TESTO DI MARGHERITA DALLAI /  FOTO DI MARTA FEGIZ

In Umbria, un casale circondato da un panorama infinito ha ritrovato magia e incantesimo grazie al giardino creato da Marta Fegiz, al recupero di Firouz Galdo e alle opere poetiche di Mimmo Palladino

L’ antico podere nel cuore dell’ Umbria più bella, in cima a un poggio, che si affaccia su uno struggente panorama ha avuto un destino fortunato. Il motivo? Il restauro è stato curato da professionisti, sensibili e talentuosi, a cui la committenza (un raffinato collezionista d’arte appassionato di giardini) ha dato, con sapienza, carta bianca. Il progetto architettonico è di Firouz Galdo, architetto con una formazione giovanile di scenografo (suo il progetto della galleria Gagosian a Roma); il giardino, di Marta Fegiz, nota paesaggista romana e le opere d’arte, che impreziosiscono il progetto, sono di Mimmo Paladino. “Quando la committenza mi ha detto che voleva i suoi lavori ho studiato un progetto che vi ruotasse intorno”, racconta Marta, “ho pensato subito ai Dormienti, creature di terracotta poetiche e toccanti, simbolo dell’esistenza umana. In un pomeriggio incantato, nello studio romano dell’artista, tra pennelli, odori di oli e trementina, sono nati i primi schizzi della vasca in ardesia nera pensata per accoglierli”. Un primo “Dormiente” si trova al buio, all’interno di una nicchia della casa piccola. Col passaggio alla luce tutto cambia. I cinque Dormienti, in posizione fetale, immersi in un sonno ricco di sogni e di profondità dell’inconscio, galleggiano su acque che ricordano il liquido amniotico. “È stata una bellissima collaborazione a tre. Galdo, che era anche un caro amico, ha saputo coniugare la tradizione umbra con interventi contemporanei di pulizia formale. Purtroppo è mancato quando eravamo quasi alla fine dei lavori”, continua Marta. Il giardino, strutturato architettonicamente, si apre verso l’orizzonte, i campi, le colline. Pochi gli elementi compositivi, puri e nitidi nella forma, che caratterizzano il progetto pensato per accogliere l’incanto del paesaggio e la poesia delle opere di Mimmo Paladino. “L’armonia è data dalle tensioni create dalle dissonanze, come una settima in musica. Il giardino gioca con i contrasti tra i volumi, le tessiture del verde e i colori; tra i piani orizzontali e la morbidezza dei declivi naturali, tra la sinuosità delle siepi topiarie e la geometria rigida delle quinte dei carpini e dei gelsi”, aggiunge. “E le trame regolari dei 5.500 ulivi, piantati con l’antica tecnica del girapoggio, a spirale, si confrontano con la campagna circostante”. Campi, colline e cielo circondano questo giardino che grazie alla sensibilità di chi ha partecipato alla sua realizzazione, è avvolto da un incantesimo dolce e poetico.