Il Teatro Continuo di Burri torna a splendere a Milano
È una delle maggiori opere pubbliche milanesi di Alberto Burri: il Teatro Continuo, realizzato all’interno di Parco Sempione nel 1973 in occasione della XV Triennale.
Sobria e al contempo rigorosa, volta a portare un palcoscenico teatrale in uno spazio comune, la grande opera è stata necessariamente pensata per Milano: lo dimostra la sua posizione, collocata sull’asse ideale che attraversa la città e il parco stesso, unendo l’Arco della pace al Castello sforzesco. Con i suoi vuoti a definirne gli spazi in maniera osmotica, infatti, questa macchina scenica innovativa assume il ruolo di cannocchiale prospettico.
Un teatro in sottrazione
Il progetto è chiaro: una piattaforma in cemento con quinte in ferro girevoli e comandabili a distanza, per esaltare il ruolo sociale e politico del teatro, come spazio rappresentativo del rapporto tra la città e l’uomo. Nessun orpello, banditi i barocchismi:
è uno scheletro di teatro, ma penso che sia l’essenziale
chiosava l’artista, che ne ricordava la potenza espressiva fin dall’epoca greco-romana.
Burri è dunque partito da un’analisi della situazione esistente iscrivendovi un’opera progettata con esattezza geometrica, riducendo all’indispensabile ogni sovrastruttura. Il Teatro progettato da Burri si fa continuo perché rappresenta il divenire, ed è cangiante a seconda di ciò che vi si svolge. Ma soprattutto perché è un’opera che dura attraverso le generazioni.
La scelta del Teatro Continuo
Burri inaugurava con quest’opera una nuova fase creativa, che vedeva nel teatro l’esempio cardine di un’arte che possa gravitare dalla scena allo spazio urbano. Incorniciando Milano, Burri ha così incorniciato l’individuo al suo centro offrendogli il piacere dello spettacolo stesso. Non a caso, erano gli anni della ricerca sperimentale e della riappropriazione degli spazi pubblici da parte degli artisti: dal Campo urbano comasco (1969) all’arte povera di Amalfi (1968), passando per le sculture e le progettazioni diffuse del progetto Volterra 73.
L’opera – chiusa per 25 anni – è stata infine riconsegnata alla città meneghina in occasione di Expo 2015 e del centenario della nascita dell’artista, per riscoprire quel luogo di aggregazione e di espressione creativa che mancava nel cuore di Milano.