La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, gioiello dell’architettura rinascimentale lombarda, sorge oggi nel centro storico, nei pressi di Corso Magenta e fin dalla sua costruzione è stata riconosciuta come punto nevralgico del potere e dell’arte milanese. Scrigno del Cenacolo vinciano, è oggi visitata da milioni di turisti ogni anno. Non solo per l’opera aurea di Leonardo, ma anche per i suoi chiostri, tra i quali molto famoso è quello del Bramante. Un’istituzione che per diversi secoli è caduta in disgrazia ma che ha saputo rialzarsi. Grazie ai numerosi restauri voluti dal Comune di Milano, da fine Ottocento fino ai primi anni Duemila, che l’hanno riportata al suo antico splendore cinquecentesco.

Sommario dell’articolo

Cenni storici 

Santa Maria delle Grazie è una delle perle del Rinascimento italiano, uno dei simboli di Milano e della sua architettura e storia: . Principalmente conosciuta per essere lo scrigno del “Cenacolo” vinciano, “Le Grazie” è innanzitutto una chiesa dominicana. Nasce dalla benefattura della famiglia Vimercati, in particolare del conte Gaspare Vimercati, primo comandante dell’esercito del duca di Milano. In seguito della famiglia Sforza, inizialmente con Francesco e in seguito con il figlio Galeazzo Maria. Lo spunto nasce, dopo un consulto fra Cosimo de’ Medici e Vimercati. Sulla base di San Marco a Firenze, che dà l’idea per un convento che, dopo pochi anni, intorno al 1464, diventa Chiesa. Assiduamente frequentata dai devoti milanesi, che la chiamano “chiesa di San Domenico in Santa Maria delle Grazie”, in seguito abbreviato nel nome odierno. 

Risale al 1469 la prima notizia, non certa, di fine dei lavori della Chiesa. Fu in quest’anno che venne nominato il primo Priore delle Grazie, Fra Francesco da Milano.

Elena Cirla

L’architetto delle Grazie

Uno dei più celebri al tempo a Milano. Così radicatamente conosciuto da dare oggi il nome al quartiere stesso: Guiniforte (o Boniforte) dei Solari, ingegnere capo della Fabbrica del Duomo e della Certosa di Pavia. La Chiesa viene completata dal Solari nel 1490, quando viene posta, secondo la documentazione a noi pervenuta, la pala di Buttinone sull’altare. Oggi purtroppo andata perduta.

In quest’anno Moro è sempre più padrone di Milano e sogna di diventare un principe del Rinascimento e di rendere Santa Maria delle Grazie la più bella chiesa di Milano. È per questo che il futuro signore di Milano – lo è de facto già da un decennio, ma lo sarà de iure del 1494 – chiama a sé uno dei più grandi architetti e artisti del tempo, Donato di Pascuccio d’Antonio detto Bramante. Architetto che non esita nemmeno un attimo, abbattendo l’abside appena terminata da Solari e costruendo al suo posto una tribuna enorme. È il 1492. Tra pochi anni, esattamente due, Leonardo inizierà a dipingere il suo Cenacolo.

La Chiesa, una volta terminata, diventa non solo luogo di culto, ma anche mecca di sepoltura delle famiglie più ricche e nobili e sede del Tribunale dell’Inquisizione. Nel 1558, infatti, il priore Michele Ghisleri che passerà alla storia come Papa Pio V, fece trasferire l’inquisizione milanese da Sant’Eustorgio a Santa Maria delle Grazie.  Il XVII secolo vede piccole aggiunte, soprattutto di chiostri minori. Il Settecento, invece, è un secolo in cui Santa Maria delle Grazie conosce un profondo abbandono. Precipita in decadenza soprattutto a causa di francesi e austriaci, che trasformano i chiostri in punti d’appoggio per l’esercito. Questo stato di degrado si protrae fino a metà Ottocento, quando la chiesa torna a vedere la luce.

È però a inizio Novecento che risalgono i lavori di restauro più significativi: il complesso bramantesco viene ristrutturato, l’autorità militare si ritira, viene abolita l’inquisizione e subentra la Soprintendenza ai monumenti. Nel 1904 tornano i dominicani, che riprendono possesso canonico della chiesa nel 1911. 

Le opere di restauro proseguono e si intensificano, soprattutto dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale – in particolare dopo quello del 16 agosto 1943, lo stesso che aveva distrutto parte della Ca’ Granda e terminano definitivamente nel 2003, quando si conclude il restauro delle tre navate solariane. 

La facciata e gli interni

La facciata della Chiesa di Santa Maria delle Grazie è a capanna, bassa e larga, a due spioventi. I mattoni sono a vista, con un paramento liscio e una struttura di sei contrafforti e cinque campi  riprende la suddivisione interna. Affiancate all’ingresso sono presenti quattro finestre con archi a sesto acuto, sovrastate da un rosone, a sua volta accompagnato, nella parte superiore, da cinque oculi che seguono i due spioventi della facciata stessa. L’entrata, a protiro, è sostenuta da due colonnine, che reggono una mezzaluna affrescata. Al di sotto, una fascia con cinque tondi in granito contenenti quattro profili in bassorilievo e uno, quello centrale centrale, con un viso frontale in altrorilievo. Alcuni sostengono che il volto al centro sia quello di Omero e quelli ai lati, di conseguenza, di quattro grandi poeti dell’antichità.

Ma è sicuramente la fiancata su Corso Magenta ad essere la più suggestiva, con i contrafforti in corrispondenza dei muri divisori delle varie cappelle, che proseguono fino alla maestosa cupola bramantesca. Per la facciata – ma anche per gli interni – furono utilizzati materiali locali e poveri, cotto per le murature e granito per i capitelli. D’altronde, Santa Maria delle Grazie era un convento, sorte molto diversa rispetto a quella del grandioso Duomo, il cui cantiere continuava ad essere operativo. 

Elena Cirla

Per gli interni, lo schema è semplice: tre navate, di cui quella centrale larga il doppio delle due laterali, colonne di granito, capitelli corinzi. La copertura è dotata di volte a crociere cordonate e archi acuti con campate ben scandite. Le decorazioni ad affresco sono fitte, sulle volte e sulle colonne, mentre gli archi vedono sagomature a marmi venati. Decorazione che furono barbaramente coperte nel corso del Seicento ma in seguito, a fine Ottocento, riscoperte grazie al sapiente lavoro di Don Formenti, ai tempi vicario delle Grazie. 

Il refettorio

Il  luogo più famoso di Santa Maria delle Grazie, però, in cui il genio di Leonardo da Vinci ha dipinto, nei suoi anni milanesi, il Cenacolo, è il refettorio, un’aula rettangolare con volte a velette. Inizialmente concepito come spazio modesto, ma poi dotato di una forma rinascimentale dopo il 1488, secondo Caccin su spinta del Bramante o di Leonardo stesso, che nel 1482 arriva a Milano e non la lascia per ben 17 anni. Due decenni di grande fecondità artistica e produttiva, che generano il capolavoro per eccellenza dell’artista e miracolosamente scampato al bombardamento del 1943.

Elena Cirla

Il Bramante e le Grazie: il chiostrino e la tribuna 

Le Grazie non hanno ancora visto l’opera compiuta di Solari quando subentra Bramante. Abbatte le absidi e inizia il progetto della grandiosa cupola, oggi protagonista insieme al refettorio della chiesa stessa. Bramante, figlio del Rinascimento, struttura il suo capolavoro sul classico rapporto 1:2. La perfetta armonia di proporzioni e misure coronano regalmente la tribuna con una cupola emisferica. La prima in Lombardia che, proprio grazie a questo capolavoro architettonico, si catapulta nel pieno del Rinascimento. E insieme alla tribuna e alla cupola, Bramante è artefice anche del famoso chiostrino bramantesco,  fatto edificare per volere di Ludovico il Moro a partire dal 1497. Un quadrato con cinque arcate per lato, con colonne in pietra con capitelli e volte a crociera, definito anche “Chiostro delle rane” per la presenza di sculture raffiguranti ranocchie in bronzo nella fontana centrale. 

Un tesoro nel tesoro. Uno dei punti più conosciuti di Milano, ma non l’unico chiostro progettato e costruito dal Bramante (si tratta del chiostro bramantesco in Corso Garibaldi). Una perla rinascimentale ancora oggi apprezzata e, ancora una volta, concepita e costruita grazie al genio di un fiorentino della famiglia dei Medici – Cosimo de’ Medici – che, ancora una volta, contribuisce all’importazione e diffusione del Rinascimento in Lombardia e alla nascita di una delle più belle opere architettoniche di tutta Milano.