Desiderio di viaggiare ed evadere dalla realtà hanno accompagnato Igor Mitoraj per tutta la sua esistenza. Nato nel 1944 in un campo di prigionia tedesco da madre polacca a padre francese, Mitoraj mal tollerava l’incertezza di un presente che riteneva precario e decadente; riversava e risolveva con e attraverso l’arte la propria malinconia. Al riguardo era solito ricordare che aveva “nostalgia di qualcosa di molto bello, di molto semplice, una sorta di paradiso perduto” e che aveva “bisogno di questa bellezza per vivere”. L’arte era quindi per Mitoraj lo strumento per rivivere un’eco di un passato idilliaco e miraggi di una bellezza altrimenti del tutto persa e inaccessibile. 

sculture motoraj
Igor Mitoraj

Nello sguardo asettico delle opere, mutuato dalla tradizione classica, si può ritrovare una forma di sofferenza e drammaticità che proprio nel gesto artistico trovano una catarsi risolutiva: “La mia arte” spiegava l’artista “è evidentemente l’espressione artistica di un certo malessere, di un’emozione, di una protezione che lascia la porta aperta all’immaginario”. E forse per questo intendere l’arte come “trampolino” per l’immaginazione e per la costruzione di una nuova memoria universale condivisa che le monumentali opere di Mitoraj danno il meglio di sé quando sono collocate all’aperto: solo così, quasi confuse con il paesaggio, è possibile ammirarle pienamente da una distanza che ci permette e dà il tempo per “completarle” con la nostra fantasia. Del resto l’arte di Mitoraj è in ciò che manca più che in ciò che è rappresentato.

Ikaria Grande, 1996, bronzo
(cm 308 x 154 x 110) Opera di Mitoraj al Belvedere delle Maschere, Viareggio

Anche l’ostentata monumentalità di Mitoraj non deve trarre in inganno: non era fine a se stessa, bensì era funzionale al messaggio che l’artista voleva trasmettere. Del resto, nonostante le grandi dimensioni, l’artista amava ritrarre soprattutto frammenti di corpo o corpi mutilati non in grado di stare “fieramente” eretti. Questa grandezza così sfregiata era impiegata dall’artista per riflettere sulla hỳbris e sulla caducità umana, concetti entrambi complementari alla nostalgia per un passato/Eden perduto.

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Eros Bendato Screpolato, 1999,
bronzo cm 225x370x290 Valle dei Templi, Agrigento

Recentemente la riuscita installazione Il tempo degli Eroi, realizzata sul Belvedere delle Maschere di Viareggio grazie alla Galleria Contini, all’Atelier Mitoraj e al Comune di Viareggio, ha permesso di raccontare in modo esemplare tale aspetto della ricerca artistica di Mitoraj. Icaro, rappresentato come un angelo trafitto e caduto sulla spiaggia, è sintesi del pensiero di Mitoraj ed emblema di un’umanità che non può far altro che continuare a cercare di volare in alto consapevole dell’inevitabile prossima caduta.

Igor Mitoraj nacque il 26 marzo 1944 a Oederan. Dopo aver studiato e trascorso la giovinezza in Polonia si trasferì a Parigi per studiare all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts. Nel 1976 ottenne un grande successo con la sua prima mostra personale alla Galerie La Hune di Parigi. Dal 1983 visse tra Parigi e l’atelier italiano a Pietrasanta. Dopo aver ottenuto il “Prix de la sculpture de Montrouge” partecipò nel 1986 alla XLII Biennale di Venezia.
Negli anni successivi espose nei più importanti musei e ricevette prestigiosi incarichi per la realizzazione di sculture monumentali nelle principali metropoli: a Londra davanti al British Museum, a Parigi a La Défense, ad Atlanta e a Tokyo. Sue opere sono accolte anche dai più importanti siti storici italiani tra cui il Parco archeologico di Pompei e la Valle dei Templi di Agrigento. Negli anni 2000 si dedicò anche alle scenografie e ai costumi di numerose opere, tra cui nel 2009 per l’Aida” di Giuseppe Verdi ai Giardini di Boboli di Firenze.
Igor Mitoraj morì a Parigi il 6 ottobre 2014.

Igor Mitoraj. Il tempo degli eroi.

Spiaggia del Belvedere delle Maschere, Viareggio.

Dal 15 dicembre 2021 al 17 Febbraio 2022

Sabino Maria Frassà