato francese la sua collezione di fotografie, macchine fotografiche e diari. Le opere sono oggi conservate alla Médiathèque de l’architecture et du patrimoine ed è gestita dalla Donation Jacques Henri Lartigue.

Jacques Henry Lartigue
L’invenzione della felicità
a cura di Denis Curti
17 febbraio – 30 marzo 2023

Fondazione Ferrero
Strada di mezzo, 44, 12051 Alba (Cuneo) Italia

Ingresso gratuito

Orari: giovedì e venerdì 15 – 19 /
sabato, domenica e festivi 10 – 19

www.fondazioneferrero.it

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