Il Palazzo della Ragione è un edificio del consiglio, della magistratura e del mercato a Milano. L’edificio medievale con il suo piano superiore realizzato in stile neoclassico si trova in Piazza dei Mercanti a circa 200 metri ad ovest del Duomo di Milano.

Broletto

Le città lombarde del XI secolo presentavano un edificio chiamato broletto o arengario. Si trattava di una zona recintata in cui si svolgevano le assemblee cittadine e l’amministrazione della giustizia.

Milano presentava tre broletti, broletto antico, nuovo e nuovissimo. Quello più antico si trasformò poi nel Palazzo Reale mentre quello nuovo prende il nome di Palazzo della Ragione. Questo divenne sede del municipio dal 1251 fino al 1786 anno in cui lo divenne il terzo broletto chiamato Palazzo Carmagnola. Dal 1861 gli uffici comunali si trasferirono a Palazzo Marino, la loro attuale ubicazione.

Costruzione

Il palazzo della Ragione è stato costruito in 23 anni e fin dal suo completamente nel 1251 è diventato il centro della vita di Milano. Inizialmente il podestà Aliprando Faba fece costruire un portico aperto semplice e soltanto nel 1233 il Podestà Oldrado da Tresseno ordinò l’aggiunta di un altro piano per le riunioni più importanti.

Un ulteriore piano fu costruito nel 1773 dall’architetto Francesco Croce per volere dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. L’architetto modificò anche gli altri spazi eliminando le trifore medievali realizzando poi finestroni ovali e trasformandolo in stile neoclassico.

Nel 1854 il portico a piano terra fu chiuso utilizzando vetro e tralicci di ghisa dall’architetto Enrico Terzaghi. Modificò anche il soffitto sostituendo gli archi a volta con quelli a vela.

Nel periodo che va dal 1866 al 1870 il Palazzo della Ragione divenne la prima sede della Banca Popolare di Milano. Il Palazzo della Ragione ha ispirato il progetto di un altro rinomato edificio vicino Milano, l’Arengario di Monza.

Palazzo della Ragione – ©Ulf Liljankoski (Flickr CC BY-ND 2.0)

Restauri

Quando rinacque l’interesse per l’architettura medioevale molte di quelle modificazioni che erano avvenute nel tempo furono rimosse. Per esempio, tolsero gli intonaci che coprivano la parte antica e vennero smurate le finestre. L’ultimo piano venne abbandonando.

Negli anni 70 del 900, quando l’archivio notarile si trasferì, continuò il ripristino dell’edificio. Il piano costruito sotto l’imperatrice Maria Teresa d’Austria continuava ad essere considerato estraneo all’architettura e venne valutata la rimozione. Si aggiungevano poi problemi legati alla stabilità dell’edificio.

Grazie all’architetto Marco Dezzi Bardeschi la struttura venne consolidata ma non modificata pesantemente. Apportò le modifiche legate alla modernizzazione come gli impianti e le scale di sicurezza, struttura che l’architetto non ha voluto in alcun modo mimetizzare con il resto della struttura.

Architettura

Il Palazzo della Ragione di Milano presenta un piano terra lungo circa 50 metri e largo 15 metri. È aperto su tutti i lati con arcate a pilastri in pietra senza capitelli e la terza fila di arcate al centro sostiene anche i piani superiori. Tiranti in ferro inseriti in senso trasversale garantiscono maggiore stabilità.

Nella sala a colonne si tenevano le udienze e i mercati dei tribunali pubblici. Il livello intermedio è interamente in muratura. Mostra ancora cinque finestre tardogotiche trifore poste in modo asimmetrico rispetto le arcate sottostanti.

Il piano superiore presenta finestre rotonde. Era anch’esso in muratura ed è stato successivamente intonacato.

Simbologia

Il palazzo è decorato con un rilievo raffigurante Oldrado da Tresseno, podestà di Milano e il bassorilievo della scrofa semilanuta. Si tratta di una creatura delle leggende divenuta uno dei simboli della città in epoca pre comunale, collegherebbe la fondazione di Milano ai Celti. Si pensa che anticamente all’interno del Palazzo della Ragione fosse conservato, in tempo di pace, il Carroccio di Milano.

Bassorilievo della scrofa semilanuta su un piedritto del Palazzo della Ragione di Milano – ©M.casanova (via wikimedia commons CC BY-SA 4.0)

Maria Giulia Parrinelli

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