Testo e Acquerello di Valentina Grilli
Nella prima parte della rubrica dedicata al Fringuello, abbiamo accennato in conclusione al Cardellino. Un piccolo passeriforme lungo poco più di 10 cm, per circa 12 grammi di peso. Il nome scientifico della specie Carduelis affonda le sue radici nella tradizione antica romana e deriva dalla pianta del cardo di cui questi uccelli sono notoriamente golosi.
Dal carattere vispo e vivace, non è difficile scorgerlo nei nostri giardini o tra i fitti rami degli alberi, poiché in Italia la specie è diffusa in tutto il territorio nazionale e in differenti habitat accomunati dalla presenza di boscaglie. Non è raro intercettare il cardellino in aree più aperte ed erbose, anche abbandonate dall’uomo dove vi è abbondanza di erbe e fiori selvatici.
La sua livrea è variopinta e inconfondibile, presenta dorso e petto di un caldo bruno e ali nere con presenza di un’ampia banda di colore giallo acceso sulle copritrici, quelle piume di copertura appunto che non hanno alcun ruolo diretto nel volo.
La parte più caratteristica tuttavia è la mascherina del capo di un rosso scarlatto che ha reso il cardellino protagonista di varie leggende fin dai tempi pagani. Quando il piccolo volatile rappresentava metaforicamente l’anima dell’uomo che al momento del trapasso si invola leggera.
Ma è con l’avvento del Cristianesimo che l’uccello diviene per eccellenza il simbolo della passione di Gesù. La tradizione vuole che un Cardellino si fosse adoperato per estrarre le spine dalla fronte del figlio di Dio ma, ferendosi a sua volta, si sarebbe macchiato in modo indelebile. Diventando un elemento nodale dell’iconografia cristiana.
Universalmente conosciuta La Madonna del cardellino (1506) di Raffaello racconta l’amore umanissimo di una madre consapevole del destino di morte del figlio sulla croce. In questa composizione piramidale di stampo ancora leonardesco è rappresentato anche Giovanni Battista che porge a Gesù la creatura piumata, memento di una sorte ineluttabile.
Del tutto differente e ancora parzialmente indecifrabile è la rappresentazione di alcuni volatili nel trittico di Hieronymus Bosch Il giardino delle delizie (1480-90). Aperti i due pannelli laterali, si svela ai nostri occhi una complessità di scene che hanno probabilmente lo scopo di raccontare la storia dell’umanità attraverso la dottrina cristiana. Nello scomparto centrale prende corpo uno spazio mistico dove abbondano figure ignude circondate da animali, tra cui un gruppo di uccelli fuori scala.
Si possono riconoscere un cardellino, un picchio verde, un’upupa, un’anatra, un martin pescatore, un allocco, a cui viene riconosciuta una valenza positiva, in quanto la loro capacità di librarsi in volo viene ricondotta all’abilità dell’anima di trascendere attraverso il pensiero che può estendersi ovunque.
Un secolo più tardi, troviamo una tra le opere più celebri di Carel Fabritius, allievo di Rembrandt, che con un piccolo olio su tavola si misura con un soggetto inedito per la pittura dell’epoca, un cardellino appunto (1654). Da non confondere con l’illustrazione di un testo naturalistico, né con lo studio da inserire in un dipinto più grande, l’opera è un autentico ritratto di un uccello domestico a cui una catenella impedisce di volare.
Ciò che sembra contare per l’artista è rivestire il soggetto della dignità di una grande opera; l’atmosfera intima e commossa della composizione fa sì che quel piccolo uccellino impaurito e prigioniero diventi il simbolo stesso della fragilità, ma anche della crudeltà della vita.