La galleria Brun Fine Art, in collaborazione con la galleria Il Milione, presenta la mostra “Lorenzo Puglisi: portraits, vanitas and the sacred”, a cura di Alberto Mazzacchera, nei prestigiosi spazi di Via Maroncelli 7 a Milano. L’esposizione ha come principale obiettivo il dialogo tra le opere dell’artista contemporaneo Lorenzo Puglisi e la scultura italiana dal XVIII secolo al XXI secolo.

Il vagare, con solo un biglietto di andata, per Lorenzo Puglisi (Biella, 1971) diviene, dopo la maturità liceale, come il Grand Tour di un tempo. Lo studio dei grandi maestri è serrato e lo scandaglio delle loro opere è accuratissimo.

Tra gli artisti prediletti figura Rembrandt (1606-1669), del quale rammenta in particolare il celebre Ritratto di Jan Six, realizzato nel 1654. Ciò che sicuramente attrae l’attenzione di Puglisi, accanto al potente sfondo nero, è come Rembrandt rende efficacemente il tutto con poche veloci, incisive, pennellate impiegando una tecnica che gli impressionisti affineranno molto dopo.

Nel 2006, Puglisi inizia a dipingere le sue prime opere di piccole dimensioni: sono dei ritratti volutamente sganciati dalla dimensione psicologica del personaggio. Ciò che interessa a Puglisi è il cranio umano in quanto, per usare le sue parole, non c’è “nulla di più interessante e vitale di una testa umana, che mi tocca nel profondo, che mi ricorda il fatto di esistere, la vita stessa”.

Ma in Puglisi l’inquadratura fortemente ravvicinata, così totalmente focalizzata sulle teste ritratte senza concessione ad altri elementi corporei, non consente alcuna declinazione dell’espressione del volto, dello stato d’animo. Solo nei successivi ritratti e nella “pittura di scena”, nei quali compaiono una o entrambe le mani, è concesso all’osservatore di tentare di attribuire un’espressione al viso, di “dare un volto al volto”, come annota Marco Meneguzzo.

D’altronde, con tutta evidenza, l’intento di Puglisi non è quello di realizzare la testa di una specifica persona, essendogli totalmente estranei sia il realismo sia la resa psicologica. Tale approccio aiuta a comprendere come le figure di Puglisi siano ben distanti da quelle di Francis Bacon (1909-1992), l’altro pittore da lui prediletto. In quelle di Bacon, infatti, c’è spesso un corredo di puntuali dettagli che sono volute citazioni dal reale.

Indubbiamente il richiamo alle trasfigurazioni di Bacon non può non essere costante, ma, come giustamente annota Angelo Crespi, “Puglisi a suo modo riflettendo sul maestro fa un passo ulteriore verso una destinazione ancora sconosciuta”. In effetti, oltre alla difficoltà indotta dall’artista di decifrare le espressioni facciali, le figure di Puglisi, superata una certa distanza fisica con il dipinto, mutano nella percezione dell’osservatore.

Infatti, scrive Alberto Mazzacchera sul catalogo di mostra, “si perde ogni riferimento morfologico e la pittura, frutto di vigorose, corpose pennellate, si addensa in preganti grumi luminosi attorniati da una sorta di insondabile diaframma di materia ed energia oscura. Tali effetti si accentuano nelle opere che Puglisi realizza su tavola, dove l’oscura profondità, frutto di molteplici stesure di colore, diventa di un nero totale e assoluto, che in molte tavole acquisisce la lucentezza delle impalpabili superfici fluide.

Così, a distanza ravvicinata, quella materia fulgida e del tutto informe che si addensa verso l’epidermide esterna, all’occhio emerge nella temporanea immobilità del precario equilibrio pronto a spezzarsi, nel lampo che precede il divenire forma, o nell’attimo finale che segna l’avviluppamento nel denso, impenetrabile magma delle forze universali”. Questa inafferrabilità delle figure, questa liquidità che le rende costantemente mutevoli e sfuggenti, fanno dire a Marco Meneguzzo che l’umano in Puglisi “non è più ‘in posa’ ”.

Lorenzo Puglisi

Tutto ciò azzera ogni tentativo di vedere in Puglisi un possibile esponente della conservazione delle tradizioni pittoriche. La citazione adogmatica del passato, che Puglisi fa in particolare nella sua “pittura di scena”, è ben lungi dal riproporre linguaggi perduti. In Puglisi la continuità con la pittura del passato, accanto all’assorbente interesse verso la figura umana, è rintracciabile nell’attenzione, quasi ossessiva, per la tecnica pittorica.

Lorenzo Puglisi

D’altronde, in opere in cui si è alla ricerca dell’umano senza tempo, limitandosi a pochissimi elementi per rappresentare il corpo (testa, mani, talvolta un piede) la difficoltà di realizzare il dipinto è enorme, e quei pochi organi anatomici selezionati con cura devono possedere un estremo grado di qualità.

Lorenzo Puglisi

Ma, ritiene Mazzacchera, curatore della mostra, “che in Puglisi vi sia al fondo anche una non dichiarata ricerca che attiene a un suo cammino spirituale che va configurandosi e che ha, per altre vie, dei punti di contatto con quanto va affermando Vito Mancuso sull’anima. In tal senso credo che le teste e le figure luminose di Puglisi, entro una magnetica sfera oscura, potrebbero essere in qualche modo anche rappresentazioni di entità non percepibili dall’occhio umano, in quanto eccezionali apparizioni dell’energia spirituale dell’essere umano”.

Lorenzo Puglisi

Il catalogo

Il catalogo che accompagna la mostra è strutturato in tre macro sezioni che corrispondono alle diverse sedi espositive (Brun Fine Art London, BSF – Boies Schiller Flexneritaly, Galleria Il Milione) ed in sezioni articolate in Ritratti, Vanitas e il Sacro. brunfineart.it

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