Piero Manzoni e il neodadaismo italiano è una locuzione- binomio perché l’artista (1933- 1963) è considerato uno degli esponenti italiani più importanti di quel movimento. Il Neo-Dada fu un movimento artistico sorto in America negli anni sessanta del 900, che riprese i temi e gli stili dadaisti degli anni venti, a cominciare dalle opere di Marcel Duchamp e Man Ray. In entrambi i movimenti, l’arte si trasforma in un mezzo di ribellione contro le convenzioni e i canoni artistici tradizionali, depurando l’opera d’arte di un’utilità e di un senso estetico e spirituale.
La carriera di Manzoni – Gli esordi
Manzoni intraprese la sua carriera di artista nel 1950, quando cominciò a prendere lezioni private di disegno e pittura. La prima opera pervenuta è un acquerello su carta Senza titolo, un paesaggio con case. Il 1956 fu una data spartiacque per l’artista, che lasciò gli studi universitari in Filosofia per dedicarsi totalmente all’arte. In quell’anno Manzoni cominciò la produzione di quadri, con impronte di oggetti con olio e materiali eterogenei su tela. Successivamente si dedicò alle prime composizioni con figure antropomorfe.
La visione dell’opera d’arte
Sempre nel 1956, insieme ad altri artisti, fra cui Ettore Sordini e Giuseppe Zecca, Manzoni firmò il suo primo manifesto artistico, Per la scoperta di una zona di immagini. Nel documento, sottoscritto il 9 dicembre, Manzoni fornì una sua personale visione dell’opera d’arte, la quale “trae la sua occasione da un impulso inconscio” in cui “il fatto artistico sta nella consapevolezza del gesto (…) poiché tecnica propria dell’attività artistica è la chiarificazione intuitiva”.
Per Manzoni il quadro diventa così un’area di libertà: è in questo spazio che l’artista procede alla scoperta e all’invenzione delle immagini.

Piero Manzoni e il neodadaismo italiano – le opere
Gli achromes
Nel 1957 Manzoni cominciò la produzione dei suoi primi “achromes” (letteralmente: “prive di colore”): tele bianche imbevute di caolino e colla. Nel 1960, l’artista realizzò quadri in cotone idrofilo e ricorrendo al polistirolo espanso. Altre tele sono state imbevute di cobalto cloruro e cambiavano colore col variare del tempo. L’anno seguente, Manzoni continuò la produzione degli achromes con materiali ‘poveri’, come paglia e plastica, utilizzando pallini d’ovatta o di pelo, fibre naturali e artificiali applicati sulle tele.
Le uova sode con le impronte
Il 1960 fu un anno di sperimentazioni intense per Manzoni. In particolare, nel corso di due manifestazioni (a Copenhagen e a Milano), l’artista consacrò all’arte delle uova sode, imponendovi la sua impronta digitale. Il pubblico ha potuto prendere contatto diretto con queste opere, inghiottendo un’intera esposizione in settanta minuti.
Sculture viventi
Nello stesso anno l’artista cominciò a vendere anche le impronte dei suoi pollici, destro e sinistro, mentre nel 1961 firmò le persone come “Sculture viventi“, fornendo loro una ‘carta d’autenticità’. In questi anni Manzoni teorizzò una nuova concezione artistica identificandola essenzialmente con la ricerca e l’esplorazione e ponendosi al di fuori di qualsiasi tendenza artistica schematizzabile.
Dalla base magica al Socle du monde
Sempre nel 1961, Manzoni costruì la sua prima “Base magica”: qualunque persona o qualsiasi oggetto vi fosse sopra, si poteva identificare come un’opera d’arte. A Herning, in Danimarca, realizzò il celebre “Socle du monde”, una base in metallo, con il titolo dell’opera rovesciato, sulla quale è poggiato l’intero globo terrestre come opera d’arte.

Merda d’artista
L’opera che più di tutte ha però caratterizzato l’arte di Manzoni, confermandolo come artista neodada sul panorama internazionale, è stata la produzione in serie di novanta barattoli di latta, pieni dei suoi escrementi, denominati Merda d’artista.
Il reale contenuto dell’opera
Un amico di Manzoni, Agostino Bonalumi, dichiarò che, in realtà, all’interno delle famose scatole, non vi fosse altro che gesso. Successivamente, un artista francese – Bernard Bazile – si è appropriato dell’opera attraverso la sua distruzione, aprendo una delle confezioni . Al suo interno ci trovò solo una seconda lattina più piccola, che però ha mantenuto sigillata.
Le scatolette furono esposte per la prima volta alla mostra collettiva In Villeggiatura da Pescetto, alla Galleria Pescetto di Albisola Capo (12-19 Agosto 1961), in provincia di Savona, in Liguria.
Oggi, i novanta esemplari della Merda d’artista sono conservati in diverse collezioni d’arte di tutto il mondo, tra cui alla Tate Modern di Londra e al Centro Georges Pompidou di Parigi.

L’opera in dettaglio
Ogni barattolo di latta, sigillato dall’artista, differisce solo per il numero progressivo da 0 a 90 indicato nell’etichetta. L’aspetto è quello di una scatoletta di carne, contenente 30 grammi di ‘prodotto’, solo che accanto al produced by, c’è la firma dell’autore anziché il marchio di fabbrica.
Il significato dell’opera
In pieno boom economico, l’artista mercifica se stesso – il suo scarto, le sue deiezioni – e le predispone in confezioni da supermercato. Il nuovo consumatore è un entusiasta per natura: ingerisce qualsiasi cosa purché sia di marca. Metaforicamente, il consumatore acquista qualsiasi cosa purché sia d’autore. La provocazione è ancora più beffarda se si considera il nesso psicoanalitico feci-denaro, da cui trae origine la cosiddetta ‘analità’ del soggetto accumulatore. Manzoni incarna quindi l’esempio di un uomo che comincia ad arricchirsi proprio quando smette di trattenersi.
Piero Manzoni e il neodadaismo italiano – la figura dell’artista
L’ironia neodada di Manzoni nasconde una riflessione ben più profonda sulla figura dell’artista. L’elemento che fa mutare di stato quei trenta grammi di materia organica, è la decisione dell’autore, ovvero la sua autoaffermazione.
Manzoni comunica come la scelta – e quindi la responsabilità – di essere artista, sia oggi più che mai una condizione fondante il valore dell’opera. In tal senso, le opere d’arte assumono valore sulla base del progetto artistico ed esistenziale di chi le ha poste in essere, valorizzando l’intenzione dell’autore stesso. Manzoni sottolinea così il concetto che artisti non si nasce, né si diventa. L’arte è semplicemente una missione per la quale l’artista decide di prendere i voti.

Il senso della provocazione
La provocazione di Manzoni intendeva mettere in discussione il mercato dell’arte contemporanea, il quale sarebbe pronto ad accettare letteralmente degli escrementi, al di là della qualità specifica dell’opera d’arte realizzata dall’artista.
Il labirinto elettronico
Dopo quest’opera spiazzante, che lo collocava definitivamente nel rango di artista neodada italiano, Manzoni continuò a sperimentare le sue idee. Tra queste, il progetto di un labirinto controllato elettronicamente, da utilizzare per test psicologici e lavaggi del cervello.
Manzoni non riuscì mai a realizzare concretamente quest’opera, in quanto si spense due anni dopo, il 6 febbraio 1963, a soli ventinove anni, a causa di un infarto nel suo studio a Milano.
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