L’architetto italiano Carlo Aymonino, nel corso della sua vita, ha mescolato talenti e passioni, dall’arte al disegno, trasferendo nelle opere la complessità della sua visione. Il lavoro di Aymonino si lega indissolubilmente ai profili di tante città italiane, sulle quali ha lasciato un segno indelebile.

Dal disegno all’architettura

Nato a Roma, Carlo Aymonino manifesta da subito un forte interesse per l’arte e il disegno. Gli studi universitari lo conducono, tuttavia, verso la facoltà di architettura, grazie all’influenza di Marcello Piacentini, architetto e urbanista, nonché suo parente. Dopo la laurea, inizia una carriera brillante scandita dall’attività accademica, dalla ricerca e dallo studio nel campo dell’architettura urbanistica. Insegna presso lo IUAV di Venezia, l’Università di Palermo e, dal 1980 al 1993, è professore ordinario di Composizione Architettonica presso l’Università “La Sapienza’’ a Roma.  Le opere di Aymonino sono state al centro di numerose mostre internazionali e riconoscimenti prestigiosi, tra cui la medaglia d’oro per meriti della scienza e della cultura del Ministero della Pubblica Istruzione.

Gli esordi e il quartiere Tiburtino

Gli esordi dell’architetto sono caratterizzati dalla vicinanza al neorealismo architettonico, diffuso nel secondo dopoguerra. Risale a questo primo periodo la palazzina denominata La Tartaruga, dal nome della Cooperativa sociale alla quale servivano alloggi, progettata insieme a Ludovico Quaroni. Aymonino, infatti, muove i primi passi nel gruppo di progettazione del quartiere Tiburtino, guidato dallo stesso Quaroni e da Mario Ridolfi. Costruito tra il 1949 e il 1954, il quartiere è considerato il manifesto del neorealismo italiano in architettura, sintesi del primo settennio del piano INA-Casa. Il complesso residenziale, composto da case a torre, case a schiera, case in linea e da quattro edifici commerciali, è espressione del ruolo sociale dell’architettura riscoperto nella seconda metà del Novecento.

Il quartiere Spine Bianche a Matera

Ben presto, Aymonino prende le distanze dal neorealismo per una visione di respiro internazionale, che sviluppa nello studio condiviso con il fratello Maurizio Aymonino. In questa nuova fase, influenzata dai modelli edilizi scandinavi, si inserisce il Quartiere Spine Bianche a Matera. Il progetto, vincitore del concorso per il risanamento dei Sassi, definisce il quartiere conferendogli, attraverso precise idee compositive, unitarietà. Seppure utilizzando tipologie costruttive diverse, il gruppo di architetti riesce a far dialogare il quartiere con il resto della città. A questo risultato contribuiscono i materiali, scelti nell’ottica di economicità e semplicità architettonica, insieme ad un’attenta alternanza di altezze e proporzioni tra gli edifici. Una composizione varia e complessa, ma nell’insieme armonica e ben inserita nel contesto urbano.

Il quartiere Monte Amiata

Monte Amiata Milano
Un dettaglio del quartiere Monte Amiata, © Gunnar Klack, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

Determinante nel lavoro di Aymonino è l’amicizia con Aldo Rossi, con il quale condivide gli studi sulla morfologia urbana. In collaborazione con Rossi, primo architetto italiano a vincere il Premio Pritzker, realizza il Monte Amiata a Milano. Costruito alla fine degli anni Sessanta, il complesso residenziale nel quartiereGallaratese è considerato la massima rappresentazione della concezione della città da parte di Aymonino. Il quartiere è composto da cinque edifici di altezze diverse, di un inconfondibile colore rosso, collegati da una varietà di ponti e ascensori. I cinque edifici, ispirati all’Unité d’Habitation di Marsiglia, sono pensati come una micro-città completa di spazi verdi, una palestra e diversi negozi.

 Aymonino e le città

Carlo Aymonino Opere
Linee e colori dell’opera Monte Amiata, © Goldmund100 (CC BY-SA 3.0), via Wikimedia Commons

Le città sono il cuore del lavoro e del pensiero di Carlo Aymonino, autore di numerose pubblicazioni dedicate allo studio del fenomeno urbano, da Origini e sviluppo della città moderna (1965), scritta a quattro mani con Aldo Rossi, a Il significato delle città, pubblicato nel 1975. Un lavoro che attraversa l’Italia da nord a sud, da Venezia a Palermo. In questo intreccio di città, negli anni Ottanta, Aymonino si sposta da Roma, dove ricopre il ruolo di assessore al centro storico, a Pesaro dove realizza il Centro Benelli, oltre ad occuparsi di interventi in centro e periferia. Alle opere di Carlo Aymonino, rimaste a lungo nell’oblio, la Triennale di Milano nel 2021 ha dedicato una mostra dal titolo “Carlo Aymonino. Fedeltà al tradimento’’, al fine di ridare centralità al lavoro brillante dell’architetto italiano.

Maria Teresa Morano

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