Nel Segno del Giglio 2024: Nella lista degli anniversari letterari 2024 troviamo quello che celebra i 100 anni dalla morte di Franz Kafka. Nato il 3 luglio 1883 a Praga da famiglia di origini ebraiche, autore di racconti e romanzi è considerato uno fra i maggiori interpreti del Novecento.

Il tema della metamorfosi è uno dei grandi temi della letteratura. La grande attenzione al cambiamento, alla transitorietà e alla capacità dell’uomo di sapersi travestire, ha sempre interessato l’uomo. Le Metamorfosi di Ovidio mettono in scena uno spettacolo grandioso, dove ogni elemento può cambiare all’istante perché «tutto muta, nulla muore; tutto scorre, e ogni immagine si forma nel movimento». Come non ricordare Narciso che si strugge nell’amore di sé fino a mutarsi in fiore, Dafne trasformata in alloro per sottrarsi alle mire di Apollo, Filomela che viene trasformata in usignolo, Aracne in un ragno ma anche Adone in anemone, Eco in una roccia. Dobbiamo anche ricordare Lucio che nell’Asino d’oro o Le Metamorfosi di Apuleio si trasforma in un asino, capace però di pensare, conservando dunque la componente razionale.

Si devono alla penna di Giovanni Battista Ferrari, gesuita poligrafo e poliglotta, due delle più raffinate opere editoriali del Seicento, cui contribuirono, tra gli altri, artisti del calibro di Piero da Cortona e Guido Reni: Flora seu de florum cultura, uno dei primi trattati di giardinaggio, del 1633, seguito nel 1646 da Hesperides sive de Malorum aureorum cultura et usu, una monografia altrettanto pionieristica sugli agrumi, probabilmente la prima dedicata a un genere.  Sfogliarle è una festa per gli occhi, leggerle uno squisito divertimento barocco. Con tante sorprese, come quel “fiore indiano violato scuro” che molti anni dopo verrà ribattezzato Ferraria crispa. Sfogliamo dunque Flora se vi siete mai chiesti perché nei giardini abbondano limacce e bruchi, Ferrari ce lo spiega proponendo una versione personalizzata delle Metamorfosi di Ovidio in cui Limace e Bruco, due fratelli giardinieri, per avere lasciato all’incuria il giardino affidato loro, vengono da Flora trasformati uno in lumaca, l’altro in larva di lepidottero.

Il giardino è da sempre il luogo dei miti in quanto compendio di natura “costruita” goduta dagli uomini; ora dopo ora, mese dopo mese, un’operazione progettuale che muta aspetto con l’alternarsi delle stagioni, con il passaggio degli individui. Luogo ricreato di volta in volta dalla luce cangiante della giornata che rende la città intorno altrettanto mutevole nel suo essere percepita. Deputato agli otia intellettuali o ai giochi, privato o pubblico, claustrale o civico, il giardino è da sempre un luogo del corpo e della mente, dunque dell’agire e del pensare. Nel giardino sulla collina di Colono, oltre che in quello di Atene dedicato all’eroe Academo, maturò la filosofia platonica. Filosoficamente, ogni giardino può diventare per noi luogo spirituale per eccellenza, spazio in cui la realtà può essere modellata dall’uomo δημιουργός (demiurgo). Anche per questo, fusi in un senso di mimesi, di equilibrio uomo-natura, dovremmo contemplare e leggere un giardino come prodotto d’arte, in quanto identità di un’epoca e frutto dell’agire storico dell’uomo. Non è un caso che i giardini siano stati documentati dalle parole di autori come Stendhal e che siano stati riprodotti da grandi artisti come il Domenichino (1581-1641), William Kent (1685 circa-1748), Lancelot Brown (1716-1783), fino ai macchiaioli e oltre. Il tempo è intrinseco alla materia, sia alla materia vivente che alla materia non vivente. Della materia vivente sono fatti i giardini, della materia non vivente sono fatte le architetture. Nell’architettura il trascorrere del tempo ci permette di vederla portare a compimento. Questo tempo, che agisce sull’architettura, si può definire un tempo lineare ed è univocamente progressivo.  Qualcosa del genere accade anche nel giardino dove però è bene fare una distinzione.

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Il giardino è soggetto ad un tempo lineare e ad un tempo ciclico. Nel tempo lineare il giardino una volta creato dalla mano dell’uomo, si sviluppa e cresce ed espande al massimo i suoi rami fino ad arrivare anch’esso al momento in cui è esattamente come lo intendeva chi l’ha pensato. Questo è il momento di massimo splendore del giardino. Da questo momento in poi, continuando a mutare a causa del tempo lineare che agisce su di esso, muterà la sua immagine in un’immagine diversa da quella voluta inizialmente. Invece il tempo ciclico che agisce nel giardino è un tempo che porta a ripetere i colori e i profumi del giardino più volte, secondo un andamento che è appunto ripetitivo ed è il tempo delle stagioni.

“Non c’è artefatto materiale pensato, progettato, costruito e gestito dall’uomo che, meglio di quell’articolato e complesso insieme polimaterico del “giardino”, possa ragionevolmente essere assunto a simbolo vivente della continua trasmutazione biologica della materia. Non c’è infatti risorsa collettiva ricevuta in eredità dalle generazioni precedenti, che appaia più transeunte delle architetture vegetali, sulla cui perenne mutevolezza siamo abituati a misurare il quotidiano trascorrere del tempo”.  E’ proprio un tale sistema di presenze, peribilissime e irriproducibili, che dà, più di qualunque altra opera umana, il senso tangibile dell’invincibile e naturalissimo succedersi dei giorni e dell’incessante trascolorar delle stagioni. “Questo senso di caducità, l’esser per la morte di ogni cosa sensibile, fa si che ogni opera dell’uomo sia fatalmente unica e irripetibile, non solo nel momento stesso del suo prodursi, ma proprio nell’altrettanto singolare e inimitabile processo di sviluppo, decadenza e morte. E’ appunto per la duplice azione del tempo (che l’avvolge nella propria aura fatale) e dell’uomo (che la usa o l’abbandona) che ogni opera, non solo il giardino, è aperta a un azione incessante e perenne di continua modificazione”.

E’ davvero impossibile allora illudersi di “fermare il tempo” o di riproporre l’eterno ritorno alle proprie origini.”  “Un intervento di conservazione significa mettere a punto, attraverso il progetto, un’azione efficace e tempestiva di salvaguardia e cura dell’esistente, che individui e contrasti le cause del processo di degrado in atto, in modo da rallentare gli effetti disastranti e prolungare la durata dell’opera del tempo.” “(…l’immobilità del reale, ce lo ricorda Proust all’inizio della Signora Swann, è solo il frutto di una nostra illusione superficiale: “può darsi che le cose siano immobili intorno a noi, perché tali le rende la nostra certezza della loro identità, insomma l’immobilità del nostro pensiero di fronte ad esse” Nel libro di Proust, l’istante di prima poco dopo non c’era più: bastava che la signora Swann non giungesse nel medesimo istante, perché il viale fosse altra cosa.

I luoghi che conosciamo non appartengono solo al mondo dello spazio, ma anche nel tempo. Il materiale vegetale che compone un giardino, proprio per il fatto di essere materia vivente e rapidamente mutante nel tempo, reclama dunque un’attenzione ancora maggiore della materia inanimata minerale di cui sono fatte le nostre architetture. “Progettare la conservazione di un’architettura vegetale vuol dire in prima istanza attivare una terapia salvifica finalizzata a garantire il mantenimento in essere delle specie e dello status esistenti”. I giardini storici come materia arrivata fino a noi, costituiscono un elemento di arricchimento del nostro presente. “In questi palinsesti vegetali e minerali riposa l’intero insieme della cultura materiale depositata sui luoghi da tante generazioni”. Tutto scorre come un fiume [ERACLITO]. nelsegnodelgiglio.it

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