Erede di una delle più solide famiglie artistiche fiorentine, il giovane Duccio Conti Caponi unisce al fascino di un approccio artigianale al design a una lunga tradizione del sapere creativo. Tutta la maestosa complessità del suo lavoro in un’intervista a cuore aperto, tra memoria familiare e vocazione artistica.
- Una solida tradizione familiare che affonda le radici nell’arte della tessitura, una passione per le arti decorative e un’esperienza inglese all’insegna del design e dell’architettura d’interni: qual è la tua storia?
La tradizione artigianale e artistica della mia famiglia, il contesto culturale in cui sono cresciuto (a casa ricordo bene e con un pizzico di malinconico trasporto, i bellissimi, teatrali pranzi o le cene con poeti, pittori ed artisti del calibro di Luzi, Bigongiari, Tirinnanzi, Bo, Gatto per citarne alcuni), l’interesse per i mercati antiquari e gli oggetti di gusto di mio padre, mi hanno portato, precocemente, a sviluppare un intenso interesse per l’architettura, la pittura e le arti decorative.
Dopo le medie artistiche e gli studi liceali classici, la grandissima passione per la decorazione e l’architettura degli spazi interni mi ha portato naturalmente a iscrivermi alla facoltà di Architettura di Firenze, iniziando contemporaneamente a collaborare con la ditta di famiglia Casa Wolf Firenze, che nasce – da un’idea di mio padre Renato Conti, neurochirurgo, grande appassionato e raffinato collezionista di antiquariato di gusto ottocentesco – come negozio di antiquariato e piccola produzione artigianale propria. Adesso ne ho preso le redini e sto cercando di sviluppare il progetto come galleria di antiquariato selezionato, di gusto a cavallo tra il ‘700 e il primo ‘800, oltre agli oggetti di produzione strettamente artigianale disegnati dal mio studio di architettura di interni Duccio Conti Caponi Studio, formato dai miei preziosi collaboratori: Iacopo Iacoponi, architetto d’interni fiorentino, mio compagno di studi presso la facoltà di architettura, e Camille Solignac, anche lei architetta d’interni, laureata presso la prestigiosa Ecole Camondo. Si tratta di oggetti realizzati presso i nostri laboratori interni, con materiali classici e “vivi” come legno, pietre, marmi, stoffe antiche, reinterpretando forme e temi decorativi del passato in chiave attuale, ma non troppo!
Dopo la facoltà di architettura mi sono laureato in interior architecture presso la University of Brighton: è stata una magnifica esperienza londinese, che mi ha permesso – oltre a studiare il business dell’architettura d’interni in maniera molto professionale – di approfondire la straordinaria architettura di gusto settecentesco della campagna inglese.
Da Londra ho iniziato a collaborare con lo studio di interni milanese Eric Egan Interior design,guidato dall’amico e maestro Eric Egan, designer di interni dal gusto squisito, su grandi e complessi progetti residenziali sia a Londra che a Hong Kong e Milano, dove ho sviluppato una forte attenzione ai dettagli tecnici e decorativi così come un’attitudine e un’apertura mentale internazionale.
Le arti decorative, lo studio dell’architettura passata e dei suoi riferimenti stilistici , la pittura murale, la decorazione e l’architettura degli interni di uno spazio sono per me, prima che un lavoro, un pregno mestiere e una magnifica e positiva ossessione.
- Una nonna, Loretta, che ha fatto dell’arte del ricamo il vessillo di un’arte fiorentina da esportare con orgoglio. E una madre, Lucia, che l’ha affiancata con grazia e maestria: sembra che il tuo percorso sia stato illuminato da figure femminili forti e determinate. Quali sono i modelli da cui prendi ispirazione?
Fin da molto piccolo sono stato affascinato dal mondo e dallo splendido profumo che si respirava nella mia famiglia: ricordo bene le giornate passate in casa a copiare disegni o dipinti di mio nonno Dino Caponi, pittore della generazione del venti fiorentina e allievo di Ottone Rosai, e l’attesa ansiosa che facesse ritorno alla sera per ricevere da lui un giudizio su quelli schizzi e bozzetti infantili ma caparbi; oppure i pomeriggi passati contornato da stoffe, ricami, merletti, lavoranti silenziosamente indaffarate, sicure maestre di un’arte antica, nella bottega di mia nonna Loretta Caponi, artista raffinatissima, gigante creativo di una dolcezza profonda che mi ha insegnato, bisbigliando, la grandissima passione e il gusto per le arti decorative e la ricerca del particolare inconsueto; certamente mio padre, stimato neurochirurgo, e la sua personale ricerca della raffinatezza, nello scegliere , recuperare e conservare oggetti che fin da piccolo accendevano in me una vivida immaginazione di paesaggi ed epoche fantastiche, quando con lui andavamo per mercati in Francia, Inghilterra, Germania e dove fin da piccolissimo ho potuto sviluppare un occhio attento e curioso per gli oggetti di intrinseca qualità.
Poi mia madre, Lucia Caponi, vera testimone, caposaldo e continuatrice dell’arte e del sapere di mia nonna, che con passione e grande forza è riuscita a traghettare l’azienda Loretta Caponi nel nuovo millennio, apportando novità, freschezza, gusto nel disegno delle collezioni con la sua straordinaria, tenace creatività; a mia madre devo molto, ma soprattutto, le devo l’insegnamento di un modo di vivere ed affrontare la vita dove i valori, il rispetto, la comprensione sono il piedistallo su cui poggia sia la mia esperienza sia lavorativa che personale.
Al di fuori del mio nucleo familiare sono moltissime le figure e le epoche a cui mi ispiro: la classicità greca e romana; dal ‘400-‘500 fiorentino al ‘600 romano; il periodo straordinario del Grand tour; il magnifico ‘700; il primo ‘800 e la stagione Imperiale Napoleonica; Michelangelo Buonarroti, Giulio Romano, Juvarra, Guarini, Vanvitelli, Boulle, Ledoux, Schinkel solo per citare alcuni grandissimi architetti; i grandi ebanisti dei Re Francesi, gli ebanisti a Napoli nel ‘700; il vedutismo e il capriccio architettonico tra fine ‘600 e ‘700, genere pittorico che adoro; David, Ingres. Per quanto riguarda architetti d’interni contemporanei, amo molto la filosofia e i fantastici risultati qualitativi ottenuti dal maestro Renzo Mongiardino, dove la cura artigianale e scenografica del dettaglio, la qualità e la complessità dei processi produttivi artigianali e l’attenzione al contesto (e alla sua salvaguardia) architettonico aveva raggiunto vette altissime in un periodo dove l’arido modernismo la faceva da padrone; Jacques Garcia, straordinario ensemblier di oggetti e scene d’interni d’altri tempi, che con risultati decisamente positivi sta cercando di riportare una dimensione palazziale all’interno di spazi, al giorno d’oggi, certamente ridotti; ma soprattutto sono le continue lezioni che i maestri del passato ci hanno lasciato, riferimenti , dettagli, costruzioni, tessuti, tendaggi meravigliosi, lavorazioni, materiali che esercitano su di me un fascino assoluto, stuzzicando la mia vena creativa e reinterpretativa.
- Cos’è, per te, il design? E qual è il tuo personale modo di interpretarlo?
Più che design io intendo il mio lavoro in termini di architettura, architettura d’interni e architettura del mobile/oggetto/manufatto, questo perché sia nel pensare, disegnare e poi realizzare mobili o oggetti decorativi, cosi come architetture di interni, ho un approccio decisamente artigianale e non industriale nei metodi e nei processi produttivi, avvalendomi del sapere antico, di bottega, di mastri artigiani del legno, ebanisti, vetrai, marmisti, pittori, decoratori che da anni collaborano con me e dai quali ho imparato ed imparo moltissimo.
Dunque sia nella qualità del manufatto o dell’architettura che nel tempo di produzione e nel controllo diretto del processo produttivo delle stesse risiede ciò che differenzia il mio studio e il mio metodo da altri: trovo possa essere un grande valore aggiunto poter presentare ai clienti modelli in gesso, legno, ottone, usciti direttamente dai nostri laboratori interni allo studio, di parti, componenti o dettagli decorativi che andranno poi a formare lo schema architettonico, decorativo o d’arredo di un’ambiente; ciò non toglie però che nella produzione di tavole architettoniche per un determinato progetto con tempistiche di consegna più strette o per realizzare visualizzazioni grafiche per i clienti ci si avvalga della più recente tecnologia contemporanea, solo dopo, però, aver lavorato manualmente sui fogli di carta , con schizzi, dettagli, acquerelli, pastelli… un passaggio di capitale importanza per fare “conoscenza” con ciò che si andrà a progettare e con il “dove” si opererà, troppo spesso trascurato dai progettisti contemporanei che si avvalgono solo del pc e di fredde visualizzazioni grafiche che snaturano il rapporto fondamentale dell’uomo nei confronti dello spazio in cui agisce.
- Compenetrazioni, Distopia, Moonspell: ci racconti il progetto Duccio Conti Caponi Interiors e il tuo modo di intendere l’illuminazione di interni?
L’illuminazione, in uno spazio interno, è di primaria valenza; per me è essenziale che la luce generi una morbida plasticità riflettendosi sulle forme presenti in uno spazio, dunque grande importanza deve essere data alla posizione e alla altezza delle finestre, per esempio, ma soprattutto, nel collocare luci artificiali cerco una temperatura luce calda, e vari “settings”, cioè la possibilità di avere scenari luminosi differenti in diversi momenti della giornata, una luce armonica che crei ed esalti vari punti di interesse in un’ambiente. Le collezioni di lampade o mobili Duccio Conti Caponi sono una piccola parte del lavoro di reinterpretazione di forme più complesso dello studio di interni; sono lampade da tavolo, appliques, plafoniere , lampade da terra progettate e poi realizzate con grande attenzione alla qualità del materiale tradizionale usato (legno in varie essenze, marmi, vetro, ottoni, ferro, bronzi…), alla forma legata alla propria funzione e alla possibile customizzazione artigianale.
Sono molto felice di aver disegnato recentemente una collezione (la serie Compenetrazioni) di lampade per Luisa Via Roma dal gusto primo novecentesco con spunti dettati dalle avanguardie architettoniche russe e dal purismo pittorico; anche qui resta un approccio architettonico nel pensare forme legate ad un prodotto, sia esso un tavolo o una lampada. Si veda, per esempio, la lampada da tavolo Distopia, che nel suo apparire un modellino di grattacielo, in due essenze di legno differenti vuol esser una mia personale critica allo sviluppo verticale della città contemporanea.
Un’altra recente collezione è Taormina, lampade da tavolo e appliques, dal gusto antico ma ben attualizzato, formate da cubi in alabastro rivestiti da un telaio in ottone a “greca”, il cui disegno abbiamo trovato io e mio padre passeggiando, in un assolato giorno d’Agosto dell’anno scorso, per alcune viuzze nella bellissima Taormina, appunto.
- Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho di recente ristrutturato e ampliato, creando due zone ex novo, gli spazi dell’atelier Loretta Caponi, un progetto realizzato su mio disegno da artigiani fiorentini, che ringrazio e saluto affettuosamente. Ho quattro progetti residenziali in corso in Italia e uno all’estero, oltre a varie commesse in termini di mobilia e oggetti; ma soprattutto, a fine aprile, ristrutturerò gli ampi spazi di Casa Wolf in San Frediano, dove, dopo il recente acquisto di un altro fondo comunicante di 110mq, andrò a modificare gli spazi di esposizione attuali, ampliando le vetrine, modificando alcuni dettagli architettonici interni ed impostando Casa Wolf più come galleria di antiquariato selezionato che come negozio, dando quindi ancora più importanza alla selezione, alla storia e alla qualità degli oggetti presentati e alla possibilità di Casa Wolf Galleria di sfruttare gli spazi per vernissage o mostre legate a saperi artigiani o artisti nell’ambito del restauro o delle arti decorative.
Andrò poi a creare gli ambienti di Duccio Conti Caponi Studio, Duccio Conti Caponi Laboratorio, che consisterà nell’ampliamento dei laboratori attuali di Casa Wolf inserendo, oltre alla lavorazione dell’ottone, anche restauro di mobili, decorazione e lavorazione del ferro, con la volontà futura di creare una scuola di restauro ed ebanisteria, Infine Duccio Conti Caponi Bottega, un magazzino interno di oggetti restaurati o da restaurare dove poter ricevere clienti e mostrare loro nuovi acquisti.
Un concetto di studio-bottega antico che trovo però di importante attualità nel cercare di riscoprire meraviglie di tecnica passate che ancor oggi possono dirci molto nel contesto sociale o privato e intimo di uno spazio interno.