Jan Vermeer per tutti è il pittore del capolavoro La Ragazza con l’orecchino di perla. Johannes van der Meer (1632-1675), vero nome dell’artista, fu uno dei massimi pittori olandesi del Seicento. L’artista visse a Delft, una cittadina bagnata da una serie di canali perpendicolari, la cui immensa ricchezza derivava soprattutto dal commercio con l’India e l’Indonesia. Vermeer ebbe così l’opportunità di vivere e lavorare per una ricca borghesia, che vedeva nell’arte uno strumento per vivere la propria fortuna senza ostentazioni e avvicinarsi o meglio sostituirsi all’aristocrazia.

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La ragazza con il bicchiere di vino (c. 1659), Herzog Anton Ulrich Museum in Brunswick, Germany The Girl with the Wine Glass (c. 1659), Herzog Anton Ulrich Museum in Brunswick, Germany (fonte: By Johannes Vermeer – Web Gallery of Art:   Image  Info about artwork, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15466121)

La vita di Jan Vermeer

Nonostante l’enorme successo ottenuto dal pittore in vita, le notizie certe riguardanti la sua vita sono poche. Tra l’altro egli stesso non ha lasciato alcun documento scritto. Le poche informazioni disponibili ritraggono Jan Vermeer come figlio di un commerciante di tessuti, dedito a varie speculazioni (ad esempio compravendita di locande) e al commercio d’arte, visse una vita piuttosto solitaria dedicata essenzialmente alla pittura. Di religione protestante, si convertì al cattolicesimo, religione della moglie Catherina, che lo supportò nel suo lavoro, risultandone essere uno degli elementi alla base del suo successo. Inizialmente apprendista presso Carel Fabritius, fu allievo di Rembrandt. Sappiamo di certo che aderì alla Corporazione di San Luca  che  supportava gli artisti anche nella vendita delle opere.

Crisi e morte di Jan Vermeer

Il successo di Vermeer ricevette una fatale battuta d’arresto, quando, negli anni Settanta, l’invasione della Francia portò a una crisi finanziaria in Olanda. La conseguenza inevitabile fu un drastico calo nelle vendite, che gli causò seri problemi finanziari fino alla morte. Il livello di indigenza della famiglia fu tale che la moglie quanto Vermeer morì poco più che quarantenne, fu costretta a vendere sia la casa sia molte delle opere che il marito le aveva lasciato in eredità. Alla fine le rimasero solamente 19 opere.

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Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica (c. 1670–71), National Gallery of Ireland in Dublin, Ireland (fonte: Di Jan Vermeer – Sconosciuta, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=229016)

Jan Vermeer e la religione

Sebbene si fosse convertito alla religione cattolica, Jan Vermeer visse in un momento storico in cui la religione protestante si era imposta nell’Olanda del nord. L’arte sacra perse così di importanza per lasciare spazio a una pittura borghese e di piccolo formato, anche in ambito religioso. Non c’era più spazio e non era più accettato lo sfarzo e la grandiosità tipica dell’arte fiamminga delle origini. Alla scomparsa della committenza ecclesiastica si affacciò per la prima volta la borghesia mercantile. Il corpo intero, formato prediletto dall’aristocrazia, venne sostituito dal grande formato “corale”, ovvero alla ritrattistica di gruppo, che divenne uno stilema proprio della pittura olandese del XVII secolo. Lo scopo era celebrare la laboriosità e l’affiatamento civico del “nuovo” motore della società: i commercianti.

La tecnica di Jan Vermeer

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Lezione di Musica (c. 1662–1665), Royal Collection in London. Fonte: Di Jan Vermeer – Sconosciuta, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=229016

La ricerca artistica di Jan Vermeer si avvalse di un uso della luce molto particolare: l’artista faceva uso di una tecnica detta “pointille” che consiste nel dare piccole pennellate molto vicine le une alle altre. Vermeer era anche solito usare dei costosissimi lapislazzuli provenienti dall’Asia per realizzare il colore blu. Il blu oltremare con Vermeer passa dall’essere il colore delle immagini sacre e della nobiltà, a celebrazione della nuova potente borghesia.

Tra i principali interessi dell’artista c’era il ritrarre li gesti quotidiani delle persone: nel farlo Vermeer sembra riuscire a bloccare il tempo, a cogliere l’istante, quasi le sue opere fossero opere fotografiche. Non a caso nel definire la pittura di Jan Vermeer si parla di “natura morta totale”, perché anche i personaggi rappresentati sembrano uniti agli oggetti da un “oscuro legame”.

Molto discusso invece è il fatto se Vermeer usasse o meno la cosiddetta camera oscura, che sarebbe compatibile con il fatto che l’artista riuscisse ad avere una precisione fotografica pur senza mari realizzare disegni preparatori.

La Ragazza con l’orecchino di perla

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Copertina del film La ragazza con l’orecchino di perla, 2003. Fonte: CineMaterial, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=9273232

Parlare di Jan Vermeer, ai giorni nostri, significa anche parlare inevitabilmente de “La ragazza con l’orecchino” (o “La ragazza con il turbante”), opera sulla quale fu fatto nel 2003 un film famosissimo, ispirato a un romanzo di Tracy Chevalier (del 1999) e diretto da Peter Webber. Il film non solo consacrò l’attrice Scarlett Johansson, ma fu anche uno strumento unico per rivitalizzare e attualizzare il mito dell’artista, trasformandolo in una vera icona pop.

Il dipinto, oggi conservato nella Mauritshuis dell’Aia, fu realizzato tra il 1661 e 1666. L’artista ritrae una fanciulla a mezzo busto di profilo con il volto rivolto verso lo spettatore. Vero tema del dipinto è in realtà la luce che illumina il volto della fanciulla esaltandone gli occhi e le labbra rossa. La stessa luce fa brillare gli occhi e – sullo sfondo scuro – l’orecchino di perla. La dimensione della perla è tale che molti studiosi hanno addirittura supposto sia un artificio artistico, perché in natura non esisterebbero perle di tale formato. La scelta della perla così grande è del tutto coerente con i gusti pubblico borghesem che ricercava di vivere nella quotidianità la propria estrema ricchezza, senza eccessivo sfarzo: erano dettagli come le perle a indicare lo status dal momento che, provenendo dall’Estremo Oriente, erano beni preziosi e costosissimi. Come spesso nelle sue opere l’ambientazione, sembra essere stato lo stesso studio dell’artista: uno spazio quasi asettico che crea una quinta in cui i personaggi sembrano brillare attraverso la luce che passa dalle finestre poste sempre sul lato sinistro. Risulta ancora irrisolto invece il mistero sull’identità della ragazza ritratta che, così come la perla, potrebbe essere addirittura un volto idealizzato, che contribuirebbe alla teoria per cui l’opera sia nata come rappresentazione stessa dello spirito del tempo, piuttosto che essere un ritratto di una persona realmente esistita.

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Johannes Vermeer, La lattaia, 1660. Fonte Di Jan Vermeer – Rijksmuseum, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47659940

Le opere più famose di Jan Vermeer

Fra le altre opere più note di Jan Vermeer, morto presumibilmente appena quarantenne, sono: “Ragazza che legge una lettera alla finestra aperta” (1657-1659); “La lattaia” (1658-1659); “La lezione di musica” (1662-1665); “Donna che legge una lettera davanti a una finestra” (1657-1658).  Sue opere si trovano anche a New York presso il Metropolitan Museum of Art, a Berlino presso lo Staatliche Museen e soprattutto ad Amsterdam presso lo Rijksmmuseum.

Sabino Maria Frassà

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