Laura de Santillana è mancata prematuramente nel 2019. Discendente dalla dinastia del vetro dei Venini, è stata una delle artiste italiane più innovative e importanti degli ultimi cinquant’anni. È riuscita infatti a rivoluzionare il modo stesso in cui concepiamo il vetro, portandolo a essere dirompente materia dell’arte contemporanea, superando l’annosa separazione tra arti applicate e decorative. Per tutta la sua vita Laura de Santillana, con e grazie al vetro, si è interrogata sulla sfuggente alchimia tra materia e luce, tra pieno e vuoto, alla ricerca di quella “formula”, che governa la realtà ripetendosi all’infinito sempre diversa. Laura intendeva la propria ricerca come percorso di crescita personale attraverso la continua tensione al superamento delle convenzioni e di ciò che era noto. L’arte, intesa come piacere della scoperta, rispondeva a un suo profondo e intimo bisogno filosofico: metteva alla prova la materia vitrea per mettere alla prova se stessa e donarsi brevi spiragli di luce, fulminee visioni universali e trascendenti.

“Io penso in vetro” diceva sempre Laura de Santillana, perché il vetro era per lei metafora stessa dell’esistenza umana, di questo innato e a volte ansiogeno bisogno di superare le Colonne d’Ercole e andare oltre l’orizzonte: non aveva tempo per ripetersi, la sua era una sete insaziabile di bellezza e conoscenza. Del resto, sebbene la sua arte fosse processuale, vedeva nell’errore, piuttosto che nella ripetizione, la vera possibilità di progresso. Soltanto attraverso il superamento e l’interiorizzazione dell’imprevisto portato dal caso si può arrivare a qualcosa di nuovo e avvicinarsi all’essenza della realtà. Fino agli ultimi giorni, Laura de Santillana ha lavorato per portare all’estremo il vetro, unendolo con altri materiali, tendendolo, surriscaldandolo e/o facendolo collassare sotto il peso della gravità. Le sue opere sono spesso caratterizzate da un susseguirsi di materiali e di velature, che distorcono la luce mostrando un mondo ‘nuovo’ in cui gli opposti sembrano risolversi in modo indissolubile: la trasparenza sposa il colore, la luce l’opacità, la potenza la grazia. Il risultato, come lei stessa spiegava, sono “vasi in cui non si può nemmeno più mettere un fiore”, che diventano strumenti di contemplazione per ri-pensare ciò che ci circonda. Questa forte tensione e carica spirituale, ipnotizza e non può che lasciare qualsiasi spettatore senza parole. Ma in fondo l’arte di Laura de Santillana, come la luce, era proprio questo andare veloce e al di là … anche del pensiero. 

venini.com

Testo di Sabino Maria Frassà

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