Immerso nel paesaggio dei Colli Euganei, il giardino seicentesco di Villa Barbarigo è stato disegnato come un percorso allegorico di purificazione, ricco di scenari sorprendenti e spettacolari prospettive. Tra il 500 e l’800 nell’entroterra veneto vennero edificate molte ville con giardini sontuosi, immersi in paesaggi naturali di grande fascino, collegate alle città di Venezia e Padova da una rete di fiumi e canali che rendevano più agevoli i viaggi dei proprietari dalla città ai luoghi di villeggiatura. Non solo luoghi di ozio dove trovare tranquillità, divertimenti, vita sociale e ostentazione del lusso, ma anche centri direzionali dai quali coordinare le attività economiche che, dopo la scoperta dell’America, si erano spostate sempre più sulla terraferma e si basavano sull’agricoltura. Le ville assolvevano a una molteplicità di funzioni ed erano abitate in ogni stagione.

Villa Barbarigo
Un vista del maestoso Portale di Diana, anticamente il principale ingresso via acqua alla Tenuta dei Barbarigo; prosciugato il canale, è stato conservato un laghetto in cui il portale e la vegetazione circostante si specchiano. Foto di Tenuta Valsanzibio srl,
Courtesy Grandi Giardini Italiani

La zona dei Colli Euganei, grazie a clima mite, varietà dei paesaggi, ricchezza dei suoli e ai benefici delle terme era luogo prediletto dal patriziato veneziano, a cui apparteneva la potente famiglia dei Barbarigo che, rifugiandosi nella villa di Valsanzibio, nel comune di Galzignano Terme, scampò alla peste che ammorbava Venezia nel 1631. Come ex-voto venne fatto realizzare un parco e Luigi Bernini, fontaniere del Papa e fratello del più noto Gian Lorenzo, ebbe l’incarico di progettarlo. Per la sua completa realizzazione occorsero trent’anni, dal 1665 al 1695. Esteso su una superficie di dodici ettari e circondato da un anfiteatro di colline, il giardino fu concepito come locus amoenus per il passatempo dei suoi proprietari e la meraviglia dei loro ospiti e anche come uno spazio di contemplazione e di meditazione, un percorso allegorico di purificazione che porta l’uomo dall’errore alla verità.

Una via d’acqua, ora prosciugata, consentiva di giungere in barca e raggiungere il maestoso Portale di Diana, decorato con bassorilievi, mascheroni e statue dello scultore Enrico Merengo; separando l’interno dall’esterno, il Portale è il punto più importante dell’intero complesso: qui il percorso salvifico inizia e si conclude. Il Labirinto di Villa Barbarigo è uno tra i più antichi, estesi e complicati, con vicoli ciechi e un loop, simbolo di dualità ludica e spirituale. Un disegno geometrico ben organizzato crea un sistema di viali e di stanze, ognuna delle quali ospita una tappa del sentiero di purificazione, e di effetti scenografici e di prospettive, con due assi principali: il Cardo o Gran Viale, da nord a sud, che offre un cannocchiale visivo sulla villa, e il Decumano, o Gran Teatro delle Acque, con accesso dal Portale di Diana, da est a ovest, che interseca il primo ortogonalmente ed è ornato da una sequenza di peschiere rettangolari e fontane e si perde nella vista dei colli. Il giardino si caratterizza anche per il suo sistema idraulico che si articola in fontane, peschiere, scherzi d’acqua, laghetti e ruscelli e per la grande quantità di sculture.

Una vista del Piazzale delle Rivelazioni situato davanti alla villa: è la meta finale del percorso salvifico. È caratterizzato dalla Fontana dell’Estasi, o del Fungo, e da otto statue allegoriche, già in loco nel giardino preesistente. Foto di Tenuta Valsanzibio srl,
Courtesy Grandi Giardini Italiani

In una perfetta sintesi tra natura e architettura, i bossi tenuti in forma obbligata sono gli indiscussi protagonisti vegetali del giardino: se raggruppati potrebbero coprire una superficie di oltre sei ettari. A guisa di pareti verdi alte oltre cinque metri costeggiano i viali principali o simulano una calle veneziana sostituendosi agli alti palazzi; in forme più morbide racchiudono l’Isola dei Conigli, ricordo del leporarium romano, circondata dalle acque, anch’esse delimitate da basse siepi; ornano due giardini simmetrici ai lati della villa, con parterre all’italiana dal disegno semplice e geometrico; accolgono il visitatore fuori del Portale di Diana e lo accompagnano quasi ovunque nel giardino e soprattutto formano il Labirinto.

Quello di Villa Barbarigo è uno dei più antichi e meglio conservati della penisola e con il suo chilometro e mezzo di percorso, ottomila metri quadrati di spalliere e seimila piante di bosso secolari è anche uno dei più estesi e il più complicato; pur essendo a percorso unico, infatti, è un dedalo, tra alte pareti disposte in modo da disorientare, ha sei vicoli ciechi e un loop, a rappresentare i vizi capitali, con il circolo vizioso che simboleggia la superbia. Come tutto in questo luogo, ha una doppia valenza, ludica e spirituale. Le pareti vegetali sembrano trattenere a stento un ricco patrimonio arboreo con molte piante coeve al giardino e altre esotiche secondo una moda in uso nel XVII e XVIII secolo. Gli alberi sono disposti in boschetti oppure punteggiano qualche stanza, come il maestoso platano nella stanza della Grotta dell’Eremita, il grande Calocedrus decurrens e l’antico tasso accanto all’Isola dei Conigli, lo scenografico faggio pendulo che fa da sfondo alla Peschiera Martinengo, oppure ancora formano i viali ombrosi con gallerie costituite da migliaia carpini, senza tuttavia alterare il disegno originario del Bernini.

Uno scorcio di Villa Barbarigo e dei suoi giardini all’italiana, separati dal Piazzale delle Rivelazioni, meta finale del percorso salvifico. Foto di Tenuta Valsanzibio srl,
Courtesy Grandi Giardini Italiani.

Sui gradini della scalinata che conduce alla villa è inciso un sonetto che è la perfetta sintesi del giardino: l’idea di un paradiso terrestre, luogo di pace e serenità, calata in un giardino avvicina all’idea di una felicità possibile, anche attraverso le sensazioni di bellezza e appagamento che si traggono dall’immersione della natura. “Curioso viator che in questa parte giungi e credi mirar vaghezze rare; quanto di bel, quanto di buon qui appare tutto deesi a Natura e nulla ad Arte” Nel giardino di Valsanzibio ci si può estraniare dal mondo, perdersi nel silenzio scandito dallo zampillìo delle acque, dal fruscio delle fronde degli alberi, dal canto degli uccellini, contemplare i suoi gioielli architettonici inseguendo la luce e scoprire che la bellezza della natura è in armonia con la bellezza di quanto la mano dell’uomo è stata in grado di costruire. “Qui non ha loco il Pianto, ha sede il Riso; della Corte il fulmine qui non s’ode. Ivi è l’Inferno e quivi il Paradiso”.

Il Giardino monumentale di Valsanzibio fa parte del Network Grandi Giardini Italiani.

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Testo di Elisabetta Pozzetti