Ci siamo visti su FaceTime e lui vestiva Spiaggina, amabilmente anni ’70, in lino bianco e righe azzurre, direttamente da una sedia sdraio. Michele Roncada, interior designer sognava di fare l’architetto, poi l’intuizione nell’utilizzo di materiali di arredo come capi di abbigliamento. Ad oggi sarebbe in grado di sfasciarvi un divano per farsi una camicia, quindi state attenti.

Come nasce il brand Michele Roncada?

É successo quasi per caso con la creazione di modelli fortuiti e una ferma convinzione nel processo del riciclo creativo. Nel tempo, visto l’apprezzamento generale, ho registrato il brand, esattamente nel 2016.

Perché l’alfiere?

La figura dell’alfiere è simbolo per eccellenza dello spirito precursore, minimalismo ed espressione di personalità, di soluzioni mai elaborate prima. É ciò che desidero per le mie creazioni, pezzi unici, sferoidi luminose in grado di generare energia direttamente dal proprio nucleo, abili e sicure nell’obbligata alternanza di chiari e scuri. 

Qual è l’immaginario nel quale ti muovi? 

Colore, singolarità e riciclo. Ho iniziato con materiali di scarto, seppur antichi e dall’alta qualità. Ogni tessuto, che sia un tendaggio o un copri divano, racconta una storia diversa, chi sono stati nei loro ultimi trenta o quarant’anni, li ascolto e gli rendo nuova vita. Non ho mai prodotti due capi uguali, permettendo a colui che li indossa di essere l’esclusivo scrittore del loro prossimo capitolo.

Tramite che tipo di processo creativo e materiale prendono forma?

La reinvenzione di un oggetto “come una sedia che diventa una mensola”. Tovaglie, lenzuola e qualsivoglia elemento di tappezzeria catturano la mia attenzione e diventano oggetto delle mie fantasie. Quest’estate in vacanza in Sardegna sono finito in una casa tutta polverosa in compagnia di un copri divano, che oggi è una camicia. 

Come descriveresti una tua camicia in tre aggettivi?

Gli aggettivi sono quei termini che la compongono: dettagli, stravaganza, trama. Il particolare è la chiave di tutto “non bisogna badare a tempo e spese, ma creare qualcosa di unico che faccia la differenza”. L’artigianalità e il pezzo unico vanno difesi ed esaltati.

Cosa favorisce la tua inventiva?  

Architettura, design e ovviamente il tessuto stesso, cosa rappresenta e suggerisce. A volte hanno già un passato molto forte, recuperati in ville d’epoca, altre volte sono pezzi vintage, brillanti e originali. Ne studio il dna: chi sono, da dove vengono, come si muovono. Ogni articolo confezionato ha un nome, una descrizione, un particolare tipo di bottoni. Un’espressività che attacca i 5 sensi per via di estetiche percezioni.

Segui una collezione o tutto scorre liberamente?

É fantastico quando imbattendomi in più materiali nello stesso luogo riesco a creare una collezione, come fossero tutte sorelle, ma puramente casuale. Stagioni e fantasie definiscono la tipologia, formando così un’ordine naturale, lino o velluto, righe o damascato, indipendente dallo scorrere del tempo. L’arte dello stile personale e la realtà del pezzo unico non possono essere incasellate.

Ti capita mai durante la fase di produzione di immaginarti l’esatto destinatario?

Certo, specialmente con le realizzazioni su misura. Quando mi viene commissionata una camicia apprezzo particolarmente il “fai tu”, un attestato di stima e riconoscimento da parte di qualcuno che si fida del mio senso estetico. In tal caso l’arma numero uno sono i social, che io curo moltissimo. Avvio la mia ricerca su Instagram: chi è, di dov’è, come si veste e faccio un po’ di domande per perfezionare ogni dettaglio. “Anche il filo di un asola può fare la differenza nell’esprimere ciò che sei”.

Chi è l’uomo Roncada?

C’è di tutto e l’ho visto su tutti, dal personaggio aristocratico sempre ben vestito al ragazzo che gira in felpa e non sa cosa fare della sua vita. Sono molto vario, da stoffe a motivi tanto diversi quanto personalizzabili, per riuscire a rispecchiare disparate personalità. “É un modo per esprimere chi siamo. Quando vedi un personaggio come me, camminare con una scarpa rossa e una blu, capisci che è un tipo stravagante”.

Se dovessi scegliere un tessuto o una fantasia te cosa saresti?

Damascato. Le fantasie classiche mi descrivono, per come vedo l’abbigliamento e per come ragiono sarei dovuto nascere in un’altra epoca, gli anni ’30.

C’è un periodo, una corrente o un personaggio che apprezzi particolarmente? 

Mi sono innamorato leggendo la biografia di Ralph Loren, per me punto di riferimento. Al di là del fascino esercitato da chi partendo da zero riesce a costruire un simbolo riconoscibile nel mondo, è l’inventore della cravatta a fantasia “un colpo di genio esagerato”.

Dove vendi?

Prevalentemente online, sul mio sito www.micheleroncada.com, “facilissimo da trovare perché ho la fortuna di non avere omonimi”. C’è in progetto di aprire un negozio fisico qui a Verona ed espandermi ulteriormente.

Se non Verona dove?

Firenze, sarebbe perfetta.

Per il tuo futuro?

Desidero continuare a fare quello che mi piace. Imbattersi casualmente nelle proprie creazioni, quando meno te lo aspetti, è una sensazione fantastica, mi pervade di gioia. Avverto l’esigenza di dovermi sempre superare, di inventarmi qualcos’altro, non sono mai soddisfatto, un difetto o forse un pregio ma per me il meglio deve ancora venire.