Un’installazione itinerante dedicata a Jean Prouvè permette di riscoprire la storia di uno degli architetti più significativi del ventesimo secolo, il suo approccio a progetti, strutture e materiali e la sua sensibilità per il colore. L’installazione è visitabile dal 25 gennaio al 12 febbraio, presso ADI Design Museum di Milano. vitra.
Jean Prouvé
Jean Prouvé (1901-1984) è stato uno dei designer più significativi del ventesimo secolo. Pur avendo appreso il mestiere di fabbro, la sua profonda conoscenza dei materiali, dell’architettura, dell’arte e del design risale all’infanzia e all’educazione ricevuta. La sua famiglia apparteneva a un vivace circolo artistico di figure creative. Sua madre era una pianista di talento e suo padre un influente pittore, scultore e incisore nonché cofondatore dell’Art Nouveau École de Nancy. Durante la giovinezza, Jean Prouvé elaborò le sue opere nel contesto di tali influenze.
Molto ammirata da autorevoli contemporanei quali Le Corbusier, Fernand Léger e Alexander Calder, la sua opera comprende un’ampia gamma di oggetti, da un tagliacarte ad accessori per porte e finestre, da apparecchi di illuminazione e mobili ad elementi di facciate e case prefabbricate, da sistemi di costruzioni modulari a grandi strutture espositive. Utilizzava gli strumenti dell’industria e si ispirava a nuovi materiali quali lamiere, multistrato e polimeri, ma anche alle possibilità offerte dai metodi di produzione più recenti per rispondere ai problemi dell’arredo e dell’edilizia. Nel 1924, Jean Prouvé aprì il suo primo laboratorio a Nancy, gli Ateliers Jean Prouvé, che ampliò più volte nei decenni successivi. Nel 1947, fondò la propria fabbrica. Tuttavia, a causa di divergenze di opinioni con gli azionisti di maggioranza, lasciò l’impresa nel 1953. Negli anni successivi, lavorò come ingegnere consulente a tutta una serie di importanti progetti edili a Parigi. Lasciò nuovamente il segno nella storia dell’architettura nel 1971, quando svolse un ruolo chiave nella selezione del progetto di Renzo Piano e Richard Rogers per il Centre Pompidou.
Jean Prouvé e Vitra
In occasione di una visita a Parigi negli anni ’80, Rolf Fehlbaum, Presidente emerito di Vitra, acquistò una seduta d’epoca Antony Chair di Jean Prouvé, risalente al 1954. L’acquisto segnò l’inizio della collezione museale più vasta al mondo di arredi e oggetti del designer francese curata ora dal Vitra Design Museum. In stretta collaborazione con la famiglia Prouvé, progetti selezionati sono finalmente entrati nella produzione in serie di Vitra nel 2002, nell’intento di rendere nuovamente accessibili a un pubblico più vasto questi prodotti, in un certo senso caduti nell’oblio.
Un’area ex industriale ad altissimo valore architettonico e urbanistico, oggetto, negli ultimi anni, di un’importante azione di refitting urbano.
ADI Design Museum è un museo narrante e generativo, un luogo di racconto e valorizzazione del sistema design italiano, ma anche uno spazio di approfondimenti, proposti al pubblico in un’innovativa ottica multi temporale, un contenitore aperto allo scambio, capace di parlare alla numerosissima community del design e, grazie al taglio divulgativo, anche ai non addetti al settore. Lo scopo di ADI – Associazione per il Disegno Industriale e della sua Fondazione, grazie alla cui attività e visione si inaugura un luogo così importante, era proprio quello di costruire una realtà inclusiva, non celebrativa, capace di offrire un’esperienza di visita la più coinvolgente possibile ma soprattutto in progress, fotografando il senso della modernità grazie al continuo aggiornamento dei pezzi della Collezione Compasso d’Oro che avviene ogni due anni. La Collezione permanente è, infatti, l’asse portante di un impianto narrativo in continuo divenire e generativo di mostre temporanee di approfondimento e iniziative trasversali di grande impatto divulgativo.
Un centro culturale all’insegna della contemporaneità e della ricerca, che mira a svolgere un ruolo attivo all’interno della rete museale e culturale a livello globale. Un luogo capace anche di uscire dai confini tradizionali dei musei e aprirsi alla complessità di una realtà globalizzata in tutte le sue manifestazioni, stabilendo contatti tra il mondo del design e quello della moda, dell’architettura, della scienza, della tecnologia e della creatività in generale, ma anche del sistema produttivo. Proprio in linea con tale visione, una serie di importanti aspetti rende questo polo culturale un luogo nuovo e innovativo.