Il 21 marzo 2023 (in via Cappuccio 2, Milano) la Commissione per il Paesaggio illustrerà i principi per la Rigenerazione Urbana della città, documento approvato nella seduta n.37 del 3 novembre 2022 e che ha tra i suoi fondamenti la trasformazione qualitativa della forma urbis, con l’intento di contribuire a innescare un processo evolutivo dei tessuti urbani e incrementare la qualità di forma e di uso degli spazi aperti, presupposto del miglioramento complessivo del paesaggio della città.

La Commissione per il Paesaggio

La Commissione Comunale per il Paesaggio è l’organo tecnico–consultivo del Comune di Milano che esprime pareri obbligatori, non vincolanti in merito a: autorizzazione paesaggistica ordinaria; autorizzazione paesaggistica semplificata; accertamento di compatibilità paesaggistica; irrogazione delle sanzioni amministrative in materia paesaggistica; provvedimenti a sanatoria; impatto paesistico dei progetti; casi previsti dalle Norme di Attuazione del PGT; progetti preliminari; pareri nei casi previsti dalle norme regolamentari vigenti.

La Commissione, quindi, vuole sollecitare committenti e progettisti a contribuire all’innalzamento dei livelli di qualità dello spazio aperto della città, rafforzando con il costruito gli elementi tipologici presenti e riconoscibili della spazialità di Milano: strade, piazze, isolati, viali alberati, giardini urbani, parchi, canali d’acqua. E reinterpretando anche in termini contemporanei questi stessi elementi tipologici nella configurazione di nuove parti di città.

La Commissione per il Paesaggio è composta da: Giuseppe Marinoni (presidente), Valerio Cozzi, Giacomo Cristoforo De Amicis, Isabella Sara Inti, Giovanni Oggioni, Alessandro Scandurra, Alessandro Trivelli, Stefano Tropea, Alessandro Ubertazzi, Dario Vanetti, Piergiorgio Vitillo.

Valutazione attiva

Nel contesto dinamico portato dai temi di rigenerazione urbana, la Commissione per il Paesaggio crede che vada interpretato in modo non restrittivo il concetto di “valutazione di impatto paesistico”, tema sul quale è chiamata a pronunciarsi. La valutazione di impatto dei progetti nel paesaggio urbano deriva in parte dalla valutazione di ordine quantitativo legato alle procedure di valutazioni di impatto. La Commissione per il Paesaggio sarebbe quindi chiamata a valutare positivamente i progetti in relazione al loro basso impatto, rispetto un paesaggio urbano ritenuto sostanzialmente compiuto, da mutare il meno possibile.

Di fatto nel contesto storico-culturale attuale, di forte trasformazione e spinta alla rigenerazione, la valutazione riguardo il basso impatto non sembra più efficace. Occorre invece valutare l’ alto impatto qualitativo del progetto architettonico, urbano e paesaggistico. Ovvero quanto essi siano capaci di veicolare quegli elementi di qualità insediativa e architettonica necessari a completare la città consolidata e a innescare processi di rinnovamento urbano, laddove la città riveli maggiori labilità insediative.

Principi di riferimento

1. Concezione dello spazio urbano

Si ritiene che lo spazio urbano debba essere concepito per la lunga durata: durevolezza dei materiali, semplicità di manutenzione; ma anche lunga durata della sua forma. Si auspica infatti che la forma di tali spazi non derivi dalle funzioni e dagli usi del momento, ma si configuri invece come palcoscenico e piattaforma abilitante aperta e capace di accogliere nel tempo i rituali urbani in continuo mutamento. E possa dare luogo anche all’imprevisto, a usi temporanei e informali. È inoltre opportuno pensare, soprattutto in contesti socialmente difficili, anche a interventi “dimostrativi” e “segnalativi” della presenza dell’Amministrazione, anche con soluzioni dai tempi rapidi e dai costi sostenibili. Per quanto concerne tali sistemazioni temporanee dello spazio pubblico, sia che si tratti di “urbanistica tattica” che di piccoli oggetti provvisori, si pensa che queste debbano essere concepite con la necessaria qualità progettuale e declinate nella specificità dei luoghi e dei temi.

Semplificare, integrare, ibridare: questi sono alcuni criteri da seguire nei progetti di configurazione dello spazio urbano.

Semplificare, ridurre la tipologia e il numero dei molteplici componenti al suolo che talvolta si sovrappongono incoerentemente. Come per esempio gli elementi “suppletivi”: segnaletica, chioschi, dispositivi tecnici, tipi di arredo urbano e illuminazione. L’obiettivo della semplificazione è riportare gli spazi alla loro essenzialità tipologica, affinché le pavimentazioni, la vegetazione, le alberature, gli arredi concorrano alla riduzione della ridondanza semantica e consentano viceversa di esaltare gli aspetti di urbanità.

Integrare i diversi materiali progettuali in una soluzione sintetica di uso e di forma. Integrare il disegno e i materiali delle pavimentazioni, il progetto della vegetazione e delle alberature, la concezione della mobilità sostenibile e della sosta, gli elementi tecnici, di illuminazione e di arredo.

Ibridare le differenti forme d’uso sia negli aspetti formali che funzionali, anche reinterpretando in veste contemporanea gli spazi urbani della città – viali alberati, strade, piazze, giardini – anche con attenzione ai materiali duraturi e dettagli che hanno costruito la qualità di tali spazi nel tempo. Indagare modalità che consentano “convivenza di usi” tra pedonalità, ciclabilità, mobilità privata e del trasporto pubblico, per non ridurre lo spazio pubblico a mera rappresentazione funzionale dei flussi.

Il disegno dello spazio aperto – minerale e organico – dovrà confrontarsi con le criticità meteoclimatiche e ambientali attese. Ne consegue l’opportunità di innestare nella città e nel territorio modelli anti-fragili che sperimentino disegni e materiali in grado di reagire in modo positivo entro il sistema ambientale, con l’obiettivo irrinunciabile di produrre luoghi urbani, spazi comuni condivisi.

Il progetto architettonico che si rapporta con gli spazi dell’agricoltura dovrà indirizzarsi verso un’interpretazione consapevole del tema, finalizzata a preservare il suolo fertile e a evitare la musealizzazione del territorio o rappresentazioni vernacoliste di un’ideale “campagna”. Le scelte botaniche andranno improntate a risultati di qualità, che tengano conto delle esigenze e della crescita attesa di ciascuna specie anziché della quantità delle piante proposte.

2. Interventi di sostituzione e completamento

Per tali interventi, già indirizzati dalle “norme morfologiche”, la Commissione intende valutare gli aspetti di inserimento urbano in congruenza con gli edifici circostanti, sia riguardo l’impianto tipologico che il carattere architettonico. Essa intende privilegiare i principi di un’architettura urbana che sappia coniugare le necessità del privato con la valenza pubblica che il progetto gioca nella compagine della città (per esempio: il piano terra capace di dialogare con la strada sia in termini di usi che di permeabilità visiva, o le facciate sullo spazio pubblico capaci di esprimere i valori dello stesso invece di limitarsi a proiettare sull’esterno i soli caratteri del funzionamento degli interni).

È inoltre opportuno che tali interventi tengano in considerazione anche il valore della diversità urbana (modalità insediative particolari e identitarie, compresenza di linguaggi, epoche storiche, materiali e tecniche costruttive) come elemento di ricchezza del paesaggio della città. Sia per gli edifici nuovi che per le ristrutturazioni o interventi di sopraelevazione e sottotetti, l’invito è di non usare in modo acritico e omologante le attuali tecnologie o rivestimenti edilizi (cappotti, facciate continue, facciate modulari, etc.) ma di ricercare, anche in chiave contemporanea, significative relazioni, di continuità o anche di discontinuità motivata, con gli edifici contigui e gli edifici in trasformazione.

Laddove possibile, si ritiene sia da incentivare la pratica del riuso, in particolar modo quando la preesistenza mostra qualità architettoniche con valore documentale e identitario anche se non di assoluto pregio. Costruire sul costruito è una pratica che consente alla città di rinnovare e ampliare la propria memoria senza rinunciare al linguaggio contemporaneo, restituendo una complessità che spesso invece latita nelle pratiche di sostituzione con architetture generiche. Inoltre la semplice e acritica sostituzione va in direzione contraria ai principi di sostenibilità, che caratterizzano la stratificazione culturale ma non la produzione massiva di materia di scarto, contrariamente ai principi dell’economia circolare e del corretto uso delle risorse.

A tal fine, la rigenerazione urbana è anche un’occasione per sperimentare soluzioni costruttive, superfici, materiali che considerino parti di città quali laboratori di esperienze e relazioni che, nell’esplorare i temi della sostenibilità urbana, ricerchino nuovi linguaggi in grado di relazionarsi con il contesto.

3. Interventi in discostamento dalle norme morfologiche

Il discostamento, in quanto facoltà (e non diritto), è consentito se il progetto dimostra che il superamento della norma morfologica è capace di generare una maggior qualità insediativa e architettonica rispetto all’adeguamento alla norma stessa. Inoltre il discostamento è approvabile se sono evidenti gli aspetti di un vantaggio collettivo, sia in termini di alta qualità architettonica offerta che di eventuali usi collettivi aggiuntivi, sia degli spazi aperti che all’interno del complesso edilizio stesso.

Si riconosce il principio che la “buona città” è fatta con edifici che sanno comprendere e valorizzare gli assetti urbani esistenti e che sanno dialogare con altri edifici contigui, presenti e/o in divenire, con il presupposto di partecipare a un lungo processo collettivo di sedimentazione, risignificazione e innovazione dell’immaginario urbano.

La buona città non si costruisce con progetti eccessivamente “iconici”, spesso sollecitati dalla sola volontà di distinguersi e non spinti da criteri di costruzione urbana collettiva. Per le “eccezioni” si valuta con particolare attenzione la loro qualità insediativa, tipologica e architettonica, anche in riferimento a “usi eccezionali” propri. Per l’edificio alto si valutano positivamente quei progetti che sanno interpretare il preciso tema architettonico, non elemento dedotto da un repertorio standardizzato o semplice innalzamento/prolungamento di tipologie più basse, ma un edificio capace di contribuire sia a costruire lo spazio pubblico con cui si relaziona sia l’immagine complessiva della città. Un edificio alto non è mai un fatto privato, la sua visibilità conferisce a esso valore pubblico. E concorre alla qualità complessiva del paesaggio della città solo se sa esprimere una valenza urbana.

4. Tessuti aperti

In questo tipo di tessuti edilizi è di fondamentale importanza sia il progetto del suolo che la definizione del carattere architettonico del confine/soglia. Il tema delle recinzioni, laddove necessarie, deve essere oggetto di soluzioni studiate sia dal punto di vista architettonico (integrazioni/estensioni dell’edificio e qualità materiche e di disegno delle stesse) che paesaggistico (inquadramento nel conteso allargato di cui sono delimitazione fisica e percettiva). Ovvero attinte dal repertorio di quelle consolidate nel tessuto urbano.

5. Ampie parti urbane

Si richiede che questi progetti siano concepiti a partire dalla definizione della tipologia degli spazi aperti di uso collettivo, non da semplici tecniche di “massing” derivate dalla divisione dei lotti attuativi. L’idea di città, che si fonda appunto sul carattere dei suoi spazi aperti, deve precedere e assorbire al suo interno il disegno urbano.

Il fine principale è quello di costruire la “città collettiva” fatta sia di spazi pubblici che di uso pubblico. Il costruito deve essere concepito per dare forma e valore allo spazio aperto, seguendo i criteri semplificare, integrare, ibridare, indicati nel punto 1 di questo documento.

È quindi necessario che tali interventi di ampia scala configurino parti di città interconnesse con l’intorno urbano e articolate al loro interno. Anche rielaborando con temi contemporanei gli elementi tipologici degli spazi urbani milanesi, le articolazioni tra spazio pubblico, semipubblico e privato siano orientate a configurare vere parti miste di città sia come uso che forma, e non enclave morfologiche, funzionali, sociali.

Si ritiene che anche il costruito debba esprimere quella necessaria diversità di carattere architettonico che ha reso significative e interessanti alcune parti della città storica. Tale diversità architettonica può essere ottenuta nella contemporaneità mediante pratiche di “coordinamento progettuale”. In seguito all’individuazione di principi insediativi chiari è necessario coinvolgere più figure progettuali opportunamente coordinate, così da ottenere un’adeguata coerenza architettonica e insediativa pur nelle specifiche diversità degli edifici, degli spazi aperti, delle infrastrutture. Si giunge a configurare un’urbanità significativa, capace di relazionarsi con la città esistente, sottraendosi alla prassi della semplice collazione di edifici autonomi. Come si giunge a configurare un’urbanità significativa praticando l’integrazione tra aspetti edilizi, infrastrutturali e paesaggistici.

Negli interventi di grande dimensione, quando siano previste dotazioni pubbliche, è opportuno che queste non siano concentrate in un solo punto, ma, al contrario, che contribuiscano alla qualità della vita urbana in forma distribuita. Risulterà molto importante quindi fornire soluzioni adeguate e pertinenti per l’attivazione dei piani terra, la quota zero della città, al fine di generare un common Ground e favorire usi e attività collettive di prossimità.

6. Interventi sul Moderno

Si condividono i criteri di valutazione individuati nel ‘Contributo alla valorizzazione del patrimonio dell’architettura moderna milanese: criteri di valutazione degli interventi’ soprattutto riguardo i ‘Complessi edilizi moderni d’autore’, presenti nell’elenco contenuto nel Documento di Piano del PGT vigente, o quelli con vincolo monumentale o complessi urbani con vincolo paesaggistico. In questo documento si fanno alcune precisazioni riguardo prevalentemente gli edifici di architettura moderna minore. Pur riconoscendo a essi una certa qualità edilizia, di materiali, dettagli e/o cromie, tuttavia si ritiene che in alcune circostanze, da valutare in modo approfondito caso per caso, sia possibile operare su di essi mediante completamenti architettonici, addizioni e parziali o totali sostituzioni edilizie. In questi casi, come espresso anche riguardo il punto 3 di questo documento, è necessario che il progetto di adeguamento o sostituzione esprima caratteri di particolare qualità architettonica e insediativa, tali da dimostrare con evidenza un significativo miglioramento, sia in termini architettonici che di vantaggi urbani, rispetto l’edificio sottoposto a modifica o sostituzione. All’alta qualità architettonica deve inoltre corrispondere anche un chiaro beneficio collettivo, come per esempio quello di ricavare nel nuovo complesso architettonico configurato spazi aperti o usi interni di interesse pubblico.

Informazioni:

AIAPP Lombardia presenta: Rigenerazione urbana a Milano. Il progetto degli spazi aperti.

21 marzo 2023, Istituto Carlo Bazzi
Via Cappuccio, 2 – Milano
Fermata Sant’Ambrogio M2

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