SERVIZIO E TESTO DI ALESSANDRA MATTIROLO / FOTO DI FRANCESCA ANICHINI

In un angolo dell’Umbria più verde e selvaggia, una tipica vecchia casa di campagna dove tutto ha conservato l’originale sapore semplice ed elegante

Nel cielo, nuvole bianche e grigie si alternano a sprazzi di luce che brilla sui fiori bianchi e rosa dei ciliegi. Sul prato, coperto di margherite, l’erba conserva ancora l’umidità dell’inverno appena passato. In questo scorcio d’Umbria, a pochi chilometri da Fabro, al confine con la Toscana, la terra ha mantenuto integro il suo aspetto selvaggio. Poco colonizzata dal turismo, è il luogo scelto da chi ama la campagna più aspra e meno addomesticata. La casa di Clara Lafuente e Mario Gianni è al fondo di una valle dove un torrente scorre allegro attraverso i campi coltivati a grano. La storia di Pergoleto è cominciata con un film. Mario, documentarista che gira il mondo filmando splendide immagini sulle minoranze etniche, scoprì un giorno, quasi per caso, un vecchio cascinale di pietra e ne rimase folgorato. “Mi colpì l’aspetto romantico del luogo. C’erano tutti gli elementi di un paesaggio ottocentesco, il fiume, il ponticello, il bosco, la pietra viva dell’Umbria”. Allora tirò fuori la telecamera e iniziò a riprendere gli interni, gli esterni, e a commentarli in voce per mostrarli alla moglie, architetto, costretta a letto da una gravidanza.
“Giulio stava per nascere, racconta Clara, e non avevo proprio la testa per pensare ad altro. Mi sono fidata e ho lasciato fare a lui e a mio padre (Julio Lafuente, noto architetto scomparso un anno fa), per buttarmi poi a capofitto nel progetto appena nato mio figlio”. In origine l’edificio era una tipica vecchia casa di campagna. Sotto, gli animali (mucche, pecore, galline) e sopra le stanze dei contadini. “Ma era particolarmente elegante nella sua struttura originale”, racconta Clara. “I materiali erano belli e nella ristrutturazione abbiamo conservato tutto: le pietre, le assi delle scale, le travi lise dal collo degli animali che servivano da mangiatoia e che Mario ha poi trasformato nella libreria dello studio. Prima di tutto abbiamo collegato internamente le varie parti, la stalla con la rimessa e le camere da letto, a cui prima si accedeva solo dall’esterno, lasciando tutto il più possibile com’era”. A Mario il compito degli arredi interni e anche la cura del giardino. Cachi, melograni, rose, cespugli di rosmarino, ciliegi, alberi da frutta e tanto prato naturale. Il risultato possiede l’eleganza della semplicità, ammorbidita nel comfort ma senza nessuna altra concessione. Una casa frutto della collaborazione di tutta la famiglia, due generazioni di architetti, un filmaker e Giulio ormai ventenne di cui restano appese sugli alberi le casette per gli uccelli costruite quando era piccolo.

ANTENNE

Una famiglia creativa

In un insolito week-end di neve, Mario, Clara e il figlio Giulio, rimasero bloccati nella loro casa di Pergoleto. Un fine settimana prolungato che decisero di  utilizzare per costruire piccoli ricoveri agli uccelli intirizziti dal freddo. Nella foto qui sopra si vedono le casette di Giulio. Oggi sono ancora lì, abitate spesso da upupe e cinciallegre di passaggio. Nella stanza-studio, ampia e luminosa, a sinistra, una delle creazioni del padre di Clara, l’architetto Julio Lafuente. Si tratta di una poltroncina in legno di faggio e cuoio disegnata nel 1972 e ispirata alle sedute dell’esercito inglese in India. È stata realizzata dall’artigiano Dario Alfonsi (via dei Chiavari 40, Roma tel. 06 6819 2188 [email protected]), cha lavora dagli anni 60 e si dedica in particolare al restauro delle parti in cuoio di sedie e poltrone da design.
Julio Lafuente di origine madrilena, si era trasferito a Roma negli anni 50. Nel corso dell’ultimo mezzo secolo ha progettato e poi realizzato alcune tra le opere d’architettura contemporanea più importanti della Capitale. Tra queste l’Ippodromo di Tor di Valle, l’Ospedale del Sovrano Ordine di Malta e i palazzi
della Esso alla Magliana, e ancora l’Air Terminal Ostiense nonché la ristrutturazione dell’Hotel de Russie. Bravissimo nel disegno, è suo, l’affresco della nave sulla parete della stanza di suo nipote (sopra, a destra), appassionato fin da piccolissimo di mare e di barche. La testa di lupo invece è una scultura dell’artista Coralla Maiuri. Si tratta di uno dei suoi primissimi lavori realizzato e “scolpito” con matasse di fil di ferro. Coralla Maiuri ha sempre prediletto soggetti che avessero al centro la natura e la campagna, nei suoi aspetti più docili ma anche quelli più temibili. Il lupo è il simbolo della parte più oscura e meno addomesticabile della natura. Come nelle fiabe, anche per Coralla il lupo è l’archetipo della paura. corallamaiuri.it