Gli eremiti, i luoghi, le storie, la vita. Una mostra a Milano e una pubblicazione raccontano le scelte di chi ha seguito… LA VIA DELL’ESYCHIA, dal 26 al 30 giugno, Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano. La via dell’Esychia è un viaggio che racconta una dozzina di queste storie attraverso la fotografia. L’esposizione nasce da un’idea della fotografa Eliana Gagliardoni e porta, al centro del capoluogo lombardo, la solitudine e il silenzio come occasioni per (ri)trovare il benessere, per suscitare una riflessione sul modo di vivere oggi, in città, come altrove. Il progetto è della Cooperativa IN DIALOGO – Cultura e Comunicazione.

Dal 26 giugno al 30 giugno sarà esposta a Milano, nell’atrio dell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano, in via Festa del Perdono, la mostra “La via dell’Esychia”, una raccolta di scatti realizzati da Eliana Gagliardoni che racconta la vita di chi ha scelto la solitudine e il silenzio. La mostra è stata inaugurata questa mattina alle 11 alla presenza dell’Autrice, con interventi della prof.ssa Marina Benedetti (Docente di Storia del Cristianesimo dell’Università degli Studi di Milano), di Gianni Borsa (Presidente Azione Cattolica Ambrosiana), di Paolo Danuvola (Cooperativa IN DIALOGO – Cultura e Comunicazione) e con la partecipazione di alcuni degli eremiti protagonisti della mostra.

Il senso della mostra è quello di far conoscere una realtà di nicchia ma carica di messaggi per l’attualità, e allo stesso tempo proporre qualche interrogativo e provocazione rispetto al ritmo della città, a partire da quella milanese e ambrosiana, che per antonomasia è realtà di vita accelerata immersa fra i rumori. La scelta della location non è casuale: l’Università frequentata da tanti giovani nel centro del capoluogo lombardo. Dimentichiamo però l’immagine stereotipata dell’eremita. Oggi queste persone rappresentano un punto di riferimento per i tanti visitatori che li raggiungono nei loro eremi. Qui nascono relazioni e scaturiscono momenti di confronto e crescita, occasioni di dialogo e di meditazione: un tesoro per chi torna a casa dopo aver fatto questa esperienza e aver conosciuto queste persone che hanno scelto l’esichia, che in greco significa “immobilità, riposo, quiete, silenzio”, “mantenere la calma”. “Dopo il primo incontro avuto con Don Raffaele Busnelli dell’Eremo della Breccia ho realizzato che tutti coloro che avrei successivamente conosciuto sarebbero stati individui ben lontani dall’ordinarietà, uomini e donne veri, autentici, cristallini; con uno spazio interiore accogliente ancor più vasto e sorprendente di quei bellissimi panorami ammirabili dai loro eremi,” ha raccontato l’autrice Eliana Gagliardoni.

L’iniziativa ha avuto il patrocinio e il sostegno di Fondazione Cariplo, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Con il Sud, Azione Cattolica di Milano. Si tratta di un progetto realizzato grazie alla Cooperativa IN DIALOGO – Cultura e Comunicazione, che ha coordinato le attività, che oltre alla mostra prevedono anche una pubblicazione e una repository sul sito internet dedicato. Alla pubblicazione ha contribuito anche Arnoldo Mosca Mondadori, scrittore e presidente della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti. “In una città sempre di corsa, dove la dimensione religiosa diventa minoritaria, proporre un incontro con l’eremita può sembrare una provocazione” commenta Paolo Danuvola (Cooperativa IN DIALOGO – Cultura e Comunicazione): “E in parte lo è, perché vorrebbe risvegliare la ricerca di spiritualità che talvolta si affaccia nel cuore e nella mente di molti e proporre una riflessione sul senso della vita. Riflessione tanto più richiesta in un cambio d’epoca, fra ambiente da tutelare e intelligenza artificiale da governare. Una provocazione dove anche il silenzio ha un suono, che ti costringe a indagare nel profondo.”

La via dell’Esychia

La mostra

La mostra si compone di 36 immagini che ritraggono 12 eremiti in un simbolico viaggio itinerante in Italia:

  • Don Raffaele Busnelli Eremo della Breccia – Val Varrone – Alpe Gallino (LC)
  • Suor Mirella Muià Eremo dell’Unità – Santa Maria in Monserrato (RC)
  • Don Cristian Leonardelli Eremo della Valle Benedetta (LI)
  • Don Fulvio Calloni Eremo di Capraia – Sillico di Garfagnana (LU)
  • Viviana Maria Rispoli Eremo di Savigno (BO)
  • Fratel Benedetto Eremo di Santa Maria ad Martires – Calomini (LU)
  • Suor Concetta Giordano Eremo di San Martino in Vignale (LU)
  • Suor Federica Cornacchia Eremo di Varano – Fabriano (AN)
  • Suor Maria Laura Guariento Eremo Myriam – Niardo (BS)
  • Frédéric Vermorel Eremo di Sant’Ilarione – Cauolonia (RC)
  • Antonella Lumini Eremita di città (FI)
  • Suor Paola Biacino Eremo Pra’d Mill – Bagnolo (CN)

La mostra si propone di rispondere ad alcuni interrogativi: qual è il motivo che spinge alla scelta dell’eremo? Perché persone che conducono vite ordinarie, talvolta in carriera, scelgono di guardare il mondo da una prospettiva insolita? Nella nostra società il silenzio resta un’utopia per pochi o può diventare uno spazio personale del quotidiano per molti? In un tempo di apparenze e di interferenze costanti, come riscoprire il valore di quella interiorità spesso invocata? Nella secolarizzazione con crisi delle religioni c’è ancora spazio per la spiritualità? Oltre che parlarne, quanto risulta utile conoscere e vedere esperienze? Cosa può dire l’esperienza di eremo all’individuo ancora oggi, in un momento in cui dal web ci si sta dirigendo verso l’intelligenza artificiale? La mostra sarà visitabile dal 26 al 30 giugno dalle ore 8.30 alle ore 19.30.

L’autrice

Eliana Gagliardoni nasce a Milano nel 1964. Conclusi gli studi, a 19 anni si trasferisce a Londra. Rientrata in Italia, fonda un’agenzia che fornisce video troupe per riprese in esterno, collaborando con diverse e importanti emittenti televisive. Sarà un’importante e formativa esperienza nel volontariato con i malati di Alzheimer a ispirarle, nel 2015, il desiderio di dedicarsi a un primo progetto fotografico sul volontariato che chiamerà ‘Cuori in Volo’, che darà vita a una mostra itinerante patrocinata dal Comune di Milano. Grazie a questo progetto fotografico, nel 2017 verrà premiata a Palazzo Marino dall’Associazione FIDAPA con una targa Award al merito. Nel 2019 si dedica a un nuovo progetto dal titolo ‘Un mondo dentro’, un inedito racconto, svelato attraverso le immagini, di un insospettabile parallelismo tra clausura e carcere femminile. La mostra verrà esposta nella sala dell’antico Oratorio della Passione, adiacente alla Basilica di Sant’Ambrogio, dove riscuoterà un notevole interesse da parte di un vasto pubblico.

La via dell’Esychia

Note su ORIGINE E SVILUPPO DELL’EREMITISMO

*Nei primi secoli del cristianesimo la testimonianza più eroica della fede cristiana, professata anche davanti alla morte, è costituita dai martiri (il vocabolo è un prestito dal greco, recuperato dal latino ecclesiastico) il cui significato è testimone. In seguito, a partire dalla fine del III secolo, si afferma un nuovo modo di offrire tutta la vita a Cristo attraverso l’esperienza dell’eremitismo, un fenomeno che non ha un’unica forma, ma si svilupperà in modalità diversificate nel tempo e nello spazio.

*Abitualmente si fa risalire l’eremitismo all’epoca dei Padri del deserto e la tradizione, a partire da san Girolamo (347-420), attribuisce a Paolo di Tebe (230-335) il titolo di primo eremita. Si ritiene che la successiva evoluzione si sviluppò in Egitto fra il III e IV secolo, anche se recenti studi affermano che l’esperienza eremitica apparve contemporaneamente un po’ dovunque e solo in seguito la tradizione egiziana avrebbe esercitato un influsso preponderante. Viene perciò ricordato soprattutto sant’Antonio abate (251-356), la cui vita ci è stata trasmessa dalla Vita Antonii, scritta nel 357 dal vescovo di Alessandria d’Egitto, Atanasio. All’origine della vocazione di Antonio vi è il desiderio di seguire l’esortazione evangelica: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri” (Mt 19,21). Antonio seguì questa indicazione e, per iniziare una vita solitaria, si inoltrò nel deserto, in cui altri anacoreti (dal greco “retrocedo, mi ritiro”) si erano recati alla ricerca della stessa perfezione.

*Sempre in Egitto nacque un’esperienza abbastanza simile ad opera di Pacomio (292-348), il cui percorso segna il passaggio da una vita totalmente eremitica ad una vita che cerca di coniugare l’esigenza eremitica a quella cenobitica. Convertitosi al cristianesimo, andò alla ricerca di un eremita [Palemone] che lo aiutasse a vivere una vita solitaria. Divenne suo seguace, visse e studiò con lui per sette anni, incontrò poi Antonio abate, con cui visse fino a quando decise di costruire una dimora per gli eremiti.

*Nel V-VI secolo, in Italia, il “padre dei monaci d’Occidente”, Benedetto da Norcia, visse da eremita alcuni anni della propria giovinezza, ritirandosi in una grotta lungo il fiume Aniene [Sacro Speco] nei pressi di Subiaco. Successivamente, fu spinto a dar vita a una comunità cenobitica a causa delle continue richieste che gli venivano rivolte da monaci che non erano in grado di organizzare una vita comunitaria ordinata e valida. Benedetto diede ai fratelli la nota Regola.

*Nel medioevo la fuga mundi, cioè l’allontanarsi dal mondo, non fu un fenomeno diffuso. L’eremita medievale era abitualmente un monaco, desideroso di uno spazio maggiore di silenzio, che si allontanava di poco e saltuariamente dagli spazi comunitari.

*A partire dal XV secolo avvenne una secolarizzazione dell’ideale eremitico. In qualche modo si cercava di far coesistere la tradizione eremitica con il nuovo ideale umanistico di ritiro intellettuale. Erano eremiti urbani che privilegiavano, per coltivare la propria solitudine, lo spazio raccolto delle biblioteche e degli scriptoria. Il fenomeno ebbe però una vita breve, perché il Concilio di Trento prese atto dei sospetti insorti nei confronti della vita eremitica e ne dispose la fine.

*Più vicini a noi, grazie anche all’influsso delle scelte operate da Charles de Foucauld (1858-1916) e da Thomas Merton (1915-1968) si è assistito a una graduale ripresa dell’ideale eremitico. Interessante e coraggiosa l’esperienza di Catherine de Hueck-Doherty (1896-1985) che propose, anche a chi vive nel mondo, l’idea di momenti di solitudine, preghiera e digiuno, una sorta di deserto, che nella lingua russa prende il nome di pustinia. unimi.it