Kintsugi significa “riparare con l’oro“. “kin ” è la radice semantica dell’oro e la locuzione “tsugi ” sta per “riparare” o “ricongiungere “. Si tratta di un’antica pratica dell’artigianato sino-nipponico, preposta a riparare gli oggetti con il biondo metallo, usato in guisa di collante.

La giunzione non viene mascherata, come si farebbe sfruttando le potenti colle contemporanee, bensì messa in evidenza, sia in termini di spessore sia per l’inevitabile contrasto cromatico. L’oro (talvolta, l’argento), nello stato liquido o in forma di lacca, ripercorre le linee di frattura e le arricchisce con leggere decorazioni.

Una riparazione zen

Le decorazioni assumono quasi sempre forme naturali, biologiche, che richiamano le fibre vegentali o le innervature dell’anatomia dei tessuti e dei vasi sanguigni. Oro come linfa … oro come vita.

Le riparazioni si applicano soprattutto alla ceramica e ai contenitori rotti o incrinati. E’ risaputo che i fattori di casualità che li danneggiano producono linee uniche e irripetibili; quelli sono i percorsi su cui l’oro porta il suo pregio estetico, producendo pezzi esclusivi.

Arte e artigianato, nell’estremo oriente, hanno in comune una sorta di anelito alla perfezione. Ogni gesto, ogni espressione creativa guarda, idealmente, all’infinito. Il kintsugi è il tentativo di elevare un “difetto “, trasformandolo in un volo plastico dell’immaginazione.

In qualche modo, l’oggetto riparato ha più valore di quello originale. La ferita “guarisce ” tra le dita dell’artigiano, attraverso la conoscenza tattile e la verniciatura delicata; l’imbarazzo di esibire una frattura diventa orgoglio e la tecnica si fa metafora della terapia o della meditazione che sanano il corpo o la psiche .

Di per sé, il metallo non sarebbe sufficiente a garantire la tenuta della riparazione, per cui, nella tradizione giapponese, l’oro liquido o in polvere viene miscelato con resine vegetali (urushi ), che non ne alterano la lucentezza.

Il kintsugi in occidente

Recentemente, la tecnica è stata mutuata da artigiani e designer occidentali, che hanno ripreso quell’atto “quasi zen ” per indurrre mutazioni creative alle nostre tradizioni. In questa parte del mondo è difficile reperire le resine giapponesi e l’oro viene veicolato su resine di sintesi.

Quest’ennesima contaminazione tra oriente e occidente ha catturato anche altre forme espressive. Ricami d’oro in bella evidenza su “strappi” o lacerazioni dei tessuti sono stati sperimentati anche nel mondo del fashion e degli accessori di moda.

Le immagini riportate nella cover e nella galleria sono state tratte dal novero classificato come “riutilizzabile” da Google.