Le vicende dei romanzi cavallereschi escono dalla carta per trovare dimora sulle pareti di un maniero medievale. Non più parole, ma stupefacenti affreschi che oggi costituiscono testimonianze uniche della cultura cavalleresca di un tempo, visitabili grazie al Fondo Ambiente Italiano che dal 1984 ha in comodato il castello della Manta, situato sulle colline della provincia di Cuneo.

La storia del castello della Manta

Il castello della Manta spicca tra le colline piemontesi e, sullo sfondo, gli fa da contraltare il profilo del Monviso. Un fascino severo che lascia facilmente immaginare le passate vicende con protagonisti cavalieri, duchi e aedi. La fisionomia attuale venne assunta all’inizio del Quattrocento grazie all’opera della famiglia Saluzzo della Manta, originata da Valerano, figlio illegittimo del marchese Tommaso III di Saluzzo. Quando il ramo della famiglia venne meno, nel XVIII secolo, la sontuosa dimora cadde in rovina. È merito del FAI e della Contessa Elisabetta de Rege Thesauro di Donato Provana del Sabbione che lo concesse in comodato, che il castello della Manta è tornato al suo antico splendore e visitabile da marzo a novembre.

Gli affreschi testimonianza della pittura tardogotica profana

Quella che un tempo fu un avamposto militare e successivamente una festosa dimora di famiglia, custodisce una delle più stupefacenti testimonianze della pittura tardogotica profana, ispirata ai temi dei romanzi cavallereschi. A custodirli la Sala Baronale, la mano invece, è quella dell’anonimo pittore Maestro del castello della Manta. Risalenti al 1420, gli affreschi ricoprono tutto il perimetro della sala: sulla parete sud, il mito dell’eterna giovinezza, ispirato al “Roman de Fauvel”, è raffigurato dalla fontana della giovinezza, sormontata dal dio Amore. Sul lato opposto della sala, vegliano nove prodi eroi e nove eroine dell’antichità classica (Ettore, Alessandro Magno, Giulio Cesare, Giosuè, Davide, Giuda Maccabeo, Re Artù, Carlo Magno, Goffredo di Buglione, Deifile, Sinope, Ippolita, Semiramide, Etiope, Lampeto, Tomiri, Teuca e Pentesilea), in abiti quattrocenteschi e a grandezza quasi naturale, raffigurano gli ideali cavallereschi delle virtù militari e morali.

La visita al castello della Manza si conclude con la visita al Salone delle Grottesche, caratterizzato da uno splendido soffitto decorato con dipinti e stucchi di chiara impronta manierista, ispirati a quelli delle Logge di Raffaello in Vaticano. E anche agli ambienti di servizio con le cantine e il cucinone con la gran volta a botte e un grandioso camino, la chiesa castellana, voluta da Valerano e impreziosita con importanti affreschi dedicati alla Passione di Cristo, e, infine, il parco ampio e ombreggiato da cui si gode di un’incantevole vista sulle ridenti colline della val Varaita.

Per gli orari di apertura e le visite, consultate il sito del FAI.