Il bacio di Hayez è l’opera manifesto dell’arte romantica italiana. Di medio formato (112×88  cm), fu dipinto nel 1859 ed è oggi considerato il quadro più famoso di Francesco Hayez (1791-1882). Il bacio è oggi conservato alla Pinacoteca di Brera. Come tante altre opere, la tela è figlia del suo tempo e per capirne appieno il significato si deve quindi necessariamente inquadrarla nel tempo e nel paese in cui è stata realizzata, ma si deve anche conoscere l’artista che l’ha dipinta.

Chi era Francesco Hayez

Francesco Hayez, il pittore de Il bacio, nacque a Venezia il e morì a Milano il 12 febbraio 1882. A Milano l’artista fu poi intimamente legato per tutta la sua vita.

L’autore nacque da una famiglia che per le difficoltà economiche in cui viveva lo affidò a una zia materna sposata con Francesco Binasco, antiquario e collezionista d’arte. Quest’ultimo, capendo subito il talento del nipote, lo mandò a studiare da Francesco Fedeli, detto Il  Maggiotto (Venezia, 1738-1805). Sempre a Venezia Hayez frequentò la Nuova Accademia di Belle Arti di Venezia. Hayez però non seguì la carriera da restauratore ma andò a bottega dal pittore Francesco Magiotto e poi frequentò tra il 1803 e il 1806 i corsi di pittura della Nuova Accademia di Belle Arti di Venezia.

Si trasferì presto a Roma dove conobbe il celebre scultore Antonio Canova (1757-1822) che tanta importanza ebbe per la sua formazione artistica. A Roma venne presto apprezzato tanto che appena ventiduenne vinse con l’opera “Atleta Trionfante” il Premio “Mecenate Anonimo”. A Roma si sposò con Vincenza Scaccia dopo avere avuto molte relazioni anche con donne sposate. Le cronache ci raccontano di un medico che tentò di ucciderlo per avere avuto una relazione con sua moglie tanto che il Canova lo mandò per un po’ di tempo a Firenze o anche si dice che corteggiasse perfino una donna amata dallo stesso Canova, Minette d’Armendariz. Ebbe per tutta la vita numerose amanti anche se probabilmente amò veramente solo la milanese Carolina Zucchi che gli fece spesso da modella.

Tornò quindi definitivamente a Milano dove divenne l’esponente di spicco della pittura di carattere storico e dove fu legato ai movimenti del Risorgimento e dove fu sempre molto apprezzato tanto che nel 1850 divenne docente di Pittura all’Accademia di Brera e dieci anni ne divenne Presidente.

Contesto storico di Hayez e dell’opera Il bacio

Parliamo della seconda metà dell’800. L’Italia non era ancora che una “espressione geografica”, come l’aveva definita il diplomatico austriaco Metternich, ma non era certamente un paese senza aspirazioni di libertà anzi, a partire da associazioni segrete come la Carboneria o la Giovane Italia, era un paese in un deciso cammino verso il proprio Risorgimento. Chiaramente non fu un percorso velocissimo e indolore, ma certamente fu inarrestabile. Dai moti del 1948 che sfociarono nella prima infruttuosa guerra di indipendenza agli accordi di Plombieres, l’alleanza franco-piemontese tra Napoleone III e Camillo Benso di Cavour che, in cambio di ella Savoia e di Nizza, garantiva l’appoggio francese contro gli austriaci, e portarono alla seconda guerra di indipendenza, alla spedizione dei Mille, alla liberazione di Milano dagli austriaci nel 1859 si arriverà finalmente nel 1861 alla proclamazione del regno d’Italia.

Il romanticismo in Italia, Hayez e Il Bacio

Il bacio di Hayez è simbolo del Romanticismo italiano. Ma cosa si intende con Romanticismo Italiano? Si indica genericamente il pensiero e le opere di una serie di autori – non solo pittori, ma anche muscisti, poeti e scrittori – attivi in Italia nel periodo che va dal Congresso di Vienna alla piena Unità d’Italia. Questo movimento nasce in piena continuità – ovvero leggermente dopo, il Romanticismo europeo da cui deriva. Il romanticismo italiano nasce quindi con una forte ottica patriottica e politica, lontana perciò dall’origine “anti” illuminista del romanticismo europeo. I sentimenti d’amore sono perciò rivolti dagli artisti italiani a una donna ideale, sempre simbolo della patria, la nascente Italia, o meglio Regno di Italia.
Hayez si inserì in tale contesto, di cui fu massimo esponente, più che precursore.

Francesco Hayez “Capo della scuola di pittura storica”

E Francesco Hayez di questa stagione del nostro paese era, a Milano, un protagonista tanto da essere definito da Giuseppe Mazzini “capo della scuola di pittura storica che il pensiero nazionale reclamava in Italia”, e proprio per questo a lui, ormai quasi settantenne, il conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto chiese un’opera che esprimesse questa realtà. E l’artista realizzò questo dipinto, con il titolo “Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV”, che fu presentata all’Esposizione annuale dell’Accademia di Belle Arti di Brera il 9 settembre 1859 quando appena tre mesi prima, l’8 giugno, Vittorio Emanuele II e l’imperatore francese Napoleone III avevano fatto il loro ingresso trionfale a Milano dopo che gli austriaci erano stati sconfitti a Magenta.

Le origini de Il bacio di Hayez: il teatro

Queste furono le radici di un’opera che dobbiamo e possiamo leggere come un vero e proprio documento storico. Collocato in un contesto medievale, forse un  castello in cui la parete è fatta di pietra, forse anche per sfuggire alla censura austriaca, già dal titolo stesso “Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV” ci è facile intuire come l’artista parlando di “costumi” pensi a una scena teatrale con cui tessere un discorso, un racconto della lotta risorgimentale.

Il vero titolo de Il bacio di Hayez

“Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV” è il vero titolo dell’opera. Esso è molto più lungo, come tipico di tutte le opere del noto pittore italiano. I titoli infatti avevano anche valore di spiegazione di opere sempre dal valore altamente simbolico. Hayez ritrae la scena all’interno di una scenografia che evoca l’architettonico medioevale. Non solo il titolo richiama il XIV secolo, ma l’artista ricrea come una quinta teatrale composta da grandi blocchi di pietra e sullo stipite si intravedono decorazioni scolpite. Infine a sinistra nel buio si proietta sul muro quella che pare essere l’ombra di una sagoma umana.

Il significato politico de Il bacio di Hayez

Hayez e Induno_Gerolamo
L’addio e il bacio del volontario protagonisti anche dell’opera “La partenza del garibaldino” Artgate Fondazione Cariplo – Induno Gerolamo. By Fondazione Cariplo, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16398810

La parvenza medievale va anche letta all’interno del romanticismo italiano. L’opera evoca infatti il clima cavalleresco tra le mura di un castello che il Romanticismo italiano interpretò dandone una valenza di amore patriottico. L’interpretazione politica de Il bacio era diffusa già in epoca risorgimentale e fu l’origine stessa del successo dell’opera. Lo studioso Federico Dall’Ongaro arrivò a re-intitolare l’opera come “Il bacio del volontario”, facendo riferimento alla partecipazione di tanti giovani volontart alla battaglia di Curtatone e Montanara, durante la prima guerra d’indipendenza.

Il tema del bacio di addio prima della guerra fu uno dei grandi cliché del romanticismo italiano, tanto da essere riconosciuto come tale già all’epoca.

Il quadro Il bacio ha perciò un forte e non velato riferimento politico, che non traspare perciò soltanto dal titolo quanto dal contenuto.

Il bacio di Hayez: gli abiti sono i veri protagonisti.

La scena si concentra su due giovani innamorati che si stanno baciando con grande passionalità e già subito i colori usati per gli abiti ci dicono qualcosa: azzurro, bianco, rosso e verde come i colori della bandiera francese e del nascente stato italiano. L’abito azzurro della ragazza, sotto il quale si scorge la camicia bianca che era usata come indumento intimo che le classi agiate amavano lasciare intravvedere nelle maniche a testimonianza di pulizia e ricchezza, è reso talmente bene che si dice che Picasso in visita alla Pinacoteca si sia avvicinato per accertarsi della sua natura.

Anche il cappello del ragazzo ci racconta qualcosa. E’ infatti il cappello detto all’Ernani, o alla calabrese. Portato dai briganti meridionali dell’ottocento e dal protagonista verdiano dell’Ernani riprende un personaggio di Victor Hugo, che nella sua lotta contro il dominatore spagnolo si camuffa con un cappello da bandito. Questo cappello diviene presto il distintivo dei patrioti italiani a tal punto che il decreto del 15 febbraio 1848 a firma la Polizia di Milano dell’Impero Asburgico ne proibì l’uso. I cittadini milanesi aggirarono il divieto modificandolo in parte.

A Milano, durante le Cinque Giornate, nel 1848, gli insorti lo indossarono e lo agitarono in segno di sfida e anche le donne lo portarono emulando perfino la pasionaria nobildonna Cristina di Belgioioso Trivulzio (1808-1871) ritratta con cappello all’Ernani piumato.

Bacio o addio?

E’ un bacio appassionato, ma sembra anche l’addio di due giovani innamorati. Sembra il saluto di un rivoltoso con il pugnale sul fianco e con il piede già su uno scalino nell’atto dell’addio mentre un’ombra alle loro spalle conferisce alla scena un senso di drammatico mistero: forse una spia austriaca che controlla il patriota, o un compagno che aspetta il giovane per andare a combattere o… E’ davvero una scena che esprime oltre la passionalità la malinconia di due giovani che si stanno dicendo addio.

Bacio Hayez
Dettaglio della seconda versione de Il bacio di Hayez. By Bramfab – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47042461

Il bacio di Hayez: le tre versioni

Quando pensiamo a “Il bacio” pensiamo alla versione esposta a Brera, eseguita nel 1859 su commessa del conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto. Il nobile apparteneva a un ramo secondario della famiglia che resse le sorti del Ducato di Milano tra Duecento e Trecento, e fu esposto per la prima volta all’Accademia di Brera di Milano il 9 settembre 1859, soltanto tre mesi dopo l’ingresso di Vittorio Emanuele II in città a conclusione della seconda guerra d’indipendenza.
Dato il successo dell’opera Hayez realizzò altre due versioni de Il bacio. Nella seconda versione leggermente più grande (è un olio su tela di cm 125×94,5) del 1861 la ragazza indossa un abito bianco. L’opera fu realizzata da Hayez per la ricca famiglia Mylius, di origine svizzera. Infine, nella terza versione notiamo un manto bianco sugli scalini e il manto del ragazzo è di un colore verde accesso.

Hayez la dipinse più tardi nel 1867 per essere esposta all’Esposizione Universale di Parigi. L’artista rimase attaccato al dipinto, che non volle mai vendere. Dopo esser stata venduta dagli eredi a una nobile russa, nipote dello Zar Alessandro III, fu infine battuta all’asta del 2016 da Christie’s a New York per cifra record (per l’artista) di un milione e 865 mila dollari.

Il bacio dal Romanticismo italiano al successo di massa

Il “Bacio” di Hayez non è però solo la testimonianza di un momento storico ben preciso, ma è anche un’espressione dell’arte romantica italiana. È un quadro che anche per un suo aspetto meno storico ha raccolto e raccoglie sempre un grande successo popolare tanto che ormai è diventato iconico e lo possiamo trovare sulle t-shirt o stampigliato su oggetti di uso comune.

Lo stesso celebre “Bacio” di Klimt si dice sia ispirato e parta da quest’opera. Addirittura negli anni ’20 venne scelto dalla Perugina per la pubblicità dei suoi famosi Baci, nati nel 1922. Si ipotizza che lo stesso nome del celebre cioccolatino sia ispirata al quadro. La pubblicità fu disegnata da Federico Seneca, un celebre cartellonista all’epoca direttore artistico della Perugina. Seneca inserì la coppia di innamorati in uno spazio aperto, togliendo loro quella patina di frettoloso addio e di malinconia evidentemente poco consoni a una campagna pubblicitaria.

Sabino Maria Frassà

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