Siete a Venezia nei prossimi giorni? Se la riposta è sì, allora l’indirizzo da aggiungere alla to do list è quello della Fondazione Bevilacqua La Masa, presso la Galleria di Piazza San Marco che, fino al 3 dicembre, ospita un’interessante e particolarissima mostra dedicata ai pionieri della computer art. Curata da Francesca Franco in collaborazione con Stefano Coletto, Algorithmic Signs vi sorprenderà e chiarirà l’importanza che ebbe quest’arte dagli anni Sessata in avanti.
Tutta colpa di un algoritmo
In scena ad Algorithmic Signs, quella particolarissima avanguardia che fu – e continua a essere – l’arte algoritmica, ovvero quell’arte, principalmente visuale, generata da un algoritmo. Spesso ignorata e poco studiata, in realtà questa corrente fu molto importante a partire dagli anni Sessanta del Novecento e diede un enorme contributo al più ampio campo dell’arte contemporanea. Ad aiutare gli algoristi nelle loro creazioni, numerose macchine, dato che i calcoli richiesti per una minima esecuzione artistica sono troppo complessi e dispendiosi per un singolo artista.
Ernest Edmonds, Manfred Mohr, Vera Molnár, Frieder Nake, Roman Verostko, ovvero i protagonisti di Algorithmic Signs
I visitatori che si accingeranno a scoprire e conoscere da vicino la computer art lo potranno fare con le opere dei cinque algoristi presenti ad Algorithmic Signs: Ernest Edmonds (celebre per le sue esplorazioni e giochi con il colore), Manfred Mohr (il primo artista a esibire l’arte generativa algoritmica in una mostra monografica al Museé d’Art Moderne di Parigi), Vera Molnár (i suoi lavori si ispiravano alla natura), Frieder Nake (uno dei padri fondatori della computer art) e Roman Verostko (conosciuto soprattutto per l’utilizzo della penna algoritmica).
Tutti con esperienze diverse – vita monastica, jazz, pittura, filosofia e studi di logica – ma tutti che, durante gli anni Sessanta, iniziano a sperimentare l’uso creativo dell’algoritmo e della programmazione informatica per creare la propria arte e il proprio stile. Un altro fattore accomuna gli artisti della mostra: ognuno di loro dimostrò, nel corso degli anni, una fervida attenzione e costante aggiornamento verso il mezzo tecnologico che stava prendendo sempre più piede nella società dell’epoca.
Ormai, più di cinquant’anni sono trascorsi dalla prime sperimentazioni, ma pochi sono stati gli studi e l’interesse a livello internazionale. Così, Algorithmic Signs si configura come la prima mostra dell’intero panorama italiano a descrivere la storia del movimento artistico dell’arte algoritmica attraverso i lavori di alcuni dei suoi maggiori esponenti.