Artemisia Gentileschi fu una pittrice di grande talento, riconosciuta già in vita come una delle più grandi artiste del suo tempo. Nonostante le difficoltà che dovette affrontare come donna in un mondo artistico dominato dagli uomini, Artemisia Gentileschi riuscì a farsi strada grazie alla sua straordinaria abilità tecnica e alla forza espressiva delle sue opere. La sua arte, caratterizzata da una forte sensibilità per i temi della violenza, della passione e dell’emancipazione femminile, ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte.

La formazione giovanile

Artemisia, nata l’8 luglio 1593 a Roma, fu introdotta alla pittura dal padre Orazio Gentileschi, che la istruì nella preparazione dei materiali e le fece copiare le opere dei grandi maestri del tempo, come Caravaggio. Dopo aver iniziato a collaborare con il padre, Artemisia produsse opere autonome, tra cui la sua famosa Susanna e i vecchioni del 1610 che rappresenta il suo primo successo artistico e che la consacrò come artista di rilievo. Nonostante la limitata educazione femminile dell’epoca, Artemisia fu in grado di affermarsi grazie al talento e alla determinazione.

Susanna e i vecchioni (1610) – CC0

La violenza

Artemisia Gentileschi divenne presto motivo di orgoglio per il padre Orazio, che nel 1611 decise di farla formare sotto la guida del pittore Agostino Tassi. Nonostante Tassi fosse un artista talentuoso, aveva un carattere difficile e un passato burrascoso. Nonostante ciò, Orazio continuava ad avere grande stima di Tassi e fu felice quando accettò la figlia nella sua bottega. Tuttavia, gli eventi presero una piega tragica quando Tassi violentò Artemisia nel 1611, evento che influenzò drammaticamente la vita e l’arte della pittrice.

Dapprima propose un matrimonio riparatore ma dopo che Artemisia scoprì che Tassi era già sposato, denunciò l’accaduto al padre che a sua volta sporse denuncia contro Tassi. Artemisia affrontò il processo con coraggio, anche se ci furono falsi testimoni che mentirono per danneggiare la reputazione della famiglia Gentileschi e venne anche sottoposta a visite umilianti e a un interrogatorio sotto tortura.

Firenze

Il 29 novembre 1612, poco dopo la conclusione infelice del processo, in cui Artemisia Gentileschi risultò aver ragione ma per cui Agostino Tassi non scontò nessuna pena si sposò con Pierantonio Stiattesi, un pittore di modesta fama.

Seguì il marito a Firenze riuscendo così a lasciare il padre opprimente e il passato doloroso. Artemisia Gentileschi trovò successo a Firenze, città che stava passando un periodo di fervente attività artistica, grazie alla politica illuminata di Cosimo II. Entrò nella sua cerchia e creò una fitta rete di relazioni e scambi. Tra i suoi amici fiorentini c’erano le personalità più eminenti del tempo, come Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il giovane, nipote del celebre artista.

I suoi meriti vennero finalmente riconosciuti e venne anche ammessa alla prestigiosa Accademia delle arti del disegno di Firenze il 19 luglio 1616, diventando la prima donna a godere di tale privilegio.

Autoritratto come suonatrice di liuto (1615-1617) opera probabilmente commissionata dal granduca Cosimo II de’ Medici

Ritorno a Roma

Parentesi genovese

Artemisia Gentileschi, dopo aver vissuto in Toscana, decise di tornare nella sua città natale. Questo desiderio non fu causato solo dai problemi con Cosimo II, ma anche dalle gravidanze e dalla situazione debitoria del marito. Artemisia ritornò a Roma nel 1621 ma subito l’anno successivo seguì il padre a Genova qui incontrò Antoon van Dyck e Rubens.

Pittrice apprezzata ma…

La pittrice, una volta tornata a Roma, non era più vista come una giovane pittrice inesperta e impaurita, ma piuttosto come un’artista di talento. In questi anni poté finalmente frequentare l’élite artistica dell’epoca, interagire con il pubblico e i colleghi, e scoprire l’immenso patrimonio artistico romano che da giovane le era stato precluso dal padre. A Roma ebbe relazioni amicali con personalità dell’arte come Simon Vouet, Massimo Stanzione, Jusepe de Ribera e molti altri.

Nonostante la sua reputazione artistica consolidata il soggiorno di Artemisia a Roma non le ha offerto le numerose commissioni che avrebbe desiderato. Sembra che la sua pittura fosse apprezzata principalmente per la sua abilità nei ritratti e nell’affresco di eroine bibliche, ma le grandi opere di affresco e pale d’altare le rimasero precluse.

Artemisia Gentileschi giuditta
Giuditta e la sua ancella (1625-1627) – CC0

L’opera più importante di questo periodo a Roma è sicuramente Giuditta con la sua ancella realizzato tra il 1625 e il 1627 e oggi conservato nel Detroit Institute of Arts da non confondere con l’altra Giuditta con la sua ancella datata 1618-1619 custodita nel Palazzo Pitti a Firenze.

Napoli

Durante l’estate del 1630, Artemisia Gentileschi si spostò a Napoli per cercare nuove e più lucrative opportunità di lavoro. Napoli era un importante centro culturale ed aveva un fervore artistico di prim’ordine, grazie alla presenza di celebri artisti come Caravaggio, Annibale Carracci, Simon Vouet e molti altri.

L’artista romana rimase nella città partenopea per il resto della sua vita, ad eccezione di una breve parentesi in Inghilterra e alcuni trasferimenti temporanei. Pur avendo qualche rimpianto per Roma, Napoli divenne la sua seconda patria, venendo molto apprezzata e potè intrattenere numerosi rapporti di scambio alla pari con altri grandi artisti, come il viceré Duca d’Alcalá. Qui Artemisia Gentileschi dipinse tre tele per la cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra, si tratta di San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli, l’Adorazione dei Magi e i Santi Procolo e Nicea. In questo primo periodo napoletano, realizzò anche opere come la Nascita di San Giovanni Battista al Prado e Corisca e il satiro, dimostrando ancora una volta la sua abilità nell’aggiornarsi ai gusti artistici dell’epoca e nell’affrontare nuovi soggetti.

Artemisia Gentileschi napoli
San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli (1636-1637) – CC0

Il viaggio a Londra

Nel 1638, Artemisia decise di fare un viaggio a Londra per cercare di guadagnare ulteriori entrate finanziarie e per aiutare il padre Orazio, pittore di corte, che stava lavorando alla decorazione del soffitto della casa a Greenwich della regina Enrichetta Maria.

Non sembrava particolarmente entusiasta all’idea di viaggiare in Inghilterra, ma la richiesta del re Carlo I era troppo importante per essere rifiutata. Il Re era infatti un collezionista d’arte molto famoso e la fama di Artemisia come pittrice lo aveva molto incuriosito. Anche se non è stata documentata con precisione la sua attività a Londra, sembra che abbia continuato a dipingere per un po’ di tempo dopo la morte del padre nel 1639.

Artemisia Gentileschi autoritratto
Autoritratto come allegoria della Pittura (1638-1639) questo dipinto faceva parte della collezione di re Carlo I – CC0

Gli ultimi anni

Lasciò l’Inghilterra nel 1642 ma poco si sa dei suoi spostamenti successivi. Nel 1649, è stata documentata la sua presenza a Napoli, dove era in contatto con il collezionista don Antonio Ruffo di Sicilia. Le opere più importanti di questo periodo includono Susanna e i vecchioni e una Madonna e Bambino con rosario. Anche la data della morte è incerta probabilmente durante l’epidemia di peste che colpì Napoli nel 1656. Artemisia Gentileschi fu sepolta nella chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini di Napoli.

Susanna e i vecchioni (1649) conservata alla Moravska Galerie a Brno – CC0

Maria Giulia Parrinelli

©Villegiardini. Riproduzione riservata

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