Inizialmente prevista in concomitanza con il Salone del Mobile di Milano, l’installazione “The Anthology Impact”, firmata da Ferruccio Laviani è stata svelata in occasione di Design City Milano. La kermesse che dal 28 settembre al 10 ottobre ha animato la città con eventi e incontri dedicati al tema del progetto. L’allestimento, realizzato nella vetrina dello showroom di Lea Ceramiche di via Durini, è dedicata alla nuova collezione in gres effetto pietra Anthology. 

Una nuova superficie per il rivestimento che fonde il gres effetto pietra e il marmo. Il risultato è una texture sofisticata, al tempo stesso naturale e artificiale e con una matericità assolutamente inedita, declinata in 5 diversi soggetti.

“Anthology rappresenta per Lea Ceramiche l’esito di una profonda ricerca estetica e tecnologica”, commenta Andrea Anghinetti, brand manager Lea Ceramiche. “E’ il frutto del know how di un brand che ha sempre creduto nel valore di progetti distintivi e nell’innovazione, per indagare territori espressivi dirompenti e unici. L’architetto Laviani ha saputo rileggere la collezione raccontando una storia affascinante e impattante, inaugurando così una nuova collaborazione con l’azienda.” 

Ferruccio Laviani racconta “The Anthology Impact

Villegiardini ha chiesto a Ferruccio Laviani di raccontare il progetto, originale e visionario, di “The Anthology Impact”.

1. Lea Ceramiche l’ha chiamata a interpretare Anthology, un prodotto non disegnato da lei, attraverso un allestimento della vetrina di Milano. Come ha affrontato questa commissione?

Questo tipo di progetto corrisponde a quello di un regista che deve ideare il video-clip di un brano musicale. E quindi deve raccontare, attraverso le immagini, una storia che non ha scritto lui. Il prodotto, nella sua raffinata essenzialità, era piuttosto difficile da raccontare. Le sue finiture materiche di ispirazione naturale, infatti non hanno un decoro o un pattern “iconico”. Bisognava trovare quindi lo spunto per raccontare in maniera semplice e immediata questa nuova superficie, che è una fusione tra marmo e pietra, con una mano molto particolare e gradevole.

Quindi si tratta di un prodotto che deve essere visto e anche toccato. Per questo ho seguito lo spunto di un meteorite che, incastrandosi nella vetrina con una parte che fuoriesce, offrisse la possibilità di toccarlo, anche senza entrare nello show-room.

2. Come ha sviluppato l’idea progettuale e quali ispirazioni l’hanno guidata? 

Il materiale è un mix superficiale tra marmo e pietra. Molto materico, minerale. Dall’aspetto naturale, certo, anche se irreale, perché non esiste in natura. Per questi motivi non riuscivo a capire la giusta chiave di lettura di un prodotto complesso. Non volevo essere troppo tecnico, didascalico, ma offrire una interpretazione creativa attraverso un racconto che poi sarebbe diventato mise en scène.

Poi, guardando un film di fantascienza, ho fatto un’associazione tra i pianeti, persi nelle galassie, dove tutto è polvere, pietra materia, con questo materiale che non è presente sulla Terra ma potrebbe arrivare dallo Spazio, da un’altra galassia sperduta. Così è nata l’ispirazione di un asteroide che arriva sulla Terra, si incastra nella vetrina ed è osservato da un’astronauta.

3. Nello sviluppare il progetto ha dovuto studiare Anthology. Da quali aspetti di questo prodotto l’hanno colpita in particolare? 

Le caratteristiche che più mi hanno colpito maggiormente sono la delicatezza e la continuità dei passaggi tonali nella nuance, che comprende 4 colori “minerali” moltiplicati per 3 finiture, e la gradevolezza al tatto, con texture più ruvide o morbide.