In bilico tra arte e provocazione: a Bologna è tempo di Warhol&Friends
Tutti saranno famosi per quindici minuti, profetizzava Andy Warhol, e il futuro pare proprio essere arrivato: a Bologna si fa un salto nel passato dissezionando il presente grazie a Warhol&Friends, la mostra della stagione autunnale di Palazzo Albergati.
Com’era New York negli Anni Ottanta? Centocinquanta opere, da Jean-Michel Basquiat a Keith Haring passando per Jeff Koons, raccontano quel carnevale che non delude mai (Tom Wolfe) che era la Grande Mela nel decennio di confine alle porte con la contemporaneità.
Trasgressione, il segno dei tempi
Visionari, sognatori, trasgressivi e mondani: gli artisti popolavano la scena con un’andatura jazz, senza uno schema predefinito e lontano da ogni coercizione. Nel decennio inaugurato dal crollo del Muro di Berlino e dall’omicidio di John Lennon, d’altronde, non poteva essere altrimenti. Gli Anni Ottanta si aprono nel segno del riconoscimento del graffitismo come forma d’arte: è merito della mostra anarchica The Times Square Show.
Sono gli anni del kitsch come forma di critica alla classe dirigente americana, dell’incontro tra pittura e musica (tra tutti, si ricordi l’artwork di Maripol per l’iconico album Like a Virgin di Madonna), dell’arte come veicolo di riflessione politica.
Anni Ottanta a rapporto!
I protagonisti più autorevoli del decennio arrivano a Bologna per raccontarsi e raccontare quell’epoca che si è inserita nel DNA del nostro presente. Protagonista assoluto della mostra è Warhol, che con 36 opere e 38 polaroid narra il fenomeno nascente dell’intrecciarsi di arte, pubblicità e beni di consumo. Con l’integrazione della produzione seriale, dai Levi’s Jeans alla Campbell’s Soup, nessuna opera potrà più scindersi con il mondo dei media e della comunicazione.
Come ebbe poi a descrivere Jeffrey Deitch, uno dei più stimati mercanti d’arte, è esattamente in quel periodo che:
“Non solo gli oggetti d’arte, ma l’esperienza artistica stessa è diventato l’ultimo bene di consumo”.
Ritrovarsi a New York
In un percorso espositivo che sottolinea l’esperienza trasgressiva e la spinta anticapitalista di questi artisti, il prodotto quotidiano viene elevato a opera d’arte e simbolo esclusivo della modernità, insegnandoci che l’arte va intesa come un’estensione del nostro corpo. E che non va necessariamente presa sul serio, finché riesce a fornire un’esatta fotografia dell’epoca.
E New York, con le sue mille luci sempre accese, fa da sfondo a questa epifania.
Don’t miss it!
La mostra è patrocinata dalla Regione Emilia Romagna e dal Comune di Bologna, ed è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia. Con la curatela di Luca Beatrice, la mostra potrà essere visitata fino al 24 Febbraio 2019.